You are here
Home > Analisi > La bolla delle serie sta per scoppiare?

La bolla delle serie sta per scoppiare?

Nel mondo, si producono sempre più serie. Ma è una tendenza consolidata o solo dovuta al momento storico? Di sicuro, è meglio non abituarci a questi numeri…

Avevamo già utilizzato le analisi di Entertainment Strategy Guy per confrontare Avengers: Endgame e Red Notice. E lo facciamo anche oggi, per analizzare la situazione dell’enorme numero di serie che vengono prodotte nel mondo (qui l’articolo di riferimento, anche in questa caso per leggerlo tutto dovete abbonarvi), chiedendoci se questo boom è da considerarsi duraturo o se invece è destinato a tornare a livelli più bassi. Partiamo da questa infografica:

E qui stiamo parlando solo di serie americane, che poi nel mondo devono competere con migliaia di serie locali (e l’esempio di Netflix dimostra che le serie locali – in particolare quelle coreane o spagnole – non hanno problemi a battere la concorrenza statunitense, almeno nel mondo, se non negli Stati Uniti stessi).

Possibile che nel 2009, quando la tv via cavo era ancora fortissima e portava profitti che probabilmente lo streaming non porterà mai, si producevano ‘solo’ 210 serie americane e ora se ne producono… 559??? E non è che che il costo medio sia diminuito, anzi è il contrario, le serie generalmente sono diventate più costose! Netflix sicuramente si concentrerà su fare meno serie americane, preferendo produrle all’estero, dove in generale costano meno (magari anche… molto meno). Intanto, come cita l’autore, già nel 2021 Netflix ha realizzato nove film in meno del 2020.

Ma le serie hanno realmente successo? Intanto, c’è da dire che sicuramente non è così per le serie che vanno in onda sulla tv lineare e che ovviamente da tempo risentono di grossi cali, dovuti alla frammentazione del pubblico tra tante realtà diverse (per i più giovani, non necessariamente collegate alla televisione tradizionale).

Per quanto riguarda i servizi streaming, anche nei casi migliori, di cosa parliamo? Anche qui, di enorme frammentazione. Prendiamo una serie di buon successo come Sweet Magnolias, che ha fatto 149M nei suoi primi 28 giorni, circa un’audience di 18 milioni di abbonamenti medi al minuto. E’ un buon dato ovviamente, dovuto anche all’ampio numero di abbonati di Netflix nel mondo. Ma se consideriamo gli ascolti (in primo passaggio lineare, senza considerare le repliche sugli stessi canali, su quelli tematici e sulle piattaforme) della prima stagione di Doc – nelle tue mani in Italia e in Francia, complessivamente non ci siamo lontani, anzi siamo a più del 50% (da notare: due Paesi europei con complessivamente poco più di 120 milioni di persone, contro i 190 Paesi in cui è disponibile Netflix nel mondo). Per carità, stiamo parlando di televisioni pubbliche e gratuite (o almeno, percepite come tali), visibili da tutti, contro un servizio in abbonamento riservato solo a chi paga, quindi confronto discutibile. Ma questo solo per dire che l’impressione che tutte le persone stiano sempre vedendo i contenuti di una piattaforma (e che tutti siano abbonati alle piattaforme, magari 3 o 4 di esse), è completamente falsa.

L’equivoco che si è creato (soprattutto in tanti analisti pigri) è pensare che, se vengono realizzate tante serie, è perché il pubblico vuole tante serie. Ma è semplicemente il modo in cui i servizi streaming pensano (a torto o a ragione) di battere la concorrenza, inondandola di prodotto, con investimenti enormi e attualmente in perdita (in effetti, si guadagna ancora di più con la pay Tv, anche se ovviamente è un modello che è destinato probabilmente a passare sullo streaming, che però rischia di non generare la stessa quantità di denaro). Allo stesso modo in cui questo modello di business non è sostenibile da tutte queste aziende, non lo è neanche dar vita a un numero enorme di prodotti audiovisivi (che anche gli addetti ai lavori faticano a seguire, figuriamoci chi li vede solo nel tempo libero).

Questo significa che la bolla scoppierà in maniera fragorosa? No, non credo. Certo, potrebbe partire da Wall Street, se capitassero altri periodi in cui alcuni servizi streaming vedono il loro valore di borsa crollare contemporaneamente (è capitato di recente con Netflix, Paramount e altre realtà simili).

Ma è più probabile che il calo sarà graduale. Alcune realtà usciranno da questa competizione forsennata e, anche se questo non significa necessariamente chiudere le loro piattaforme, porterà a una forte riduzione di prodotto. E ci saranno magari delle fusioni, che tra le tante riduzioni dei costi, vedranno anche un calo della produzione (è uno scenario che potrebbe non essere fuori luogo per il futuro di DiscoWarner, per esempio). Ovviamente, le aziende non lo faranno tutte e nello stesso momento, ed è per questo che sostengo che non ci sarà un’esplosione di questa bolla, quanto meglio un costante sgonfiamento, magari cominciando tra un anno o due (ovviamente le conseguenze si vedranno più tardi, perché tra decidere di limitare gli investimenti e arrivare al momento in cui arrivano in onda meno serie, possono passare anche degli anni).

Le conseguenze avranno quindi un impatto su tutta l’industria, non solo sulle case di produzione e le relative troupe impegnate nelle riprese (così come nelle società che si occupano della postproduzione), ma anche su tutto quello che circonda questo mondo (agenti, uffici stampa, agenzie di pubblicità, ecc.). Insomma, io consiglierei di non abituarci a questi livelli di produzione enormi. Poi, magari, mi sbaglio io e ne saremo tutti contenti…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
Top
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI