Buona Domenica e buona Epifania a tutti. Con questa ultima giornata di festa che cade purtroppo di domenica, senza offrire un altro giorno festivo per andare al cinema, si chiude in tutti i sensi possibili la stagione 2018. Da domani potremo integrare il nostro bilancio della stagione anche con l’aggiornamento dell’analisi su come sono andate queste feste e, buttato il cuore oltre il Natale 2018 (anche se con film che potrebbero dare ancora molto), guardare al 2019, un anno che anche solo per lo sforzo di programmazione estiva pianificato porta sulle sue spalle il peso di dover essere a tutti i costi un giro di boa per il cinema in Italia (non dico italiano perché quello è un altro discorso come vedremo più avanti).
Fa riferimento tra l’altro al nostro articolo anche l’Hollywood Reporter che mettendoli in fila cita la pirateria, le scarse uscite estive, Netflix, la mancanza di un film di Zalone, e le nostre spiagge come causa del pessimo risultato, ignorando il tema del cinema italiano e concentrandosi invece sulle promesse dell’estate 2019 e sull’azione del ministero per dare maggior speranza sul futuro.
Sul tema dell’andamento del cinema italiano chi sembra aver visto un altro film è Marco Giusti il cui articolo su Dagospia elenca tutti i motivi della crisi ma punta poi il dito in modo aggressivo sulla produzione nostrana:
Ma mettiamoci anche che i soldi che mancano vengono dal disamore totale che il pubblico italiano ha per i nostri film. Perché? Perché in generale sono mal scritti, mal diretti, sciatti e, cosa peggiore di tutte, spesso fotocopia di film che abbiamo già visto troppe volte. Non si tratta solo di essere remake o remake di remake, il brutto è che sembrano cose che conosciamo e che vogliamo evitare. Non sono né glamour, né popolari nel senso buono del termine. Il pubblico non ci casca.
La colpa è di tutti, ma soprattutto dei produttori. Lo sanno già se un film non serve a niente, se non produce interesse. E un film sbagliato brucia attori di nome e contamina i film che verranno dopo. Esclusi quelli di Checco Zalone e di pochissimi altri, il pubblico preferisce qualsiasi altra cosa a un film italiano. I dati parlano chiaro. Non crollano i film americani da noi, crollano i nostri film, che da settembre a oggi non sono mai entrati o quasi tra i primi cinque incassi del weekend.
All’affondo di Giusti ma in realtà più in generale ai commenti sui pessimi risultati dell’anno le associazioni di categoria (ANICA, ANEC, ANEM, FICE e ACEC) hanno risposto prontamente con un comunicato subito ripreso anche da Dagospia e puntando sul fatto non solo che i dati non sono quelli integrali e definitivi, aspettiamo i dati SIAE della settimana prossima perché ci sono segnali positivi (anche noi ci siamo basati sul dato Cinetel per la nostra analisi) e comunque siamo in compagnia con il calo di altri mercati come Francia (che resta comunque il paese europeo con maggiori admission), Spagna e Germania ma soprattutto che il cinema italiano, produzioni e co-produzioni, in realtà è andato meglio dell’anno scorso, anche sotto il profilo qualitativo. Il comunicato non si fa mancare poi una frecciatina a Netflix, Amazon & Co. sulla poca trasparenza: “Ben venga l’offerta sulle Piattaforme Web. Se però, ad esempio, Netflix, Amazon etc non pubblicano i loro dati, questo non è sano. Non si conosce il numero dei loro abbonati in Italia. Non si conosce il numero di visualizzazioni di un prodotto cinematografico e audiovisuale. È tempo che le regole della trasparenza valgano per tutti.”
In sintesi non credo che debba essere fonte di soddisfazione sapere che c’è stato un calo anche in altri mercati europei, il cinema italiano è andato bene ma non certo benissimo anche rispetto ad anni in cui Zalone non c’era e, infine, non credo che sarà di grande consolazione sapere che dai dati SIAE abbiamo venduto qualche biglietto in più quando dai dati Cinetel ben 7 mesi su 12 (e non solo quelli estivi) sono andati peggio del 2017.
It no longer appears that the major studios are on a crash course with Netflix and Amazon in the theatrical marketplace.
The battleground in 2019 will be for household streaming dollars as Disney and WarnerMedia enter the market with their own services to challenge Netflix’s SVOD supremacy.
Per quanto sia d’accordo di massima con questa interpretazione continuo a pensare e sperare che le sale finiscano non solo col conservare il loro ruolo determinate nei modelli di ritorno sull’investimento della produzione audiovisiva, ma soprattutto che possano giocare un ruolo anche come “schermo” all’interno di una esperienza distributiva personalizzata e digitale.
Concludo con due accenni a notizie meno o più interessanti e pertinenti che hanno tenuto banco durante i primi giorni lavorativi di questa settimana. Si è parlato molto della conferenza stampa di presentazione del palinsesto di Rai 2 di Carlo Freccero ma non penso che si tratti di informazioni molto rilevanti per il futuro del nostro audiovisivo, mentre assai più interessanti sono gli spunti che si possono trarre dall’articolo di Giammaria Tammaro su La Stampa con tanto di prime considerazioni di Andrea Scrosati nel suo nuovo ruolo in Freemantle. Se si può essere d’accordo su parte delle considerazioni sul cinema italiano di Giusti, pur dovendo ammettere che il pubblico non sembra disdegnare film “mal scritti, mal diretti,” e sciatti, non si può certo negare che la produzione italiana non abbia saputo realizzare produzioni seriali, e anche qualche lungometraggio, in linea con le migliori produzioni internazionali e anche su questo il 2019 ha delle grandi promesse da mantenere.