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Net neutrality: la battaglia non è ancora finita?

Ufficialmente si tratta di un passo storico nella regolamentazione del web, anche se le conseguenze e lo scenario aperto dalla nuova normativa USA in materia di net neutrality devono ancora dispiegarsi in tutta la loro portata. Cos’è successo a livello legislativo è facile da riassumere: giovedì scorso la Federal Communications Commission (FCC) statunitense si è pronunciata…

Ufficialmente si tratta di un passo storico nella regolamentazione del web, anche se le conseguenze e lo scenario aperto dalla nuova normativa USA in materia di net neutrality devono ancora dispiegarsi in tutta la loro portata. Cos’è successo a livello legislativo è facile da riassumere: giovedì scorso la Federal Communications Commission (FCC) statunitense si è pronunciata nel senso di classificare Internet come un servizio essenziale, facendo perciò rientrare i suoi fornitori gli, ISP, in un regime regolatorio volto a garantire condizioni paritarie di accesso alla rete per tutti gli operatori, dai più piccoli ai più grandi. Una decisione non scontata in un mercato come quello statunitense, e occidentale in generale, dove spesso i soggetti che gestiscono l’infrastruttura sono integrati verticalmente con alcuni dei principali provider di contenuti.

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Si parla di aziende del calibro di Verizon, Comcast, At&t, cui fanno capo sia piattaforme proprietarie OTT (over the top) sia i più classici broadcaster via cavo, e che finora hanno potuto imporre condizioni di accesso diverse ai loro concorrenti diretti come Netflix, fissando limiti al consumo di banda e sovraccosti per garantire la qualità del servizio anche durante i momenti di picco. Grazie alla decisione della scorsa settimana, fortemente sostenuta dall’amministrazione Obama e dalle associazioni del web, queste pratiche commerciali saranno ora vietate in nome della regola che caratterizza tutte le utility, cioè le società anche private che gestiscono servizi di interesse pubblico: stessa qualità e stesso prezzo per tutti gli utenti dell’infrastruttura, da non confondere ovviamente con i singoli privati che fruiscono del “prodotto finito” consegnato tramite le suddette reti.

Da una parte, si tratta di un’affermazione di principio non più rimandabile nell’era della connessione perenne e della network economy: Internet non è un servizio accessorio o di lusso bensì un bene essenziale, al pari di telefonia, radiotv, elettricità ecc, e deve rientrare perciò nell’ambito di competenza degli organismi pubblici preposti a garantire la concorrenzialità del settore. Un principio peraltro su cui una volta tanto gli USA si trovano allineati con la UE e in particolare con il Parlamento, che a favore della net neutrality si è pronunciato già ad aprile 2014. Ciononostante sul settore rimangono delle ombre: a livello comunitario, ad esempio, si è operata una distinzione tra i servizi da garantire per tutto l’Open Internet e i cosiddetti “servizi specializzati”, tra cui anche quelli di video on demand o di assistenza medica: un criterio discriminate che potrebbe essere adottato anche dalla FCC, sempre che l’opposizione repubblicana non arrivi prima a invalidare l’atto di giovedì tramite un’azione parlamentare, forte della propria maggioranza alle Camere. C’è infatti appena bisogno di sottolineare come all’ala destra della politica statunitense non vada a genio l’orientamento interventista sotteso alla net neutrality, che implica una regolamentazione in teoria abbastanza soft del settore ma comunque quel tanto che basta per mettere sull’attenti il partito americano iper-liberista.

Vale la pena di notare infine come, finora, la net neutrality sia stata promossa dai suoi sostenitori come un baluardo della libertà di Internet, e d’altra parte la parità delle condizioni di accesso all’infrastruttura è sicuramente importane per le giovani imprese e le start-up della Silicon Valley, da cui ci aspetta una continua ridefinizione del web e delle tecnologie connesse in generale. In pratica, tuttavia, a scontrarsi con Verizon, Comcast ecc sono colossi che hanno interessi e posizioni di forza ben consolidate sul mercato degli OTT. Tra i promotori della misura c’è ad esempio la Internet Association, di cui fanno parte nomi quali Netflix, Amazon, Etsy, Aol, eBay, Facebook, Google, Expedia, Reddit, Twitter, Yahoo e Yelp. La garanzia della concorrenza è sempre garanzia di qualità e accessibilità anche per l’utente, ma il problema della crescente mole di traffico destinata a passare sulle “autostrade” del web è una questione collaterale e inscindibile dalla net neutrality che merita di essere gestita di pari passo, affinché anche l’infrastruttura continui a evolversi e non finisca per diventare appannaggio dei pochi che sarebbero in grado di permettersi costi via via più alti, sostenuti dal prevedibile aumento di domanda.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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