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Roma, Città dei Cinema: le sale fantasma (e quelle rianimate “dal basso”) al centro del convegno ANEC Lazio

Meno burocrazia e defiscalizzazione per sostenere l’esercizio in sofferenza, mantenimento delle destinazioni d’uso e sostegno pubblico per l’enorme patrimonio culturale, sociale e non da ultimo urbanistico delle sale ormai chiuse. Queste le richieste che si innalzano da una pluralità di voci a difesa del cinema e dei cinema di Roma, perché non si aggiungano altre “croci” al bilancio delle oltre 40 strutture scomparse dalla Capitale.

Più di 40 cinema scomparsi sul solo territorio capitolino, nel contesto di  un mercato che a livello regionale,  negli ultimi 15 anni, ha conosciuto una sostanziale stagnazione nel numero delle presenze e un aumento solo lieve degli incassi. Troppo lieve se comparato invece alla  considerevole crescita nel numero di schermi, che dal ’95 al 2012 sono quasi raddoppiati passando da 246 a 457, e portando un calo del 20% nell’incasso medio per sala. Questa la situazione dell’esercizio  romano e laziale emersa ieri nel corso del convegno Roma città dei cinema, organizzato  dall’ANEC Lazio in occasione del Festival Internazionale del Film di Roma per affrontare in modo esaustivo le criticità del settore.

Cinema Metropolitan   Cinema abbandonati di Roma

“Oggi i 457 cinema della regione hanno 14,5 milioni di spettatori e generano un volume d’affari complessivo di 105 milioni di euro” ha sottolineato il presidente di ANEC Lazio, Giorgio Ferrero, individuando nella diminuzione della redditività e degli incassi, nonché nella concorrenza della pirateria e di altri media quali la pay-tv, alcuni dei nodi che pesano sul comparto e che rendono necessario un intervento istituzionale. Così come il rischio che a quella  quarantina di sale capitoline con le saracinesche abbassate se ne vengano ad aggiungere delle altre.

Sale che in alcuni casi rappresentano non solo l’unico presidio culturale e luogo di aggregazione  di intere aree urbane, ma anche un patrimonio storico e sociale che si potrebbe tentare di restituire a nuova vita. Al di là delle usuali richieste di semplificazione delle procedure burocratiche per le ristrutturazioni, della diminuzione della pressione fiscale  e della costituzione di tavoli tecnici per l’individuazione di misure concrete da far adottare ai diversi enti pubblici, a caratterizzare questo incontro è stato in via abbastanza eccezionale il protagonismo di quelle che rappresentano le ferite aperte del settore: i cinema chiusi. Il mezzo per approfondire l’argomento è stato soprattutto una ricerca condotta dagli studenti di architettura dell’Università La Sapienza, riassunta nel documentario “Fantasmi Urbani”: una video-inchiesta su alcune della sale dismesse di Roma, sul loro stato attuale e sulla memoria storica che le circonda. Una breve ricognizione volta a ricordare ad esempio la contestata chiusura del centralissimo Metropolitan, ma anche il periferico Puccini, il Volturno riaperto grazie a un’occupazione pacifica, o il Cinema Impero che è stato costruito in epoca fascista e che ha un “fratello gemello” in Eritrea a quanto pare in ottima salute.

La carrellata, di sicuro interesse per chi ha cuore il tema della conservazione delle sale urbane, in realtà si compone di frammenti di video-inchieste più ampie, disponibili sul sito cineabbandonati.blogspot.it, realizzate per diventare una sorta di censimento territoriale da cui partire per elaborare un progetto fattibile di recupero di tali strutture, anche in vista delle nuove funzioni di cui le sale potranno e dovranno farsi carico con la transizione al digitale. Tutto ciò a patto che il settore pubblico intervenga, se non dal punto di vista economico, almeno armonizzando e correggendo un quadro normativo attualmente contraddittorio e confuso, secondo quanto illustrato da Silvano Curcio, docente della Facoltà a cui si deve l’approfondimento:

“La legislazione francese consente agli enti locali investimenti fino al 30% del fatturato delle sale, il ritorno per la popolazione è garantito in termini di programmazione, con fasce orarie protette per anziani e ragazzi o con la visibilità data a opere sperimentali e di giovani autori” ha spiegato Curcio , aggiungendo che in Italia non solo non esistono simili previsioni, ma anche che “gli strumenti  normativi confliggono, ci sono norme del Comune di Roma  in contrasto  con quelle regionali, le delibere Nuovo Cinema Paradiso 1 e 2 vengono bypassate e  quel che è peggio è che ciò avviene sempre più in deroga al Piano Regolatore”.

A tal proposito sono state citate due worst practices: quello che è successo al cinema America, salvato da un’occupazione ma prima incluso in un provvedimento della giunta Alemanno che ne avrebbe consentito la demolizione per far posto a mini-appartamenti di lusso con garage,  nonostante il valore architettonico della struttura e il piccolo polo museale al suo interno. La seconda riguarda invece l’ex cinema Etoile, in piazza San Lorenzo in Lucina, al cui posto sorge ora lo store di Louis Vuitton, che come unico pegno alla funzione originale di quello spazio ha creato all’interno dei locali commerciali una piccola sala che a poco da spartire con un vero esercizio cinematografico.

Per rilanciare la settima arte nella capitale, ha perciò ribadito Curcio, bisogna prima di tutto rivedere un sistema normativo che consente “ad alcuni, in deroga, di fare uno scempio nell’Etoile o di demolire l’America, destino che presto potrebbe toccare anche al Metropolitan in cui dovrebbe sorgere un’altra  boutique,  mentre impedisce agli imprenditori di provvedere con capitali privati alla  salvaguardia  dei cinema, magari aggiungendovi strutture ormai necessarie allo svolgimento delle attività”.

Prima di pensare a cinema “smart”, come accennato dall’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Flavia Barca, intervenuta a inizio del convegno, la richiesta è perciò quella di preoccuparsi intanto di salvarli dal degrado e dalle demolizione. Un po’ come hanno fatto i tanti movimenti e associazioni che negli ultimi anni si stanno occupando di tenere aperte queste strutture, anche  tramite l’occupazione. Non a caso, come non succedeva ormai dai tempi delle decurtazioni al FUS, il convegno di ieri è stato caratterizzato anche da una pacifica incursione da parte del gruppo OFF – Festival del cinema chiuso, intervenuto per conto di realtà occupate come il Volturno e il Cinema Preneste. Realtà che chiedono di essere ascoltate  e incluse nel confronto al pari delle altre associazioni di categoria, ma soprattutto di mantenere salda la destinazione d’uso dei cinema chiusi o a rischio chiusura, in modo da prevenirne la trasformazione in Bingo, sale da gioco, parcheggi e supermercati, come già successo a tanti presidi della settima arte ormai scomparsi dalla mappa della Capitale.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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