Giornate professionali di Sorrento: presentati i dati sul cinema italiano nel 2011 Box Office Italia Cinema Distribuzione Infografiche Produzione by Davide Dellacasa - Novembre 24, 20110 La quota di mercato italiano schizza al 38% ma si accompagna al parallello calo di presenze ai film made in USA. Ne risulta una perdita di pubblico che il presidente dell’Anica suggerisce di combattere con nuovi multisala urbani e un nuovo modello di business. Loading the Elevenlabs Text to Speech AudioNative Player...La quota di mercato del cinema italiano continua a regalare ottime performance: da inizio anno a oggi, i film e le coproduzioni del nostro Paese hanno fatto registrare incassi per quasi 203 milioni e mezzo di incasso e più di 33 milioni di presenze, pari al 38% del totale. Questi i dati salienti dell’andamento del botteghino nel 2011, resi noti alla presentazione della 34° edizione delle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento, in programma dal 28 novembre al primo dicembre, con una coda lunga di eventi che animeranno la città anche dopo il termine ufficiale della kermesse. L’evento sarà come sempre fondamentale occasione di incontro per le varie categorie della filiera cinematografica, con 10 convention e diversi incontri in cui le distribuzioni avranno modo di presentare i listini del prossimo anno e alcuni dei loro titoli di punta. Nove sono le anteprime previste: Il Gatto con gli stivali 3D, a metà dicembre nelle sale con Universal, Le Idi di Marzo (01 Distribution), interpretato e diretto da George Clooney, The Best Exotic Marigold Hotel (20th Century Fox ), A Few Best Man – Tre uomini e una pecora (Lucky Red), Killer Joe (Bolero Film), Henry (Iris Film), Hysteria (Bim), Arthur e la guerra dei due mondi (Moviemax), La chiave di Sarah (Lucky Red). Come sempre, le Giornate di Sorrento sono però anche la sede per confrontarsi rispetto alle criticità che emergono dai dati sul mercato del cinema. L’ultimo anno sembra marcare un traguardo importante per i film del nostro Paese, che in termini di presenze sono cresciuti di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2010. Un aumento a cui però ha corrisposto il pari decremento della quota di mercato del cinema USA, scesa dal 68,68 al 48,3% dei biglietti staccati. Emerge perciò uno scarto da cui non deriva un’espansione del pubblico ma un semplice spostamento, che non è l’obiettivo a cui punta l’industria. “I dati confermano in modo clamoroso che continua la crescita del cinema italiano. Abbiamo la possibilità di raggiungere quel fatidico 40%, con un risultato straordinario, meglio di quello francese e unico al mondo” – ha dichiarato a proposito il presidente dell’Anica, Riccardo Tozzi – “ma si continua a registrare una flessione nelle presenze ai film americani, diminuite di circa 16 milioni, con un saldo negativo di 10 milioni non compensato dalla fetta italiana. Il che ci pone un problema di sistema. Il nostro rapido passaggio dal 10 al 40% del mercato significa che è arrivato un tipo di pubblico nuovo, che conosciamo meno e che non riusciamo a intercettare”. Colpa, secondo Tozzi, non tanto di scelte sbagliate dal punto di vista produttivo ma dello squilibrio che si è venuto a creare nel settore dell’esercizio, orfano di molte piccole strutture di città: “La gran parte degli spettatori è nei centri urbani, dove invece ci sono sempre meno schermi”. I multisala all’interno del tessuto cittadino sono perciò il fronte su cui il presidente dell’Anica ritiene fondamentale avviare un processo di espansione e ammodernamento, in modo da riconquistare pubblico e superare la soglia dei 100 milioni di biglietti intorno a cui continua a navigare il botteghino nonostante le ottime performance dei film italiani: “Occorre un modello nuovo di sala. Non si possono ripopolare i centri urbani con le strutture tradizionali, ci vogliono cinema un po’ più clamorosi. Deve cambiare il modello di business, tenendo in considerazione che gli introiti delle sale sono fatti sì di biglietto ma anche di concession, e se le sale urbane lavorano solo sul biglietto non possono che fallire. Il compito spetta alle strutture, ma anche a Comuni e Regioni che devono dare impulso alla trasformazione”. E se Tozzi continua a proporre il “modello Londra”, con le nuove accessoriate sale di Leicester Square, il rappresentante dei distributori dell’Anica, Filippo Roviglioni, ha ribadito la necessità di eliminare quel gap estivo che riduce la stagione cinematografica a 8 mesi, possibilmente con la programmazione di grandi titoli italiani da aggiungere allo sforzo in questo senso già compiuto dalle major americane. Il presidente dell’Agis, Paolo Protti, da parte sua ha fatto riferimento al quadro politico e citato la lettera di Andrea Carandini al Corriere della Sera sulla necessità di “integrare i beni e la produzione culturale nella strategia del Paese”, nonché a quelle riforme a costo zero che l’Associazione dello spettacolo aveva già presentato al precedente Governo. Angelo Barbagallo, rappresentante dei produttori dell’Anica, ha invece messo in evidenza quello che definisce “il problema delle risorse”: “Nonostante crescano i proventi sala, mancano le risorse per produrre, soprattutto per avere un’offerta ampia, diversificata al suo interno. Il successo del cinema italiano è concentrato su una rosa piccola di titoli, tutte commedie. L’altro cinema ha sofferto molto, con risultati al di sotto delle aspettative. Questo per la trasformazione antropologica del pubblico e la progressiva scomparsa delle sale nei centri storici”, oltre che alla tendenza “di tutti gli altri player del settore a pagare meno del prezzo giusto. C’è anche chi non paga per niente, cioè la pirateria, mentre sull’offerta legale online il Paese sconta un grave ritardo”. Il riferimento è evidentemente alla questione del prelievo di filiera, ma anche a quell’omologazione del gusto che sembra evidenziarsi a latere della vetta del botteghino conquistata dai titoli italiani. Un problema a cui non si è mostrato indifferente nemmeno il nuovo presidente dell’Anec, Lionello Cerri: “Come si modifica il tessuto urbano, così cambia il gusto del pubblico. Noi abbiamo potuto farci un gusto cinematografico diverso, le nuove generazioni vengono da un gusto formato dalla tv e apprezzano un certo modello visivo. L’ educazione all’immagine è perciò fondamentale. Stanno cambiando le strutture, ma anche i pubblici nelle nostre città, divisi tra un cinema commerciale, di azione, di effetti speciali, e uno di sentimento, di parola, d’autore. Queste due audience non si scontrano, anzi sono diverse e probabilmente richiedono servizi diversi. Sta a noi collegarle e far trovare strutture adeguate a ogni tipo di pubblico per farlo crescere”. Forse per la prima volta in un’occasione ufficiale, è stato perciò riconosciuto quanto il successo del cinema italiano al botteghino dipenda dalla tv, ma, afferma Barbagallo, “questo non è un difetto assoluto, lo diventerebbe se si finisse per produrre solo quel tipo di film”. Secondo Tozzi, inoltre, ormai tutta la produzione culturale, perfino quella letteraria, passa per la televisione: “Anche in Francia, se andiamo nei multisala del centro, su 10 film 8 sono commedie. L’Italia da questo punto di vista si sta normalizzando. Certo se ci fermassimo solo a quello, non si potrebbe più parlare di normalizzazione. Ma ora, probabilmente, stiamo assistendo a uno smottamento del pubblico della fiction che non vuole prodotti di ricerca ma di riconoscimento, vuole cioè ritrovare i casi della sua vita, trattati in modo semplice, gratificante e divertente. Questo è un pezzo di cinema decisivo ovunque e non c’è motivo che non lo sia anche qui da noi. La questione non è né morale né culturale, ma solo materiale, cioè fare i multisala nei centri urbani“. Per quanto riguarda invece la questione Siae-trailer sui siti internet, Roviglioni rimanda a Sorrento, dove probabilmente verrà presentato “un tentativo di conciliazione, elaborato da Anica e Società degli autori ed editori, che possa rispettare il diritto d’autore e un corrispettivo congruo senza bloccare il meccanismo promozionale dei trailer”.