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Netflix vs. Amazon: tra sfide societarie e quote di mercato.

Hastings si prepara alla battaglia contro l’investitore Carl Icahn, in odore di scalata. Ma Netflix continua a mantenere saldo il suo predominio nel mercato dell’on demand anche rispetto ad Amazon, che intanto si ritira dal campo dello SVOD a tariffa mensile.

Nonostante rimanga leader tra i servizi online di streaming, il noto portale di SVOD (subscription video on demand) guidato da Reed Hastings si sta preparando a una battaglia societaria che potrebbe influenzare non poco il futuro del settore, e non solo negli Stati Uniti. Dopo aver acquisito una partecipazione del 10% nella compagnia, il magnate della finanza Carl Icahn ha infatti dichiarato pubblicamente che Netflix dovrebbe essere venduta a una società più grande, in modo da migliorare le proprie performance in Borsa.  Una presa di posizione a cui i vertici hanno risposto adottando un piano anti-scalata e ipotizzando l’uso di una poison pill (letteralmente pillola avvelenata), cioè di un’opzione già prevista nello statuto della compagnia e che permetterebbe al management di diluire il capitale sociale distribuendo fino a 10 milioni di azioni a prezzo scontato. Tutte queste misure di sicurezza non sono però bastate al CEO Reed Hastings per escludere che si arrivi con Icahn a una battaglia delle deleghe, in cui l’attuale governance di Netflix intende proteggere un assetto proprietario ritenuto fondamentale per gli obiettivi di lungo termine della compagnia stessa. Nonostante le turbolenze interne e sui mercati, a favore del portale di video on demand sembrano tuttavia giocare diversi fattori, tra cui la scarsità di potenziali acquirenti e, soprattutto, la forte posizione detenuta nel settore, che potrebbe dissuadere altri azionisti dall’incamminarsi lungo la strada suggerita dal nuovo investitore.

Stando a un’analisi condotta da Deadline, i competitor che potrebbero rivelarsi strategicamente interessati a comprare Netflix (il cui valore è stimato in 4,3 miliardi di dollari) si riducono al solo portale di e-commerce Amazon. Apple, Google e Microsoft sarebbero infatti troppo concentrate su altri modelli di business, mentre le grandi media company preferirebbero percepire le somme corrisposte dalla compagnia di Hastings per l’acquisto dei diritti, evitando però di condividerne i problemi connessi alla scarsa liquidità e ai bassi margini. Senza contare i problemi con l’Antitrust a cui andrebbe incontro un provider come Comcast, o i 4 miliardi appena spesi da Disney per la LucasFilm, o ancora il rifiuto di Time Warner di puntare sul cosiddetto cord cutting (vedi PaidContent). Per quando riguarda Amazon, è stato invece lo stesso Hastings a calmare le acque dicendo di considerarla un concorrente serio, ma non ancora in grado di raggiungere Netflix, almeno non prima di aver effettuato un’ingente mole di investimenti. Il CEO della piattaforma di SVOD ha dato numeri precisi, sottolineando che in base ai suoi calcoli Amazon starebbe perdendo tra i 500 milioni e il miliardo di dollari all’anno a causa dell’acquisto di contenuti video da offrire in streaming (sia quelli per gli Stati Uniti che per il suo braccio europeo LoveFilm). Le previsioni di Netflix riguardo alla spesa del prossimo anno per i diritti su film e serie tv, ammontano invece a 2,1 miliardi di dollari.

Un’altra conferma della distanza ancora presente tra le de compagnie, potrebbe venire inoltre dalla recente notizia dell’abbandono del campo dello SVOD, testato brevemente da Amazon nelle scorse settimane. A differenza del portale di Hastings, il colosso dell’e-commerce offre singoli contenuti attraverso il servizio Amazon Instant Video, o in alternativa un abbonamento annuale, detto Prime, dal costo di 79 dollari, che include anche le spese di spedizione degli altri prodotti. All’inizio di novembre Amazon sembrava essersi lanciata anche nel campo degli abbonamenti forfettari mensili, offrendo un prezzo molto simile a quello praticato dalle concorrenti Netflix e Hulu, cioè 7,99 dollari, ma l’opzione è stata ritirata dopo appena una decina di giorni.

Netflix sembra perciò destinato a rimanere, almeno per ora, uno degli operatori dominanti del settore, come dimostrano anche diverse ricerche sulla sua quota di mercato. Secondo le analisi della società  Sandvine (riportate da Bloomberg) nel mese di settembre Netflix ha assorbito il 33% del traffico downstream negli orari di punta, in decisa crescita rispetto ai 20,6 punti percentuali di fine 2010 e ben oltre l’1,75% realizzato da Amazon, l’1,38% di Hulu e lo 0,52% di HBO Go. Il portale ha inoltre battuto, per lo meno nel prime-time di settembre, anche la concorrenza di YouTube, ferma al 14,8% del mercato (seppure in crescita di oltre 3 punti) e di iTunes, con una quota del 3,92%.

Una ricerca condotta da 451 Research su un panel di spettatori televisivi statunitensi (vedi Digital Tv Europe), ha infine messo in luce come Netflix valga per l’82% del mercato televisivo alternativo a quello tradizionale, sebbene in discesa di 2 punti percentuali rispetto alla quota dell’84% registrata lo scorso febbraio. Di contro, sarebbero in crescita i servizi di Amazon e iTunes, ma con porzioni di mercato molto più contenute rispettivamente del 22 e del 16%.

 

 

Fonte: The Hollywood Reporter, AllThingsDDeadlinePaidContentBloombergDigital Tv Europe

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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