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La Disney e la cultura woke

Sempre più articoli accusano la Disney di fare film fallimentari perché influenzati dalla cultura woke. Ma cosa c’è di vero? Ben poco…

Era da tempo che volevo affrontare la questione “cinema e woke”, che ultimamente sta diventando “Disney e woke”, che peraltro viene associata a una presunta ‘crisi‘ della società, quando ci sono semplicemente dei titoli che non hanno funzionato, cosa che capita ciclicamente per tutti.

Premessa: che la Disney sia ormai sotto i riflettori e sempre al centro di polemiche ‘politiche’, è indubbio. Basti vedere cosa succede se decine di aziende di ogni campo tolgono pubblicità a X. Con chi se la prende pubblicamente Elon Musk? Con la Disney, ovvio, diventata ormai un bersaglio facile e a cui si accoda una determinata parte politica.

Che a livello di comunicazione ci sia un problema, se ne è accorto anche Bob Iger, che ha recentemente dichiarato “gli autori hanno perso di vista quello che dovrebbe essere il loro obiettivo principale, ossia per prima cosa intrattenere, non di veicolare dei messaggi. Mi piace intrattenere e se si riesce a trasmettere anche dei messaggi positivi e avere un impatto nel mondo, è fantastico. Ma non dovrebbe essere questo l’obiettivo. Quando ho ripreso il posto di CEO, ho cercato di tornare alle nostre radici”. Va detto che, in realtà, non ha neanche aiutato la chiara presa di posizione di Iger (quando non era CEO Disney) contro il provvedimento “Don’t Say Gay” in Florida.

In ogni caso, penso che ormai, soprattutto in Italia, si parli a sproposito di film e woke, di solito per lamentare il fatto che non si possa più raccontare delle storie senza essere ‘vittime’ di questa ‘ideologia’, che peraltro spesso viene confusa con un discorso di inclusività. Di articoli sull’argomento (francamente, molto simili) ne sono usciti tanti, ma in questi giorni era difficile non notare questo pezzo su Linkiesta firmato Riccardo Manzotti.

Lasciando perdere un refuso di poco interesse (che società è “la GeorgeLucas”?), andiamo al sodo, con alcuni estratti di cui vorrei discutere:

Partiamo dall’ultimo caso eclatante, il film “The Marvels”, che è stato uno dei più grossi fallimenti della casa del topo”.

Anche se non è “costato oltre trecento milioni di dollari” come dice l’autore (le stime più alte non vanno oltre i 270M, che comunque è una cifra molto alta), che The Marvels sia un flop è innegabile. E il precedente Captain Marvel? Ha fatto più di un miliardo di dollari perché era woke? O è woke solo il film che fallisce?

La Marvel ha costruito un modello mediatico che, a partire del primo “Iron Man” nel 2008 è stato una garanzia di successo. La formula era semplice: portare gli eroi classici dei fumetti della Marvel in un universo cinematico […] Tutto è andato bene fino a quando Disney ha iniziato a mescolare alle sue storie l’ideologia in voga oggi in California, una ideologia che mescola il femminismo di terza generazione con la cosiddetta cultura woke: una visione della società secondo cui le figure femminili sarebbero ingiustamente messe in secondo piano e asservite a una visione del mondo maschile. La Disney, desiderosa di assecondare questa cultura, si è così mossa cercando di correggere la rotta e di dare maggiore spazio a personaggi femminili al posto di quelli maschili.

Qui sembra che ci sia, tra le altre cose, una Marvel iniziale e una Marvel post acquisizione Disney. Ma chi ha letto MCU: The Reign of Marvel Studios, sa che i dirigenti della Marvel (ancora autonoma) lottavano contro i loro capi (che facevano affermazioni come “i neri hanno tutti lo stesso aspetto”, per tranquillizzare sul cambio tra Terrence Howard e Don Cheadle tra un Iron Man e l’altro) per non avere solo protagonisti bianchi dei loro film. Quindi? Kevin Feige era già woke prima che arrivasse la Disney a comprare la Marvel? E da questa ideologia ha creato la saga di maggiore successo della storia del cinema?

In ogni caso, degli ultimi dieci film della Marvel, quelli incentrati sulle donne sono solo tre: Black Widow (con una star come Scarlett Johansson), Black Panther: Wakanda Forever (scelta dovuta ovviamente anche alla morte di Chadwick Boseman) e The Marvels (come detto, sequel di una fortunata pellicola con protagonista femminile, che aveva conquistato più di un miliardo). I prossimi film della Marvel saranno Deadpool 3 (due protagonisti maschi), il nuovo Captain America (non mi risulta sia diventata una donna) e Fantastic Four (anche qui, se non ci sono cambiamenti radicali, tre uomini e una donna). Tutta questa predominanza femminile non la vedo…

Un’altra cosa è modificare trame che avevano già una loro logica e tradizione per riscriverle e modificarle secondo una visione del mondo imposta a forza.

Qui trovo che il problema sia pensare che una versione di una fiaba (che peraltro nelle loro versioni originali possono essere molto crude e sanguinolente) o di un fumetto sia il ‘canone’ da rispettare, neanche fosse la Bibbia. Ma se devi farlo uguale, senza dare un punto di vista diverso, non fai prima a riproporre la versione originale? In tutto questo, quante versioni alternative abbiamo avuto dell’Universo Marvel, con lo stesso personaggio descritto in maniera molto differente? E la fortunatissima saga (per incassi e accoglienza del pubblico) dello Spider-Man animato, che è il trionfo della varietà degli spider-Men/women, un inno all’inclusività (senza essere minimamente pedante), perché non viene citata? Perché è tutt’altro che un flop? Così come sarebbe interessante sapere cosa sarebbe successo se Barbie e/o C’è ancora domani fossero stati dei disastri economici. Probabilmente, per qualcuno avrebbero dimostrato che il pubblico rifiuta l’ideologia woke (peccato che ormai si dia dello woke a tutto e il contrario di tutto, basta che metta in discussione la società predominante che vediamo nella storia del film).

Improvvisamente, con grande sgomento dei fan tradizionali della saga di Star Wars, i vecchi personaggi, colpevoli di essere maschi e bianchi, sono stati poco cerimoniosamente eliminati (Ian Solo ucciso da suo figlio, Luke Skywalker prima umiliato in una serie di scene patetiche e poi eliminato senza una reale catarsi) per mettere al centro delle vicende una ennesima figura femminile forte, Rey, che, senza un reale percorso narrativo, è imposta come eroina. Guardiamo al box office. Questa scelta di imporre figure femminili in sostituzione di ruoli maschili ha pagato? Si direbbe proprio di no: i proventi si sono dimezzati nel giro di tre pellicole (la prima aveva raccolto due miliardi e l’ultima poco più di uno)

Per prima cosa, l’idea che i personaggi storici siano stati uccisi perché maschi e bianchi non so proprio da dove venga fuori. Piuttosto, è normale invece che si punti su giovani, visto che Harrison Ford e Mark Hamill non sono eterni (e soprattutto Ford non viene a lavorare per due spicci). Il passaggio dall’incasso di 2 miliardi del primo ai quasi 1,1 miliardi del terzo è dovuto all’insoddisfazione verso la protagonista femminile? Sarà. Magari, semplicemente, le storie sono peggiorate (e ovviamente il primo capitolo aveva il vantaggio non solo di riavviare la saga, ma di farlo con personaggi notissimi)…

In modo analogo gli spin off centrati su figure femminili (“Ahsoka”) non sono stati ben accolti dal pubblico e anche altre produzioni collegate hanno avuto un riscontro sempre minore (“The Mandalorian”, “The book of BobaFett”).

Falso. I dati Nielsen in America dicono chiaramente che The Mandalorian è la serie di maggiore successo su Disney+, non solo rispetto ad altri prodotti di Star Wars, ma anche nei confronti di quelli Marvel. Su Ahsoka che non è stato “bene accolto”: qual è la fonte che decide cosa viene ‘bene accolto’? Come ascolti, è stata in linea con altre serie di Star Wars come Andor o Obi-Wan Kenobi. Su Rotten Tomatoes, ha l’86% di pareri positivi, meglio di prodotti ‘maschili’ come Obi-Wan Kenobi (82%) e The Book of Boba Fett (66%).

l’ultima pellicola dedicata all’ormai ottantenne Indiana Jones, ovvero “Indiana Jones and the dial of destiny”. Anche in questo caso, non differentemente dagli eroi di guerre stellari, il coraggioso e anticonvenzionale archeologo è stato umiliato e messo da parte da un nuovo personaggio femminile, Helena Shaw interpretata da Phoebe Mary Waller-Bridge, che ne mostra limiti e difetti e, alla fine, lo congeda in un pensionamento forzato dove dovrà riparare alle sue mancanze coniugali

Qui vedasi quanto detto sopra su Harrison Ford che non è immortale e non viene a due spicci. O lo vogliamo vedere nei panni di Indiana Jones anche a 100 anni di età?

L’elenco potrebbe essere molto lungo – “She-Hulk: Attorney at Law”, “Wanda Vision”, “Black Widow”, “Black Panther: Wakanda Forever”, “Star Trek: Picard”, “Ghostbuster 2016″, “WonderWoman 1984” – dove si ripete lo stesso schema revisionistico: si prendono storie che avevano avuto al loro centro personaggi maschili (e tendenzialmente bianchi) e vengono riscritte sostituendo poco cerimoniosamente questi personaggi con personaggi considerati più inclusivi (spesso l’inversione è di genere con un personaggio femminile, altre volte è etnico come nel caso de “La Sirenetta”, oppure è di orientamento sessuale). Un caso emblematico è stata la costosissima serie di Amazon ispirata al signore degli anelli “The Rings of Power” centrata su una figura femminile, l’elfa Galadriel interpretata da Morfydd Clark, che è stata un ennesimo immancabile fallimento mediatico.

Qui rimango basito. Non capisco quale sarebbe lo “schema revisionistico” in She-Hulk, Wanda Vision, Black Widow (a proposito: la polemica con Scarlett Johansson sul suo compenso non era proprio stata considerata ‘femminista’, anzi) o nel gruppo di guerriere dell’ultimo Black Panther (questo un caso particolare, come già detto sopra). Sono personaggi femminili che esistevano già nei fumetti, qual è la ‘revisione’? Altra cosa che mi lascia perplesso, sono esempi di flop? Direi di no, almeno non tutti. Intanto, Wandavision è la seconda serie Marvel per ascolti su Disney+ (dietro solo a Loki), Wakanda Forever ha ottenuto 859 milioni di dollari, più dei tre film Marvel di quest’anno (due dei quali incentrati su protagonisti maschi), la saga di Wonder Woman (anche qui, cosa c’è di revisionistico?) era partita fortissima con il primo episodio, che aveva incassato più di 800 milioni, il secondo (brutto) è uscito in contemporanea sale/piattaforma durante la pandemia (impossibile da giudicare, quindi). Oh, per la cronaca: ricordo che il cambio di sesso rispetto ai personaggi originali, per esempio, lo faceva anche Howard Hawks quando adattava The Front Page ne La signora del venerdì. Evidentemente, Howard Hawks ha inventato l’ideologia woke nel 1940…

Sul Signore degli Anelli, non ho sentito molta gente lamentarsi per la centralità di Galadriel (personaggio amatissimo), ma decisamente di più per le doti di due showrunner che non avevano fino a quel momento nessun credit, non solo come showrunner, ma neanche come sceneggiatori! Per la cronaca, si tratta di due maschi bianchi, ci si chiede se il budget più alto della storia dell’audiovisivo sarebbe stato affidato a una donna di colore con quella ‘esperienza’. Ed è buffo che adesso anche Amazon sia diventata woke: fino a ieri le polemiche erano per i protagonisti esclusivamente maschili di tante serie action, alcune delle quali peraltro ottengono buoni risultati. Lo dico senza problemi, io non devo dimostrare nessuna tesi e Amazon fa bene a farle, le serie con uomini protagonisti non sono il Male.

Qui è evidente come nell’articolo ci sia una scelta metodologica discutibile, ossia prendere dei titoli che non hanno funzionato (ma anche di dire che non hanno funzionato, a prescindere se sia vero o meno) e stabilire che il problema è l’ideologia woke dietro, non semplicemente storie scritte male e che non hanno trovato il favore del pubblico. Ma nessuno dice che un film con una protagonista femminile e/o non caucasica debba per forza funzionare. La maggior parte dei film non funziona. E quindi?

A fare cherry picking, potrei dire che Wakanda Forever ha incassato 859M, quindi quasi il doppio dell’ultimo Ant-Man (476M). Ne devo dedurre che le guerriere donne interessano il pubblico molto di più di un protagonista uomo e quindi sostenere “basta con i film Marvel con protagonisti uomini”? Ovviamente no, sarebbe stupido.

Ancora, La sirenetta avrebbe subito dei danni dalla scelta dell’attrice protagonista? Qui la mia risposta potrebbe sorprendere: sì e no. Chiaramente, è andato meglio in America che nel resto del mondo (almeno, rispetto alle proporzioni ‘abituali’ per questi prodotti), mentre senza dubbio ha subito danni in alcuni Paesi asiatici, in cui una fascia di popolazione aveva evidentemente un problema con il colore della pelle dell’attrice. Mi chiedo: vogliamo veramente favorire questi atteggiamenti pensando “devo prendere sempre un’attrice caucasica, altrimenti potrei avere delle conseguenze in alcuni territori”? E’ questo messaggio che vogliamo diffondere?

In ogni caso, La sirenetta con i suoi 569M nel mondo farà decisamente di più di tanti prodotti di animazione con budget simili, in particolare degli ultimi Wish e Strange World. Dobbiamo dedurne che il problema della Disney è l’animazione in sé e bloccare la lavorazione dei prossimi due Frozen? Non sarebbe una grande idea.

A questo punto, potremmo chiederci come mai queste case cinematografiche insistono su una formula che sembra far perdere loro il pubblico tradizionale e non gli fa guadagnare nuovo pubblico? Possiamo identificare alcuni fattori ricorrenti. Il primo è la sensazione che le società coinvolte si sentano depositarie di una visione del mondo superiore a quella del loro pubblico.

Qui sostanzialmente si dice che queste società quotate in Borsa non pensano al profitto, ma all’ideologia… Ma forse non si capisce che per aziende che vogliono avere successo nel mondo, parlare principalmente di protagonisti maschi bianchi over 50 (come fa buona parte del cinema italiano) non può essere una garanzia di successo, anzi. Se, per dire, il cast di Fast & Furious è diventato sempre più multietnico nel corso degli episodi, è perché Vin Diesel è woke o perché lui e i produttori hanno visto l’importanza dei Mercati cinematografici asiatici? E pensate che la Ms. Marvel apparsa su Disney+ sia un atto di sudditanza verso i musulmani indiani, ricordatevi che la Disney ha (ancora per poco) Star, una serie di importanti canali indiani. Queste scelte (più commerciali che ideologiche, di solito) hanno sempre successo? No, of course e Ms. Marvel è la serie Marvel con i minori ascolti su Disney+ (a occhio direi anche la meno costosa, ma in ogni caso è andata male). Come non hanno sempre successo film con supereroi bianchi…

Per finire, non posso non notare, nell’archivio degli articoli di Riccardo Manzotti, oltre a una serie di pezzi sulla AI, altri con titoli decisamente chiari: “Il licenziamento di Gina Carano dalla Disney è il segno di un’epoca che vuole cancellare sé stessa” o “La fastidiosa ingerenza della cultura woke nei film e nelle serie tv”.

A conferma che in Italia, più che una dittatura della cultura woke, per cui non si potrebbe dire più nulla (come sostiene qualcuno), c’è un’enorme proliferazione della cultura antiwoke (tema evidentemente fondamentale per la sorte del nostro Paese), che dà un sacco di lavoro ai giornalisti ed è sempre molto richiesta dai direttori…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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