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Stiamo prendendo le decisioni giuste?

Dopo un settembre nero sia da noi che negli Stati Uniti, conviene riflettere sulle scelte che stiamo facendo. Scelte pericolose e ideologiche…

E’ decisamente un settembre drammatico negli Stati Uniti, come riporta The Wrap. Basti dire che nessun titolo ha aperto un weekend con almeno 20 milioni di dollari (anche se ieri Smile ha chiuso questo fine settimana tra i due mesi a 22M) e che il mese è terminato con meno di 350 milioni complessivi, peggior risultato per settembre dal 1997 (ricordo che tra maggio e luglio si sono ottenuti più di 3 miliardi di dollari negli Stati Uniti).

E da noi? Questo settembre italiano non è certo meglio, come abbiamo già scritto qui, visto che siamo di poco sopra i 20M di euro, quando nel 2019 se ne facevano 50M e anche nel 2021 si stava leggermente meglio (21,2M, nonostante venissimo da cinema che erano rimasti in estate praticamente senza prodotto, abituando la gente a pensare che fossero chiusi).

Vediamo alcuni dati di questi ultimi giorni, dopo Cinema in festa. La scorsa settimana, c’è stato un momento in cui i primi tre titoli stavano andando veramente bene. La riuscita di Avatar ormai stava avvicinando ai 2 milioni di euro (ora è a 2,5M), Don’t Worry Darling si manteneva su cifre importanti e addirittura Moonage Daydream finiva in testa, con dati che ricordavano i bei eventi di una volta, fondamentali per far incassare le sale anche nei feriali. Tuttavia, bastava scendere di una posizione, al quarto posto, per vedere dei divari enormi. Per capirci:

Lunedì 26 settembre
3° posizione – Don’t Worry Darling con 73.490 euro
4° posizione – Minions 2 con 19.798 euro

Martedì 27 settembre
3° – Don’t Worry Darling con 82.919 euro
4° – Ti mangio il cuore con 28.214 euro

Mercoledì 28 settembre
3° – Don’t Worry Darling con 88.510 euro
4° – Ti mangio il cuore con 31.203 euro

Non c’è dubbio che questo abisso tra il terzo e il quarto posto sia la solita, ormai anche noiosa discussione sulla mancanza di prodotto. Ma quello che mi lascia veramente perplesso e preoccupato, è che questo sembra invece andare bene a tutti. Ho ormai la certezza che il nostro settore stia facendo il tifo per avere meno prodotto (‘solo film con alti budget!’ e ‘devono uscire solo i titoli forti, bisogna creare degli eventi’, sono due idee che sento spesso) e anche gli esercenti sembrano sostenere questa strada.

Va fatta una precisazione importante. C’è una forte differenza tra il cinema americano e quello italiano. Per quanto riguarda quello americano, sono mancati ultimamente sia i blockbuster che i prodotti medi e in generale negli scorsi mesi – vedendo il box office statunitense – si capiva che il pubblico tornava in massa quando c’erano film veramente forti, ma che per completare questa ripartenza, serviva anche tanto prodotto medio. Insomma, in quel caso era ed è un problema quantitativo, che è (relativamente) più facile da risolvere, facendo le scelte più appropriate (e questa della Marvel/Disney mi fa ben sperare).

Per il cinema italiano è più complesso. E’ ovvio che, con circa 250 di film ‘cinema’ nostrani prodotti all’anno, non è certo un problema di mancanza di quantità, anzi. Quello di cui ci si lamenta, è il fatto che buona parte di questi titoli sia completamente inutile (verissimo) e che quindi dobbiamo puntare sulla “qualità” e sui “grandi eventi”. Sul secondo punto, è facile dire che il problema non lo si risolve semplicemente urlando all’evento. D’altronde, chiedetevi una cosa: si possono creare gli ‘eventi’ a tavolino, in particolare per chi lavora in Italia e molto difficilmente potrà usufruire di property popolarissime e commerciali per il grande schermo? E se fosse così semplice (basta dirlo e lo facciamo!), perché finora non è stato fatto? E, a quel punto, chi è in grado di creare eventi uno dietro l’altro e semplicemente schioccando le dita, in un Mercato difficile come quello italiano, perché non sta lavorando a Hollywood?

Ma secondo me, c’è un problema strutturale, visto che nel nostro cinema molto spesso non si prendono delle scelte per ragioni commerciali. Per esempio, guardate le uscite di settembre: si può dire che non siano usciti film importanti, considerando prodotti come Il signore delle formiche, L’immensità, Siccità, Ti mangio il cuore, Un mondo sotto social, Per niente al mondo e Tutti a bordo? Certo che tra questi ci sono tanti titoli di qualità (definendo con questa etichetta chi ha importanti ambizioni artistiche, poi sui risultati è questione di gusti soggettivi), alcuni anche con grandi speranze, grazie al passaggio al Festival di Venezia.

Ma è chiaro che questa proposta di titoli importanti è troppo limitata (a esclusione Un mondo sotto social e Tutto a bordo, due commedie che purtroppo non hanno funzionato e qui bisognerebbe aprire un altro fronte di discussione, cosa che mi prometto di fare) a un pubblico di 40-50enni, soprattutto nelle sale di qualità delle grandi città. E’ ovvio che con un target così ristretto (e che magari ancora stenta a tornare dopo la pandemia) il risultato è che diversi titoli si sono cannibalizzati tra loro. Cosa che succede SEMPRE a settembre. E che conferma l’eterno dilemma della distribuzione post Venezia: se non esci subito, hai sprecato la comunicazione arrivata dal Lido (e i soldi spesi per presentare il film in quel contesto); se esci subito, ti ritrovi in mezzo ad altri titoli e a contenderti una fetta di pubblico limitato. Non c’è una soluzione giusta, solo sfumature di scelte problematiche. Ma il problema è di base e lo si segnalava già dopo Riccione: perché facciamo tanti film d’autore/sociali/festivalieri (trovate voi la definizione migliore) e poi puntiamo tutto ad andare a Venezia, anche in una sezione collaterale, in cui la visibilità sarà ridottissima? Sicuramente, per i punti ai contributi automatici e premi che si possono ottenere. Ma se l’obiettivo è questo e tanto la produzione italiana deve dipendere in larga parte dallo Stato e non dal Mercato, perché ci stupiamo se i risultati commerciali non arrivano?

E perché quasi nessuno dice che quello che manca sono prodotti per il pubblico, che soddisfino i loro gusti, prima ancora che degli standard qualitativi (spesso fumosi)? I Me contro te sono stati il fenomeno degli ultimi tre anni, ma certo non hanno puntato sulla “qualità da Festival”, né su grandi budget produttivi. E sarebbe interessante discutere della qualità dei film commerciali per teenager… se ci fossero film commerciali per teenager di cui discutere. L’unico esempio mi sembra la trilogia di Sul più bello (che peraltro che è stata particolarmente colpita dalla pandemia) e Time Is Up (che sempre per la situazione sanitaria è uscito solo come evento di tre giorni, poi su Amazon ha funzionato molto bene, tanto che questo mese arriverà il sequel, che in sala ha fatto solo un’uscita tecnica ad agosto), per il resto non vede prodotti commerciali che possiamo definire in tal modo (e no, non mi citate film autoriali/sociali che hanno per protagonisti degli adolescenti, sono un’altra cosa).

Insomma, in attesa di film più forti, siamo sicuri che stiamo ponendo le basi per una vera rinascita del cinema in sala? O stiamo creando le condizioni per continuare a proporre un certo cinema italiano solo per un target di adulti e che non potrà assolutamente riportarci agli incassi di un tempo?

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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