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Speciale video on demand #1: l’evoluzione dei servizi VOD in USA e Italia

Parte oggi il nostro speciale sul video on demand, che nel corso delle prossime settimane proporrà non solo una panoramica su questo fondamentale segmento del mercato e del consumo cinematografico, ma anche una serie di interviste ai principali player del settore. Ai responsabili delle piattaforme attive nel nostro Paese, ma anche alle diverse distribuzioni e ad esperti, in modo da fare il punto su uno dei trend centrali per il futuro dell’audiovisivo.

Quando si chiede agli operatori dell’industria cinematografica di indicare le principali criticità del settore, ci si imbatte prima di tutto nella pirateria, accusata di danneggiare i creatori di contenuti privandoli della dovuta retribuzione per il loro lavoro. Quello che emerge più raramente, tuttavia, sono quelle rigidità di mercato che spesso alimentano violazioni del copyright non attribuibili alla scarsa educazione dei consumatori, né allo sfruttamento delle potenzialità della Rete da parte di siti malevoli. Un elemento centrale nella conquista delle nuove audience è anche lo sviluppo di un’offerta online adeguata alle esigenze di utenti sempre più orientati a un consumo basato sull’anything anytime anywhere. Un’offerta dunque ampia, equa e di facile accesso, che ha stentato a lungo a svilupparsi anche per la difesa a oltranza di vecchi modelli distributivi e posizioni di rendita, a danno della fidelizzazione del pubblico e con il conseguente spostamento delle abitudini di consumo verso alternative non sempre legali. La domanda si è evoluta più velocemente di un’offerta che solo di recente ha cominciato a recuperare terreno, soprattutto per quanto riguarda la realtà statunitense, dove diversi operatori hanno contribuito a far esplodere il settore del video on demand (VOD), nello specifico di quello fruibile dal web e principalmente via streaming.

Le cifre parlano chiaro: secondo i dati emessi dal DEG (il Digital Entertainment Group, consorzio delle industrie americane operanti nell’home video), nel primo semestre del 2012 i servizi on demand hanno conosciuto un incremento di circa il 12%, capace di sostenere i numeri altrimenti in perdita dell’intero settore dell’intrattenimento audiovisivo domestico. Il principale responsabile della crescita rimane tuttavia il noleggio online ad abbonamento, il cosiddetto subscription video on demand o SVOD, il cui valore ha superato a giungo il miliardo di dollari con un aumento del 430% rispetto ai primi sei mesi del 2011. Praticato soprattutto dal portale Netflix, ormai leader di questo segmento di mercato negli Stati Uniti, lo SVOD permette agli utenti di fruire via streaming di film e serie tv a fronte di un abbonamento mensile a prezzo modico (circa 8 dollari) e si è dimostrato una formula vincente, per quanto inizialmente osteggiato dalle major cinematografiche e televisive ancora speranzose di poter rivitalizzare il più lucroso business delle copie fisiche. Nonostante le prime esitazioni dei detentori di contenuti, il servizio di Netflix è cresciuto fino a ottenere circa 30 milioni di iscritti in tutto il mondo, e a superare già nel 2011 il traffico downstream generato da sistemi non estranei alla violazione del copyright quali BitTorrent.

Negli Stati Uniti il video on demand, non solo nella forma ad abbonamento ma anche come noleggio/acquisto di titoli singoli (transactional VOD), è inoltre sostenuto da molti altri player fondamentali come Apple, con iTunes, dal colosso dell’e-commerce Amazon con i suoi servizi Instant Video e Prime, da Google con la sezione Movies di YouTube, da Wall-Mart con Vudu e dalle stesse media company con il portale Hulu. Molto atteso anche l’arrivo, previsto entro Natale, del servizio di SVOD offerto in partnership da RedBox (il marchio dei distributori automatici che sempre al di là dell’Atlantico affittano a prezzi molto ridotti DVD e Blu-ray) e dal noto provider Verizon, mentre nel frattempo anche Facebook si è prestato più volte quale piattaforma per lo streaming di film, persino in contemporanea con l’uscita nelle sale e in home video. Come ha avuto recentemente modo di affermare il presidente della Motion Picture Association of America Chris Dodd, non da ultimo durante la sua visita al Festival Internazionale del Film di Roma, è ormai centrale il ruolo dei nuovi strumenti offerti dalla Rete, capaci di veicolare una domanda sempre più ampia e vivace di prodotto audiovisivo: “Ci sono 350 piattaforme di video on demand in tutto il mondo – ha ricordato – è un segnale incredibilmente positivo e una grande opportunità. Vuol dire che c’è sempre più interesse per i nostri contenuti, e noi abbiamo interesse a produrne sempre di più”.

In Europa, tuttavia, lo sviluppo dei servizi on demand è cominciato come sempre in ritardo e a macchia di leopardo. Secondo una relazione della Commissione UE, nel 2009 la maggioranza degli Stati membri presentava un numero di servizi a richiesta tra 10 e 20, di cui in gran parte disponibili gratuitamente online, senza alcun abbonamento. Oltre un quarto di essi erano rappresentati da servizi di catch-up TV via Internet, seguiti da quelli fruiti attraverso la televisione connessa in Rete. Nello stesso anno, la Francia possedeva il maggior numero di servizi a richiesta disponibili (73 servizi), seguita dal Regno Unito (66) e dalla Germania (47). La situazione sembra comunque destinata a evolversi, soprattutto grazie all’ingresso nel mercato di concorrenti come Netflix, prossimo a festeggiare un anno dall’arrivo in Inghilterra e Irlanda, nonché fresco di apertura nell’area scandinava.

E in Italia? Qui alcuni tra gli addetti ai lavori sostengono l’importanza di un’offerta legale online ampia e adeguata, ma sono ancora pochi gli operatori a essersi arrischiati nel mercato, per lo più legati ai grandi player del settore audiovisivo o delle TLC. L’Anica, l’associazione delle industrie cinematografiche del nostro Paese, ha annunciato diverse volte la creazione di un grande portale del cinema italiano sul web, incentrato sul modello iTunes. Ma il progetto, che secondo le ultime indiscrezioni dovrebbe partire a giorni, ha tardato a lungo a produrre risultati concreti. Il presidente dell’associazione, Riccardo Tozzi, ha confermato l’urgenza di lavorare sulla questione video on demand, ipotizzando anche un confronto con gli esercenti cinematografici per la revisione delle rigide finestre che al momento regolano la vita del prodotto film a partire dal passaggio in sala.

In attesa che il confronto entri nel vivo, abbiamo chiesto ai principali operatori del video on demand e alle loro controparti, le distribuzioni cinematografiche italiane, di parlarci in maniera approfondita di questo mercato, delle sue attuali condizioni di sviluppo e delle prospettive future, nel contesto della profonda trasformazione in corso nei modelli di consumo di film e contenuti audiovisivi. O in altre parole, in uno scenario che vede il mercato cinematografico alla sua ultima chiamata per adeguarsi all’evoluzione tecnologica, prima di un terremoto simile a quello che ha già scosso il mondo della musica.

Dalla prossima settima saranno online le nostre prime interviste. Continuate a seguire SW Cineguru per scoprire in che direzione sta andando il video on demand in Italia.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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