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L’occasione sprecata di Fabbricante di lacrime

Era un titolo perfetto per riportare gli adolescenti a vedere un film italiano in sala. Ma lo ha acquistato Netflix. E la nostra industria deve iniziare a riflettere sulle proprie scelte…

Se c’era un prodotto che mi sembrava fondamentale per il panorama cinematografico italiano, era Fabbricante di lacrime. Un film chiaramente per un pubblico di adolescenti/young adults, ossia quel target che il nostro cinema ormai non prova neanche più a catturare, vedendola probabilmente come una battaglia persa in partenza.

Per chi non conosce questa property, giova ricordare che nel 2022 è stato il libro più venduto in Italia grazie a 450.000 copie (numero che ovviamente, rispetto a questo lancio Ansa che ho usato come riferimento e pubblicato il 2 gennaio, sarà intanto aumentato in questi mesi). E, come detto, sembra rivolto a quel pubblico che ha fatto la fortuna di titoli (tutti stranieri, ovviamente) come Twilight o Colpa delle stelle (ma gli esempi sono tanti), e che ha visto in questi anni solo un tentativo interessante come la trilogia di Sul più bello (che ha avuto un rapporto complicato con la sala per colpa della pandemia).

Bene, tutto questo non sarà possibile, visto che, come è stato appena annunciato ieri, il film è stato acquistato da Netflix e quindi non arriverà nelle sale italiane, ma finirà come un Original in esclusiva su questa piattaforma. Una notizia che ritengo essere enorme e che invece probabilmente non riceverà l’attenzione che merita da parte dei mass media.

Ora, in questi casi di solito ci si lamenta con lo strapotere delle piattaforme, si invoca il fatto che dovrebbero mandare i loro prodotti in sala e in generale si parla quasi di una concorrenza sleale (ma che colpa c’è ad avere i soldi?), come se il Mercato cinema non potesse fare investimenti analoghi per proteggere certi titoli e permettere loro di arrivare sul grande schermo.

Ora, questa teoria avrebbe potuto forse (forse) essere valida quando Paolo Sorrentino decideva di lavorare con Netflix, che gli permetteva un budget difficilmente ottenibile dai distributori cinematografici in quel periodo. Tuttavia, nel frattempo le cose sono radicalmente cambiate.

Come possono testimoniare i resoconti sui budget che pubblichiamo ormai da tempo (tra gli ultimi, quelli sui costi dei film che sono andati al Festival di Venezia, così come quelli dei titoli della prossima stagione), gli investimenti su alcuni prodotti sono ormai arrivati a cifre record, con alcuni prodotti sopra i 20 milioni, un numero cospicuo sopra i 10M, e decine che spaziano tra i 6 e i 10 milioni.

Ora, io so per certo che tanti distributori hanno provato seriamente a prendere il film e che il punto di svolta sia stata l’offerta di netflix per tutti i diritti mondiali, che ovviamente un distributore cinema italiano non è un’opzione praticabile. Ma siamo proprio sicuri che non sarebbe stato sensato fare un sacrificio (anche a costo di perderci qualcosa) per un prodotto che ha un budget di 6,5M (non certo enorme, visti ormai gli standard del nostro Mercato), che permettesse di tenere questo titolo all’interno del Mercato sala? E non solo per Fabbricante di lacrime, ma anche per un discorso più ampio legato agli adattamenti di Erin Doom, per dar vita a un franchise italiano per portare in sala gli adolescenti?

In tutto questo, va detto, ritengo che le colpe siano anche più ampie. Penso anche agli esercenti, che sono attentissimi ai prodotti di ‘qualità’ (concetto quanto mai elusivo), ma molto meno a quelli potenzialmente ultracommerciali. Pensateci: quante volte avete sentito parlare (nei convegni e nelle interviste) dei successi (effettivi, per carità) di titoli come La stranezza e Le otto montagne, che dovrebbero dimostrare come quella strada sia quella giusta (anche se poi ci sono decine di prodotti di qualità che invece non incassano e di cui ci si ‘scorda’ facilmente)? E quante volte invece si è parlato ed esaltato per i quattro film (incassi complessivi: 23 milioni) dei Me contro te? A occhio, direi che dei Me contro te non si parla neanche un decimo. Perché il nostro sistema si esalta solo per i dati dei film ‘belli’ e di ‘qualità’, non per i risultati dei prodotti decisamente commerciali e che non parlano a noi over 40.

Ma anche tutto il mondo della comunicazione e del giornalismo dovrebbe guardarsi allo specchio. Tanti commentatori parlano di Mercato, ma poi in realtà quello che solitamente dicono è “perché i film di qualità che ci piacciono tanto non incassano come meriterebbero?”. La preoccupazione di tutto il nostro sistema, insomma, sembra quella di avere prodotti da Festival di alto livello, con l’idea che aumentare i budget per questi prodotti porterà anche a risultati migliori dal punto di vista economico. Questa strada, al momento, non sembra funzionare come spera il nostro ambiente. Che forse dovrebbe ricordarsi che c’è anche un cinema commerciale da realizzare e sostenere, un cinema che in generale meriterebbe un’attenzione maggiore. Attenzione maggiore che meriterebbe anche tutto quel pubblico che non è fatto di benestanti over 40 che vivono a Roma e Milano…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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