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Continua il trend dei sequel e dei franchise: gli Studios dovrebbero osare di più?

Nel 2011 molti sono i progetti, anche con un solido background, che sono rimasti sul campo di battaglia dello scontro tra innovazione e redditività. Nel 2012 sono ancora in arrivo una decina tra sequel e rivisitazioni. Che Hollywood abbia rinunciato all’originalità?

Una delle tendenze più evidenti del 2011 è stata la ricerca di sicuri rientri da parte delle major. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare parlando dei risultati complessivi del box office USA, i primi 10 titoli dell’anno sono sequel, prequel e instalment di lunghe saghe cinematografiche, o comunque riconducibili a un concetto più ampio di serialità come i superhero movies legati ai personaggi storici dei fumetti Marvel. Come ha specificato il New York Times, la produzione hollywoodiana del 2011 sembra perciò il risultato di un salto verso una “sicurezza finanziaria”, che gli Studios avrebbero costruito nel corso di almeno un decennio.

E anche per il 2012, l’intenzione sembra quella di riempire gli schermi con almeno una decina di sequel e reboot, da Spider-Man a Superman e Batman, passando per la saga spionistica di Bourne, per il ritorno di Peter Jackson a Tolkien e quello di Ridley Scott alla fantascienza, probabilmente con più di un punto di contatto con Alien. Non dimentichiamo poi Titanic in versione 3D, mentre tra le nuove proposte individuate come più promettenti compare Abraham Lincoln: Vampire Hunter. Ma giudicare creativa una storia con vampiri in piena epoca Twilight risulta quantomeno ardito.

 

“Dobbiamo reinventare il business, così come ha fatto la televisione negli anni ’80. Non ci stiamo prendendo abbastanza rischi” ha dichiarato al New York Times il produttore John Davis, che vanta nel suo curriculum film come Io, Robot e Predator. La colpa viene attribuita anche agli spettatori, che nel 2011 sembrano aver premiato il già noto a scapito della sperimentazione e di titoli, più o meno riconosciuti validi, come Super 8, Cowboys & Aliens, Crazy, Stupid, Love, Moneyball, Real Steel e Contagion. Secondo il magazine, staremmo perciò assistendo a una vera inversione di tendenza rispetto al 2010, in cui il nuovo riuscì a farsi spazio nelle classifiche grazie a Inception, Rapunzel e Cattivissimo Me.

Una divertente analisi del Los Angeles Times, fa invece notare come gli unici rischi, e spesso molti flop, vengano affrontati dalle major per non danneggiare la propria “storia d’amore” con registi e talents. Sarebbe questo il caso di J. Edgar di Clint Eastwood, che ha visto Warner Bros spendere un budget di 35 milioni per un biopic su un ex-capo dell’FBI scomparso da tempo. O di Anonymous, che sostenendo l’ipotesi di una diversa paternità della maggiore opera shakespeariana, dei sui 30 milioni di budget ne ha restituiti a Sony meno di quattro e mezzo (nei soli Stati Uniti), ma è servito a prolungare la relazione con Roland Emmerich, per ora più proficuo come regista di disaster movie. Altro esempio, The Big Year (che in Italia uscirà a fine giugno con più di sei mesi di ritardo rispetto agli USA), commedia basata sul tema molto particolare del bird watching, che nonostante un cast di tutto rilievo, con Owen Wilson, Jack Black, Steve Martin e Anjelica Huston, ha guadagnato poco più di 7 milioni a fronte di una spesa di 40. Ma stavolta dietro la macchina da presa c’era David Frankel, ormai “abbonato” a Fox grazie ai successi di Io & Marley e Il diavolo veste Prada.

Ci sono però anche progetti con un solido background che per ora sono rimasti sul campo di battaglia dello scontro tra innovazione e redditività. Un riassunto si può trovare su IndieWire, dove spicca in particolare:  lo stop imposti da Universal all’adattamento del romanzo di Lovecraft Le montagne della follia, nonostante la regia di un esperto dell’horror come Guillermo Del Toro, la disponibilità di Tom Cruise nel ruolo principale e la partecipazione del “Re Mida” James Cameron alla produzione; la rinuncia, sempre da parte della stessa major al film tratto dalla saga letteraria di Stephen King La Torre Nera, che secondo le ultime indiscrezioni potrebbe invece diventare una serie tv con un’altra produzione; la rinuncia di Fox a far dirigere Wolverine al visionario Darren Aronofsky, che tuttavia si potrà rifare altrove con il suo film su Noé; il completo ripensamento di Akira da parte di Warner Bros e la “dismissione” di Arthur & Lancelot; infine, la pausa forzosa per problemi di sceneggiatura di Men In Black 3, nonostante si tratti di un sequel su cui ricadono molte aspettative.

Ne deriva, secondo IndieWire, che al momento ci siano pochi margini per i progetti originali o comunque rischiosi dal budget intorno ai 200 milioni di dollari, e che per ora Hollywood non sembri proprio in vena di osare. Rimane perciò aperta la questione: basteranno sequel e rivisitazioni di vario tipo a recuperare il pubblico perso nel 2011? Oppure è proprio la ritrosia degli Studios ad aver allontanato una buona fetta di spettatori?

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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