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Uno “storico” rendez-vous per una crisi benedetta: l’editoriale di Pier Paolo Mocci per Fortune Italia Entertainment

Le parole di Pier Paolo Mocci sul numero di aprile di Fortune Italia Entertainment, da poco disponibile gratuitamente per il download digitale.

È appena uscito – disponibile gratuitamente per il download digitale – il numero di Aprile 2024 di Fortune Italia Entertainment, che contiene una lunga intervista a Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà (e presidente APA), ed è arricchito da un editoriale di Pier Paolo Mocci, di cui trovate il testo a seguire.

Uno “storico” rendez-vous 
per una crisi benedetta
di PIER PAOLO MOCCI

Non tutte le crisi vengono per nuocere, alcune sono necessarie, e chissà che questa non lo sia. Il pensiero più saggio è a cura di Sergio Castellitto, che rilascia parole semplici da scolpire sulla pietra: “Gli artisti devono vivere in uno stato di crisi perenne, la crisi per un artista è una benedizione. La crisi ti interroga sul bisogno e la necessità di dover fare qualcosa di urgente”, ha dichiarato il presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia. Eppure le principali sigle del settore che rappresentano tutti i comparti dell’industria dell’audiovisivo scendono in piazza (anzi all’Adriano) per chiedere di rafforzare il dialogo con il governo. Dialogo che non è mai mancato: forse il ministro Sangiuliano sarà stato preso anche da altro (essendo il suo un ministero non del Cinema ma di tutta la Cultura), ma la delegata Sottosegretaria Borgonzoni non ha mai abbandonato il settore, rappresentando una continuità extrapolitica che prosegue da diverse legislature con il favore unanime.

L’Audiovisivo protesta per la riforma del Tusma (Testo Unico sui Media) che ha limitato alcuni investimenti ed obblighi contrattuali dei broadcaster e, al contempo, ha innalzato la quota delle opere di espressione originale italiana dal 50% al 70% (le cosiddette “ip”, proprietà intellettuali, che sanno generare enormi profitti). Nella riforma impugnata dai manifestanti ci sono piccole percentuali, significative per carità, ma piccole, legate alla presenza di forme e generi di prodotto (tra cui l’animazione che ha fatto saltare tutti dalle poltrone) leggermente ridimensionate nei palinsesti di Tv e piattaforme. Un impegno minore che non impedirà certo ad un autore di creare la nuova serie animata di successo o ad un produttore di proseguire la propria mission secondo la propria vocazione.

Nel comunicato stampa di protesta, i manifestanti invocano il mercato e dichiarano: “La quota Italia al box office 2023 è stata del 24%, seconda in Europa solo a quella della Francia”. Probabilmente i rivoltosi non sono abbonati a Cinetel, se lo fossero avrebbero davanti uno scenario imbarazzante, “falsato” dal risultato di Paola Cortellesi. La quota del 24% che il cinema italiano rivendica – rispetto al 19% degli anni passati -rischia di confonderci. Anzi di confonderli. Se non fosse stato per il risultato al di sopra di ogni aspettativa di “C’è ancora domani”, il 2023 per la nostra cinematografia sarebbe ai minimi storici. La realtà, in questo caso, combacia con la verità: il pubblico non ha gradito l’offerta italiana che gli è stata propinata sul grande schermo. Su 456 film usciti in sala lo scorso anno (una sproporzione, una bolla produttiva senza riscontro distributivo, con la quasi totalità co-finanziata dallo Stato), solo 12 titoli (Cortellesi esclusa) hanno incassato tra i 2 e i 5 milioni di euro, e solo 22 (sempre su 456) hanno superato la soglia del milione di euro al botteghino. La sensazione è che il Cinema Italiano avesse voglia e bisogno di ritrovarsi. In un’epoca così impalpabile, veloce e digitale, un evento come quello all’Adriano ha una rilevanza storica. Gli artisti e le maestranze hanno forse capito l’importanza di fare network, un rendez-vous necessario (per una volta lontano da Via Induno tra l’altro) per far fronte al messaggio dei giorni scorsi di Paolo Del Brocco “Produrre meno, produrre meglio”. Ovviamente riferito al grande schermo, mentre il piccolo non conosce battute d’arresto. Davvero l’Audiovisivo si sente a rischio in un sistema dominato dalle piattaforme che, sui contenuti, giocano la loro partita principale? Castellitto sottovoce aveva chiosato: “Interroghiamoci sulla crisi della creatività di questi ultimi anni dominati dalle logiche della serialità”.

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