Da(i) Margini ai David di Donatello Interviste by Robert Bernocchi - Aprile 20, 20230 Margini, è stato presentato alla Settimana della Critica di Venezia ed è poi diventato una delle rivelazioni del cinema indipendente italiano nel 2022. Ne parliamo con il produttore di Dispàrte Luigi Chimienti… Questo film è stato candidato nella categoria registi esordienti e per la miglior canzone. Secondo te, cosa ha spinto i giurati a questo riconoscimento, che è importante per un piccolo film indipendente… Chiaramente siamo molto felici delle candidature. Per quanto riguarda la canzone originale, è una candidatura importante non solo per la canzone in sé, ma chiaramente per tutta l’operazione, per come parla della sottocultura punk, quindi è da dividere con tutti i partecipanti, a cominciare dalle band che ci hanno creduto già dalla fase di sviluppo, visto che quando i ragazzi scrivevano la loro sceneggiatura, chiaramente erano già presenti dei pezzi. Quindi, quello che abbiamo fatto già molto prima delle riprese è stato contattare tutte le band e parlare con loro non solo dei compensi, ma proprio dell’operazione che stavamo facendo e per questo bisogna ringraziare il lavoro di Alessandro Pieravanti de Il Muro del Canto. La cultura punk è molto comunitaria, crede nel fare gruppo e quindi per noi era fondamentale realizzare un film che non fosse solo un’operazione commerciale, ma qualcosa che andasse anche a valorizzare una cultura così specifica. Chi conosce quell’ambiente lo vive e ne vuole portare il meglio all’esterno, senza renderlo un prodotto falso. La candidatura va anche a valorizzare tutto il mondo musicale. L’altro aspetto che ci fa molto piacere è che gli autori della canzone originale, “La Palude”, siano i PEGS, ovvero il gruppo punk che Niccolò e Francesco, autori del film, hanno dal liceo con Giacomo Pieri e Alessio Ricciotti, e chiaramente un po’ ha ispirato la storia del film, ed è quindi anche un riconoscimento generazionale. In effetti, questo gruppo liceale che faceva le prove in sale sgangherate, un po’ come raccontiamo nel film, ora arriva a ottenere il riconoscimento più importante del cinema italiano e quindi è una bella storia, che riprende anche il concetto del film. Chiaramente siamo molto contenti anche della candidatura per l’esordio della regia. Per chi debutta, questo è sempre l’obiettivo che si vorrebbe raggiungere, ci siamo riusciti l’anno scorso con Maternal, e siamo contenti di averlo fatto anche quest’anno con Margini. In generale, penso che quello che ha colpito i giurati dei David sia questa freschezza, che magari è un termine un po’ abusato, ma in questo caso ritengo il più adatto. Abbiamo descritto una generazione che magari non viene molto raccontata e della provincia italiana, motivi per cui abbiamo sempre creduto nel film. Inoltre, quell’energia messa da tutti quelli che hanno lavorato al film, sia durante lo sviluppo così come durante le riprese, è un’energia molto genuina e dirompente, tipica della musica punk. Si vede che è un film con un budget misurato, ma mi sembra che l’avete utilizzato molto bene. Ci racconti cosa avete fatto per riuscire a tirar fuori il meglio da questo budget? E’ stato un film che ha avuto una lunga gestazione e che ha affrontato una serie di imprevisti, non ultima la pandemia. Noi avevamo chiuso il budget prima dell’inizio della pandemia e volevamo girare nell’estate del 2020, ma poi abbiamo dovuto farlo l’anno dopo, perché altrimenti i costi sarebbero aumentati. Il nostro segreto è stata una lunga preparazione molto oculata, concentrandoci su tutti gli aspetti del film, intanto la musica e le band coinvolte, facendo un accurato location scouting sul territorio, studiando tutto con le maestranze e il cast. Le opere prime chiaramente non hanno dei budget notevoli, quindi secondo me il segreto è sempre fare uno sviluppo che abbia un senso. Noi abbiamo lavorato molto anche con il territorio e questo ci ha consentito un di avere un po’ più di possibilità. Noi svolgiamo un lavoro editoriale importante con gli autori e dall’altra parte gli autori fanno un lavoro sul budget con noi. Crediamo che sia importante che il regista e gli autori abbiano coscienza di come vengano spesi i soldi, perché loro hanno un’idea di come verrà girato il film e sanno su cosa vogliono puntare, quindi si può mettere su insieme il film con un piano di lavorazione che abbia un senso. Alla fine, i soldi che mettiamo su un film è importante che si vedano sullo schermo e sia chiaro il lavoro svolto, altrimenti non ha senso. Il film ha ottenuto anche un buon risultato, considerando che è una pellicola indipendente italiana e che ha incassato più di 200.000 euro. Credo che sia stato fondamentale un lavoro di promozione anche rivolto, come dicevi tu prima, a quella comunità punk che ovviamente è molto interessata… L’aspetto promozionale è sempre stato un altro elemento a cui noi prestiamo grande attenzione durante lo sviluppo e in particolare lo abbiamo fatto per questo film, che è un progetto che si presta a una serie di azioni che vanno oltre la promozione classica. C’è sempre stata l’intenzione di sviluppare una certa transmedialità sul progetto e quindi di non pensare solo al film, ma anche a tutto quello che c’era attorno, in particolare la musica. In questo senso, anche il coinvolgimento di Zerocalcare è stato naturale, perché come Niccolò e Francesco anche lui viene dal mondo punk, e come raccontiamo nel film lui disegnava veramente le locandine le copertine per i gruppi punk e si muoveva nel mondo dei centri sociali. Gli autori, prima che diventasse famoso, lo avevano contattato chiedendogli di fare una copertina del loro album. All’epoca però Zerocalcare giustamente cominciava a chiedere un minimo di rimborso, ma per un piccolo gruppo anche quella cifra ridotta non era sostenibile e quindi l’opportunità è saltata. Ora magari si mangiano le mani, però abbiamo recuperato con la locandina del film. Insomma, c’era già questo legame che li univa e quindi riprendere quel discorso è stato abbastanza semplice, perché quando noi abbiamo spiegato il film Zerocalcare l’ha capito e lo ha sposato subito, poi da lì ci siamo mossi sulle band e su tutto il resto. Per noi il lavoro sullo spettatore era fondamentale e devo dire che in questo abbiamo avuto la fortuna di incontrare Fandango che ci ha dato un supporto fantastico da subito, perché si è fidata delle idee che volevamo utilizzare. Tra queste idee c’era anche portare il film nei luoghi che raccontiamo nella storia, come i centri sociali. Quello che ci ha sempre mosso nella nostra idea di comunicazione del film era pensare intanto al nostro target primario e ottenere il loro riconoscimento e poi da lì muoversi verso un pubblico sempre più ampio sfruttando l’elemento generazionale. Insomma, per noi era importante che il mondo punk riconoscesse il film. Se non ci fossimo riusciti, Margini sarebbe stato rifiutato e quindi a cascata sarebbe stato più difficile portare avanti un discorso onesto. Per esempio, i concerti durante l’uscita del film rientravano proprio in quest’idea, così come coinvolgere altri illustratori con il progetto delle cartoline della Provincia curato da Zerocalcare, le magliette e la colonna sonora su CD. Abbiamo anche deciso che i ricavi delle vendite del CD sarebbe andato al Gruppo Lebowski, una squadra di calcio che appartiene ai tifosi e che è vicina al mondo di Margini. Insomma, tutte le persone che sono state coinvolte hanno partecipato perché aveva senso farlo. E alla fine i numeri ci hanno premiato, considerando che è un’opera senza cast famoso e che gli incassi al cinema non sono quelli di una volta. Così abbiamo visto che il pubblico in sala nelle proiezioni in cui eravamo presenti era abbastanza trasversale, con tanti target diversi. Ci ha fatto molto piacere vedere anche un pubblico più anziano accanto ai punk che erano lì per la musica. Mi ricordo, durante un dibattito, una signora anziana che chi ha detto di aver amato molto il film, ma era un peccato la musica rumorosa. Insomma, il film parla a più generazioni. Infine, penso che ognuno di noi crescendo in provincia trovi delle vie di fuga, la vita ci sembra ferma quando sei in un liceo e magari scalpiti per andare nelle grandi città. Ognuno di noi ha trovato crescendo delle vie di fuga diverse e questo chiaramente rende il film più universale. In generale, cosa cercate nelle storie che producete? C’è qualche elemento comune o semplicemente vi fate catturare dalla storia? Noi partiamo dalla storia, che chiaramente ci deve piacere, ma non abbiamo una linea editoriale strettamente definita. Ci piace farci sorprendere dalle storie e dalle persone. Per realizzare un film ci vogliono tanti anni e per noi è importante investire questi anni in progetti in cui crediamo, con delle persone con cui sviluppare un’idea anche di cinema. Se invece non ci interessa la storia o non abbiamo un buon feeling con gli autori, per noi non ha senso lavorare allo sviluppo, anche se fosse la storia più bella del mondo. Noi apportiamo qualcosa al progetto e con gli autori è uno scambio continuo. Chiaramente Maternal e Margini possono sembrare dei film diversi, però in realtà entrambi hanno una forte componente umana, un’idea molto precisa di cinema che vogliono raccontare e anche dei target molto precisi. E soprattutto sono delle storie che noi vorremmo vedere al cinema, per cui facciamo di tutto per realizzarle e poi difenderle. Chiaramente stiamo già lavorando sul nuovo film di Niccolò e Francesco, sempre con i Manetti bros e Mompracem. Loro sono già in scrittura e speriamo di poter girare presto. Poi abbiamo l’esordio di Giulio Mastromauro, David di Donatello 2020 per il miglior cortometraggio; l’opera prima di finzione di Mo Scarpelli, regista italo-americana, che sarà ambientato in Kenya; e le imminenti riprese di nuovo film in Argentina come produzione minoritaria. Poi, due film in Cile, uno come maggioritari e uno come minoritari. Quello maggioritario è un film ambientato tra Italia e Cile negli anni ‘70, che contiamo di girare l’anno prossimo, del regista cileno Sergio Castro San Martin, scritto con Simona Nobile come sceneggiatrice italiana, basato su una storia vera. Di prossima uscita, infine, Windless, una coproduzione minoritaria con la Bulgaria. Insomma, progetti in Italia, Kenya, Bulgaria, Argentina e Cile, in cui forse l’elemento umano di tutti questi film è quello che li accomuna.