You are here
Home > Cinema > #GentleMinions, meme che portano al cinema (o forse no) e generazioni

#GentleMinions, meme che portano al cinema (o forse no) e generazioni

Da Minions 2 al fenomeno #GentleMinions. Lorenzo Fantoni ci parla del rapporto tra meme e cinema…

Minions 2, uscito nei nostri cinema il 18 agosto dopo le anteprime di inizio mese, sta riuscendo finalmente a riportare le famiglie in sala numerose. Merito sicuramente di un film riuscito, lanciato con una importante campagna marketing globale, declinata al meglio anche nel nostro territorio, e di una accoglienza che ha visto la partecipazione attiva anche di fasce di pubblico che non erano date per scontate. In modo particolare il fenomeno dei #GentleMinions che ha sfiorato il nostro paese per ragioni di calendario ma ha contribuito ad attrarre l’attenzione della Gen-z grazie all’eco social, conferma l’efficacia di questi eventi spontanei, o quasi, nel raggiungere queste fasce di pubblico. Abbiamo chiesto a Lorenzo Fantoni attento osservatore della fenomenologia della rete, un contributo in proposito.

Migliaia di ragazzi che si mettono giacca e cravatta per andare a vedere Minions 2 solo per il gusto di fare una cosa buffa che magari hanno visto su TikTok, organizzandosi tra di loro per arrivare in massa al cinema, portando in alcuni casi le sale a prendere l’assurda decisione di non far entrare chiunque stesse indossando un abito formale. Milioni di persone che parlano di Morbius come se fosse il film più grande della storia, con tanto di videogiochi dedicati, battute inventate, cameo in altre pellicole e così via, generando un casino tale da convincere Sony a riportarlo in sala… per fare di nuovo schifo al botteghino.

Insomma, tra i meme e il cinema c’è senza dubbio un rapporto importante, così come tra i meme e le serie tv (quanta gente si è fatta la foto con la lingua di fuori e le dita che simulano delle corna imitando la posa di Eddie di Stranger Things?), i videogiochi e tutti i prodotti di intrattenimento dell’essere umano.

Ma sono forse i meme la salvezza del cinema attuale? Difficile dirlo. Perché i meme sono strane creature che spesso sfuggono alle regole del mercato ed è molti difficile crearli “in laboratorio”.

Intanto, di cosa parliamo quando parliamo di meme? Il discorso è abbastanza complesso, soprattutto perché per molti meme sono solo immagini buffe su internet da scambiare con gli altri ma non è solo così. Il meme è qualcosa di diverso dal classico “tormentone” da uno slogan o una gag che diventa nota perché ripetuta continuamente. Il meme è una “particella comunicativa”, una sorta di mescolanza di immagini e testo, ma può essere anche video o solo un concetto, che non solo viene ripetuta ma di volta in volta viene reinterpretata, remixata, stravolta, mescolata con altri meme e così via.

Come i linguaggi, anche i meme evolvono, cambiano, hanno varie correnti, momenti nostalgici e sperimentazioni. Una volta erano “meme” i finti poster motivazionali o le foto di gattini che dicevano cose buffe, oggi si mescolano personaggi dei manga e politica, videogiochi e processo Pacciani, calcio e album musicali. I meme sono anche potentissimi armi politiche, come probabilmente avrete notato quando una famosa esponente politica ha trasformato un suo video dove ripeteva il suo nome nel titolo della sua biografia, dopo che quello stesso nome era diventato un remix e la fonte di migliaia di storpiature.

Tutto può essere meme, se un gruppo abbastanza grande di persone decide che è così, ma difficilmente un meme può essere deciso a tavolino da un’azienda, anzi, quando accade di solito la cosa si ritorce contro di lei, salvo rarissimi casi. La cosa più importante è che i meme sono qualcosa di trasversale tra i millennials, la generazione che in qualche modo ha forgiato il linguaggio dell’internet attuale (Zuckerberg ha 38 anni e a volte ci dimentichiamo che lo è) e la Gen Z, che quel linguaggio ormai lo sta persino prendendo in giro mentre sceglie le sue forme di espressione.

E come nasce il fenomeno dei #GentleMinions? Come sempre è difficile tracciare una linea retta, ma possiamo fare delle ipotesi. Tutto nasce per prendere in giro un’altra figura: quella del Joker. Il film di Todd Philips e la sua morale populista sono infatti diventati rapidamente oggetto di scherno, soprattutto si ride di chi si identifica nel Joker, nel reietto della società pronto a impazzire e vendicarsi dei potenti, una posa vagamente da duro che probabilmente alcuni dei vostri contatti utilizzano. Avete presente quelli che mettono le immagini dove scrivono cose come “rispetto di tutti, paura di nessuno” o cose così? Ci siamo capiti.

Per realizzare la sua presa in giro questo meme di solito mostra un gruppo di uomini, più o meno ridicoli, con sotto la scritta “dei biglietti per Joker, grazie”. Da questa radice si è poi passati alla sua sovversione, ovvero l’immagine di personaggi serissimi, uomini in giacca e cravatta e così via che chiedono dei biglietti per i Minions, il resto è storia.

Ecco, fenomeni come i #GentleMinions e Morbius sono decisamente un esempio di come la Gen-Z adopera queste forme comunicative, perché se in qualche modo i meme nascono per cambiare il modo in cui i Millennials parlano su internet, i Gen-Z li usano per cambiare la realtà fuori da internet. Ovviamente non possiamo fare di tutta l’erba un fascio quando parliamo di una intera generazione di persone, ma questo rispecchia senza dubbio il differente modo in cui le due generazioni guardano il mondo: la Gen-Z è molto più anarcoide, difficile da incasellare, esattamente come i meme che utilizza. Tuttavia, c’è una legge a cui anche questa generazione sembra non riuscire a scappare: quella della nostalgia.

I Minions sono un marchio famosissimo, esploso nel 2010 con Cattivissimo Me, esattamente quando la generazione che oggi torna al cinema in giacca e cravatta si approcciava all’intrattenimento televisivo e cinematografico. Rappresentano per la Gen-Z ciò che Shrek ha rappresentato per buona parte dei Millennials, fa parte della loro infanzia, è qualcosa che in qualche modo merita di essere celebrato.

Un buon esempio di tutto questo è MrBeast, uno youtuber nato nel 1998 che da quando ha 14 anni produce video su YouTube e oggi è il gestore di uno dei canali più visti. La specialità di MrBeast, al secolo Jimmy Donaldson, sono produzioni assurde e costosissime che raccolgono milioni e milioni di views (e sponsor). Donaldson ci ha messo un po’ a raggiungere la fama, ma col tempo ha capito che una delle cose che il pubblico ama, e quindi ama anche l’algoritmo, sono le sfide assurde, le situazioni paradossali, i contenuti strani, bizzarri, ma anche divertenti, dove le persone si mettono alla prova. In uno dei suoi video più famosi ha ricreato perfettamente Squid Game, morti escluse ovviamente, mentre in un altro ha raccolto 20 milioni di dollari per la riforestazione. Una volta ha aperto un concessionario in cui regalava automobili e spesso dona soldi a persone che in qualche modo sembrano averne bisogno, dallo streamer con zero visualizzazioni che gli fa pena al suo milionesimo follower. Ovviamente poteva farsi sfuggire il meme dei #GentleMinions? Ovviamente no, ecco perché ha noleggiato un intero cinema, anzi no, lo ha proprio comprato, solo per poterci vedere il film con i suoi follower, tutti vestiti in camicia, cravatta e occhiali da sole.

@mrbeast Im not playin #gentleminions #minion #SaveDave ♬ Universal Fanfare – The Minions

Si ha dunque l’impressione che i meme, i video su YouTube e le sfide su TikTok siano prodotti culturali pensanti per sfumare ulteriormente i confini tra reale e digitale, confini che ormai da tempo sono notati solo dalle generazioni più anziane. Siamo di fronte a generazioni cresciute bene o male col mito dell’attenzione, delle capacità di ottenere un dato numerico che valuta quanta gente ci sta seguendo e il bisogno di alzare sempre di più l’asticella perché quel numero salga o resti almeno costante. Allo stesso tempo però quelle medesime generazioni sfuggono le catalogazioni, si prendono gioco di chi cerca di analizzarli, ironizzano su di sé e su chi li circonda, sfumando un altro confine, quello fra scherzo e verità, fra ciò che fa ridere e il perturbante.

Detto questo, è facile capire come sì, i meme possono rappresentare un interessante veicolo di promozione per il cinema, ma anche una bestia molto difficile da domare, perché per sua natura il meme non vuol dire automaticamente che qualcuno andrà al cinema a vedere il film, solo che qualcuno è interessato a creare dei contenuti si di esso per ragioni che spesso esulano dal film stesso.

Il meme vuole essere una operazione dissacrante, non commerciale, anche se a volte può avere impatto sulle scelte economiche di una azienda, come quando migliaia di persone decisero che McDonald avrebbe dovuto rimettere in commercio la salsa Szechuan dell’Happy Meal di Mulan perché veniva citata in un episodio di Rick and Morty e continuarono a chiederlo finché non furono accontentati. Il risultato furono dei McDonald presi d’assalto, con tanto di minacce al personale da parte di chi non aveva avuto la salsa, e quindi non poteva partecipare al momento meme, finché la compagnia non promise di produrne altra.

Se tutto questo vi sembra assurdo è perfettamente normale, ma fa tutto parte di quello che abbiamo detto finora: una cultura che cerca costantemente di capire fin dove può spingersi, dove sono i confini fra commedia e realtà. Vi ricordate quando un altro passaparola in rete, quello che puntava ad assaltare l’Area 51, diventò così virale da costringere l’esercito degli Stati Uniti a ricordare che se ti avvicini a una base militare correndo qualcuno potrebbe spararti? Per fortuna in quel caso la situazione poi si è trasformata in un party nel deserto con qualche personaggio vestito da alieno.

Adesso il prossimo meme che potrebbe avere un impatto sul cinema porta il nome di Barbie, sono mesi che si vedono immagini di personaggi duri tipo Dominic Toretto che chiedono ironicamente dei biglietti per il film con Margot Robbie e Ryan Gosling. Se dovessi puntare dei soldi sul prossimo fenomeno memetico, pur considerando la loro imprevedibilità, li metterei sulle avventure della bionda più famosa dei giocattoli.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
Top
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI