You are here
Home > Cineguru Matinée > L’intelligenza artificiale ha “hackerato” il sistema operativo della nostra civiltà?

L’intelligenza artificiale ha “hackerato” il sistema operativo della nostra civiltà?

Un articolo di Yuval Noah Harari, pubblicato dall’Economist, pone fondamentali quesiti sulla regolamentazione dell’AI

Nell’articolo uscito ieri sull’Economist, Yuval Noah Harari mi sblocca finalmente la chiave di volta del mio atteggiamento contraddittorio nei confronti della AI. Da una parte ho accolto questi primi tool generativi con l’entusiasmo che da sempre mi spinge ad adottare l’innovazione e vederne gli usi postivi possibili. Dall’altra, però, sono diventato via via sempre più preoccupato di dove potrebbe portarci la diffusione di massa e incontrollata di una tecnologia che, ora che c’è, può lasciarci indietro talmente velocemente da non rendercene nemmeno conto. Un po’ come succede nel miglior film di sempre sul tema, Lei di Spike Jonze, ma con implicazioni più gravi.

Il punto di vista di Harari parte dalla considerazione che, prendendo il controllo del linguaggio (in generale, anche visivo e musicale), l’intelligenza artificiale ha in sostanza hackerato il sistema operativo della nostra civiltà, in quanto la lingua è alla base di quasi tutta la nostra cultura. “Ad esempio, i diritti umani non sono incisi nel nostro DNA. Piuttosto, sono artefatti culturali che abbiamo creato raccontando storie e scrivendo leggi. Gli dei non sono realtà fisiche. Piuttosto, sono artefatti culturali che abbiamo creato inventando miti e scrivendo scritture.”. Eccetera, eccetera.

Ecco, se da una parte quando ho cominciato a usare i tool generativi mi sono sentito di avere dei super poteri, perché finalmente potevo creare immagini o suoni senza ricorrere ad altri, dall’altra ho cominciato a provare un inquietante senso di inutilità, riflettendo sul fatto che la parola scritta dall’uomo, così come la capacità di creare immagini e suoni, tutti modi per raccontare le storie che sono alla base di chi siamo, rischiano di essere superate in quantità e spesso “qualità”, se ci limitiamo alle tante storie “mediocri” di cui ci nutriamo oggi, dai contenuti sintetici. La AI è già talmente utile e conveniente che sarà davvero difficile arrestarne l’adozione e lo sviluppo.

Harari si spinge anche oltre riflettendo sulla capacità delle AI di creare intimità, tra l’altro uno dei cardini del racconto di Lei, e quindi di coglierci vulnerabili e maggiormente manipolabili, dove non è detto che le AI siano benevole come quella interpretata da Scarlett Johansson e soprattutto dove è chiaro che alle spalle delle AI ci sono aziende private che si trovano investite di una responsabilità nei confronti della collettività che vedo poco compatibile con gli obiettivi dei loro azionisti e di quello che pur giustamente si aspettano dalle trimestrali.

Non mi ha mai rassicurato il punto di vista di chi si sente al sicuro dicendo “non sono davvero intelligenti”. Intanto perché anni di effetti del dibattito sui social dovrebbero averci dimostrato che non serve certo l’intelligenza per vincere le battaglie delle idee; e in secondo luogo perché poco importa che l’intelligenza segua gli stessi processi della mente umana quando ottiene risultati altrettanto efficaci o addirittura migliori di quelli umani. È una forma di intelligenza diversa, aliena, come la definisce Harari nel suo articolo.

La conclusione è chiara e, anche se la lettera firmata qualche settimana fa da Harari stesso era minata nella sua credibilità da altri firmatari che sembravano più interessati a rallentare i concorrenti che a salvare il mondo la richiesta di regolamentare la AI, mi trova completamente d’accordo. Spero che vada ben oltre il tema della privacy sollevato dal nostro Garante, che mi è sempre sembrato più legato alla forma che a mettere i cittadini nella condizione sostanziale di far valere i propri diritti.

Infatti la preoccupazione è sempre la stessa: come negli anni hanno dimostrato le audizioni di Facebook e più di recente di TikTok di fronte al Senato USA, chi dovrebbe regolamentare non ha ancora “capito” Internet e i social media; sarà in grado di regolare l’intelligenza artificiale? E soprattutto con le divisioni che ancora esistono a livello globale, si riuscirà a ottenere un accordo globale su questi temi? Meglio tornare ad argomenti più seri, che abbiamo questa questione dell’armocromista che merita tutta la nostra attenzione.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
Top
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI