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Pirateria: anche la Corte di Giustizia contro il web “filtrato”. Ma l’Europa non è ancora pronta a riconoscerlo “servizio universale”.

Il giudice europeo boccia la richiesta, avanzata dal del corrispettivo belga della Siae, di incaricare i portali del controllo del traffico online. Ma la Rete è ancora troppo disomogenea per avere un servizio standard minimo, garantito in tutti i Paesi membri.

La Net Neutrality trova di nuovo il sostegno dell’Unione Europea. A nemmneo una settimana di distanza dalla risoluzione con cui il Parlamento ha rivolto ufficialmente alla Commissione la richiesta di vigilare affinché Internet rimanga aperta e neutrale, è stata la Corte di Giustizia e esprimersi a favore del principio secondo cui non possono essere i provider a imporre filtri per contrastare la pirateria online. La sentenza è stata emessa giovedì e, come riporta il Sole 24 Ore, si riferisce a un caso del 2004 che vede coinvolta la Sabam, corrispettivo belga della Siae,  e Scarlet, un fornitore di accesso alla Rete rifiutatosi di adempiere alla richiesta di controllare le comunicazioni elettroniche tra i propri utenti in modo da individuare quelle illecitamente effettuate tramite P2P e bloccarle.

Un obbligo in apparenza molto simile a quello configurato dal SOPA, il nuovo ddl americano contro la pirateria, che affida a portali e provider il compito di vigilare sui propri utenti al fine di contrastare la circolazione di materiale lesivo del diritto d’autore. Obbligo a cui i soggetti chiamati in causa negli Usa, da Google a Facebook, si rifiutano di conformarsi non solo per gli ingenti costi di un eventuale monitoraggio continuo, ma anche per il potenziale conflitto con la privacy dei propri clienti e l’eccessiva discrezionalità affidatagli dal regolatore nello stabilire quali contenuti eliminare in virtù del diritto d’autore e quali no. La previsione è poi sembrata essere stata presa di mira anche da un testo approvato dall’assemblea parlamentare europea, in cui si sostiene la necessità di garantire che “ “i fornitori di servizi internet non blocchino, discriminino o ostacolino la possibilità per ogni persona di utilizzare o offrire ogni tipo di servizio, contenuto o applicazione che intendano scegliere, indipendentemente dalla fonte o dallo scopo” (ASCA).

Lo stesso concetto è stato rilanciato dal giudizio della Corte di Giustizia in cui – come riassume sempre il Sole 24 Ore – la richiesta di Sabam è stata definita contraria alla libertà di impresa così come definita dall’art.16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione: norma secondo cui a un privato non può essere assegnato l’onere di tutelare la proprietà intellettuale altrui, tra l’altro con un filtraggio basato sul trattamento di dati personali senza previo consenso e per finalità diverse dal servizio sottoscritto dagli utenti, e quindi lesivo di un altro diritto fondamentale  quale la tutela dei dati personali (art. 8 della stessa Carta). Il giudice europeo avrebbe inoltre fatto riferimento all’art. 11 sulla libertà di espressione e di informazione, ma secondo l’analisi dell’avvocato Carlo Blengino apparsa sul quotidiano economico, mancherebbe un più generale riferimento all’art.7, che inserisce tra i diritti fondamentali dell’Unione anche la riservatezza delle comunicazioni. Un rimando che avrebbe potuto assestare un colpo non indifferente alla richiesta, sempre più spesso avanzata ai provider dai detentori di copyright, di porre in atto la cosiddetta deep packet inspection, cioè il controllo dei pacchetti di informazioni che transitano sulla Rete.

Ma questa non sembra l’unica occasione mancata a livello europeo. Sempre alla fine della scorsa settimana è infatti arrivato un pronunciamento con cui i commissari europei hanno per ora escluso la possibilità di includere Internet nella categoria di “servizio universale”, che ivece consente all’istituzione comunitaria di vigilare su altre reti. La scelta, come ha spiegato lo stesso responsabile della per l’Agenda digitale, Neelie Kroes (Key4Biz), è stata determinata dai profondi gap ancora esistenti dal punto di vista della banda e delle condizioni di accesso alla Rete nei diversi Stati membri, circostanza che avrebbe rischiato di determinarel’imposizione di un onere sproporzionato per il settore o un’indebita distorsione del mercato”.

 

Fonte: Sole 24 OreASCA, Key4Biz

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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