You are here
Home > Cineguru Podcast > Il Podcast di Cineguru: dal Box office alla comunicazione cinematografica nell’era di TikTok. Ospite Eva Carducci

Il Podcast di Cineguru: dal Box office alla comunicazione cinematografica nell’era di TikTok. Ospite Eva Carducci

Il successo di Inside Out 2, il record di incassi di giugno e l’evoluzione della comunicazione cinematografica nell’era di TikTok. Ecco il nuovo episodio del Podcast di Cineguru!

Nel nuovo episodio del Podcast di Cineguru, Davide Dellacasa e Robert Bernocchi commentano il weekend cinematografico appena concluso, che ha visto Inside Out 2 ancora in prima posizione.

Grazie agli enormi incassi di Inside Out 2, giugno ha fatto segnare il miglior risultato degli ultimi 15 anni. Tuttavia, gli altri titoli hanno incontrato alcune difficoltà: c’è bisogno di film forti, e dietro le ottime cifre di giugno possono nascondersi problematiche che meritano una riflessione.

Nella seconda parte dell’episodio, la giornalista freelance e content creator Eva Carducci si unisce alla discussione per parlare della comunicazione cinematografica e della sua evoluzione nel corso degli anni. Si esplora come è cambiato il ruolo della critica e il modo di fare critica, oltre all’influenza di TikTok su tutto questo. Inoltre, si discute di come il cinema italiano si sta approcciando alla generazione degli under 40.

Potete ascoltare il Podcast di Cineguru nei seguenti player.

Potete ascoltare il podcast anche ai seguenti link:

Ed ecco anche l’intera trascrizione del podcast:

Questa trascrizione è stata generata tramite un servizio di trascrizione. La versione attuale potrebbe non essere definitiva e potrebbe essere soggetta ad aggiornamenti

Davide Dellacasa

Buongiorno, buongiorno a tutti. Ciao Robert, come stai?

Robert Bernocchi

Buongiorno, tutto bene e tu?

Davide Dellacasa

Bene, grazie. Allora, niente, lunedì mattina con un Inside Out 2 che nel mondo supera il miliardo di dollari, negli Stati Uniti un terzo weekend favoloso da noi. Insomma, è diventato il primo film di animazione e sfiora i 30 milioni e come E come ricordavi giustamente tu nell’articolo di questa mattina, entrerà nella classifica dei film più veloci a raggiungere questo risultato?

Robert Bernocchi

Sì, come abbiamo parlato anche nell’articolo di giugno, quindi nell’analisi di giugno, è abbastanza, non dico complesso, ma diciamo è abbastanza bisogna fare un po’ attenzione perché appunto parliamo magari soprattutto di giugno, c’è chi ha parlato di giugno da record che tecnicamente è vero perché effettivamente come incasso è il migliore giugno degli ultimi 15 anni quindi tecnicamente è vero però è anche è anche vero che non si era mai visto un film come Inside Out 2 che incideva così tanto sui conti di un mese, neanche le pellicole di Zalone incidevano così tanto in percentuale. Come giudicarlo questo in generale? Ovviamente su Inside Out 2 non possiamo che dire meraviglia, è un risultato straordinario, rischiamo ovviamente di ripeterci. Penso anche, mi aspetto anche ancora una tenuta molto buona in queste settimane, quindi tra l’altro sfruttando ovviamente la mancanza di Cattivissimo me, che ovviamente da noi arriva un po’ più tardi rispetto agli Stati Uniti. Sul resto c’è una certa difficoltà, questo mi sembra ovvio. credo anche che bisognerà insomma un po’ affrontarla perché mi chiedo è un problema? Ci sono gli europei di calcio che incidono? Sì un pochino sicuramente incidono però è anche vero che comunque…

Davide Dellacasa

Hanno finito di incidere dai!

Robert Bernocchi

Diciamo un po’ meno visto che a livello di nazionale italiana insomma sicuramente hanno finito di incidere. però è vero pure per esempio che sabato comunque Inside Out 2 faceva un milione e mezzo di fronte alla partita appunto della nazionale italiana insomma quindi quando poi c’è qualcosa che veramente si vuole vedere come Inside Out 2 anche la nazionale italiana può essere messa da parte però tutto il resto no allora mi chiedo c’è un pubblico italiano che risponde meno alla varietà di offerta perché quando andiamo a vedere gli incassi del botteghino nordamericano, vediamo che quando escono i film anche quelli che magari hanno qualche problema, penso ad Horizon che insomma non è stato ovviamente rispetto al budget un grandissimo successo, ma comunque offrono degli incassi che sono significativi. Da noi questo non sta avvenendo, non so se è anche un problema estivo per cui noi forse l’anno scorso ci siamo detti ma tanto la gente va a vedere i film anche d’estate, sì ma devono essere comunque film molto forti perché poi non è che va a vedere tutto, anzi e lo stiamo vedendo, lo stiamo vedendo anche con dei titoli americani che sono comunque importanti e che però purtroppo da noi non ottengono dei risultati adeguati all’importanza che hanno nel botteghino nord americano, nel botteghino mondiale, Tutto questo è una riflessione che non vorrei che questo incasso record tra virgolette di giugno nascondesse un po’.

Davide Dellacasa

In questo momento io ho sempre la memoria corta. L’estate scorsa è stata l’estate che è stata, mazza che cosa difficile che ho detto chissà se si capisce, per i film dietro a Barbie E’ Open Aimer o per Barbie Open Aimer? Perché anche l’estate scorsa alla fine è tutto l’anno che diciamo ok una prima parte di anno che da noi è andata bene negli Stati Uniti è andata peggio perché comunque ci ricordiamo tutti che abbiamo commentato al nostro inizio anno dicendo alla fine siamo sopra al 2023 e ci siamo tornati a giugno grazie ai risultati chiaramente di questo film. L’anno scorso è stata una bella estate ma è stata una bella estate Inside out durante questo mese, se non sbaglio, al weekend era più dell’80% dell’incasso del fine settimana e negli infrasettimanali, se non sbaglio, ha avuto dei giorni che era il 90, il 92, insomma, comunque sia, era tutto lì l’incasso della giornata e del mese. Com’era l’anno scorso? Com’è stata l’estate dell’anno scorso? Perché, insomma, abbiamo rallentato, ce ne siamo accorti subito finché non è uscita Inside Out, avevamo anche visto il sorpasso dell’incasso 2023 sul 2024, del cumulato, ora siamo tornati sopra, bisognerà vedere cosa succederà nelle prossime nelle prossime settimane. Com’è stata l’estate scorsa dal punto di vista della concentrazione? Come te la ricordi te, che ti ricordi sempre tutto meglio di me ovviamente?

Robert Bernocchi

Adesso dirò ovviamente del fenomeno Barbie, poi c’è anche chi considera l’estate, ovviamente dipende dalle date che uno vuole considerare, ma limitiamoci magari a giugno e luglio e vediamo che per esempio a giugno Noi avevamo un film come Spider-Man Across the Spider-Verse che faceva 6 milioni e 4, avevamo La Prosecuzione della Sirenetta che era uscito sia a fine maggio ma poi insomma era andato bene anche a giugno e anche quello faceva 6 milioni e 4, Elemental che era uscito il 21 giugno quindi comunque insomma ovviamente non aveva sfruttato tutto il giugno, ma che comunque poi aveva finito la sua corsa tra giugno e luglio a 7 milioni. Poi c’erano titoli come Indiana Jones, Mission Impossible, che magari da cui ci aspettavamo qualcosa di più, ma che comunque portavano 6 milioni e 2, 5 milioni, comunque cifre importanti. Basti dire che a giugno di quest’anno abbiamo avuto solo, a parte Inside Out 2, abbiamo avuto solo un film sopra i due milioni che è quello dei Me Contro Te e ovviamente tra l’altro complimenti diciamo al coraggio per essere l’unico film italiano che ha sfidato l’estate. Poi non abbiamo avuto nessun film sopra i due milioni e devo dire non è che lo scenario di luglio sia molto più incoraggiante almeno fino a Twisters che speriamo segua diciamo le indicazioni del tracking americano che lo vedono molto molto forte e speriamo che sia molto forte anche in Italia e poi ovviamente si ci aspettiamo Deadpool e Wolverine con un risultato molto importante ma insomma è chiaro che ci sono meno film forti rispetto all’estate scorsa questo mi pare evidente poi Magari un Inside Out 2 per ora nasconde la mancanza di tutti quegli incassi variegati, però queste cose poi si sentono e si vedono quando uno scende dalla prima posizione del cine e va a vedere dalla seconda in poi.

Davide Dellacasa

Sì, grazie di avermi rinfrescato la memoria perché effettivamente l’anno scorso di titoli appunto che andavano oltre i due milioni ce n’erano tanti, quest’anno no, quest’anno è tutto inside out. Un grande merito a questo film che per quanto Diciamo, ce lo siamo detti l’altra volta, tutti avessimo delle sensazioni più che positive, magari non erano così positive, c’era un minimo di preoccupazione vedendo come stava andando l’anno, cioè come stava andando l’estate. Invece, insomma, nonostante il caldo, nonostante il bel tempo, nonostante tutto, a questo punto più di 4 milioni di persone si sono andati a vedere il capitolo 2 Di questa che l’altra volta ho definito una franchise, anche se forse non era nata con l’idea di fare una franchise, ma aveva seminato così bene, perché poi è il film Pixar, se vuoi, che è andato meglio. primo capitolo nel nostro paese in assoluto, quindi aveva seminato davvero molto bene nel nostro territorio. Insomma ci siamo ritrovati chi è cresciuto, chi è adulto ad aver voglia di vedere il secondo capitolo di questa saga.

Robert Bernocchi

È buffo pensare che poi questo secondo capitolo in realtà era nato come un prodotto per la piattaforma, insomma per Disney Plus. Ed è buffo pensare che appunto questo grandissimo incasso cinema sia qualcosa che in realtà doveva finire direttamente su Disney+. Fa capire quanto poi in questi quattro anni abbiamo cambiato opinione su tutto, perché appunto c’è stato il momento in cui i film Pixar saltavano il cinema per andare in piattaforma. Adesso avviene il contrario, lo vediamo pure con Oceania 2, era in realtà una serie per anche quella per Disney Plus e sono sicuro che sarà un altro ottimo incasso che forse in Italia non… ecco lì magari farò più attenzione a non sottovalutarlo come ho fatto con Inside Out 2 perché in questo caso secondo me ecco Oceania noi lo sottovalutiamo un po’ forse non lo vediamo come un classico Disney ma se andiamo poi a vedere i risultati su Disney Plus dove è sostanzialmente con Encanto il cartone animato più visto, diciamo, soprattutto è il più visto tra quelli chiamiamoli di catalogo, d’archivio, come volete, insomma, quelli diciamo non freschissimi e secondo me ecco quello sarà un grande risultato sia insomma nel mondo che da noi e forse Forse possiamo essere molto fiduciosi su quel titolo.

Davide Dellacasa

Ah no, sicuramente sono d’accordo con te. Oceania 2, su cui mi confondo sempre con Moana e io, è il titolo originale da noi non utilizzato, è un altro film che ha avuto un impatto e secondo me è rimasta una memoria per la simpatia dei personaggi e la presa dei personaggi molto più di quanto si possa pensare. Quindi sono assolutamente d’accordo con te che Insomma, è un’altra delle cose positive che ci possiamo aspettare da questa seconda metà dell’anno. Allora, nel frattempo ci ha raggiunto l’ospite di oggi, Eva Carducci, giornalista freelance e content creator, che già dall’uso di queste due parole, insomma, anticipiamo e teaseriamo l’argomento della nostra chiacchierata. Ciao, Eva.

Eva Carducci

Ciao, grazie per l’invito e per la presentazione.

Davide Dellacasa

Ciao Eva.

Eva Carducci

Ciao Robert, come stai?

Robert Bernocchi

Tutto bene, grazie.

Davide Dellacasa

Allora, senti Eva, noi parecchio che vogliamo fare questa chiacchierata, poi tu sei sempre in giro, Festival, Junket, quando non sei in giro sei collegata per Festival, Junket, più ne metta. E finalmente ci ritroviamo, se vuoi, per fare proprio una chiacchierata sull’introduzione, su come ti ho presentato, giornalista freelance e content creator. Sappiamo perché ne abbiamo parlato varie volte, io ti seguo da sempre e non mi crea nessun problema, nessun imbarazzo farti i complimenti perché penso che tu sia una delle persone che ha meglio interpretato questi ultimi anni di evoluzione del settore di come si parla di cinema online. Magari non tutti lo sanno, non tutti sanno da dove hai cominciato, quindi io ti ti direi raccontaci brevemente, tu hai cominciato scrivendo anche se oggi ti vediamo soprattutto in video e quindi a te la parola.

Eva Carducci

Tanto ti ringrazio, visto che mi conosci tanto sai che i complimenti sono sempre un imbarazzo, però insomma mi fanno piacere. Io ho iniziato all’università, quindi parliamo della preistoria più o meno, 15 anni fa già mentre studiavo e l’unico accesso ho iniziato online, quindi scrivendo. Ho iniziato con Best Movie, con piccole realtà, prima Best Movie, quella più grande. Però sin dall’inizio ho visto che il posto riservato a noi giovani, tra virgolette, era il video. Perché chi era più grande di noi aveva deciso che i video non avessero lo stesso spessore, diciamo, della carta stampata o della scrittura in generale. E quindi io mi sono sempre focalizzata su quello, mi sono specializzata poi in video editing all’università, ho fatto dei corsi insomma da autodidatta anche per cominciare a parlare attraverso appunto questo canale, il canale dei video, e poi mi sono specializzata in video interviste. però continuo a scrivere perché comunque piace molto scrivere. Ho notato che c’è stato un cambiamento dalla pandemia. Il fatto stesso che stiamo registrando su Zoom è un retaggio che ci portiamo dal 2020. Non si vede, ma sono in cucina che è il posto dove faccio le interviste. Praticamente è diventato una comfort zone, in parte, questo setting. Però ecco, da quello che ci ha lasciato il Covid È stata anche una riqualificazione dei video, perché anche chi è più grande si è reso conto, e fa questo lavoro, si è reso conto che, ah, però potrebbe essere interessante utilizzare questa forma di comunicazione. Il discorso è che, ovviamente, se ci si improvvisa, come in tutti i lavori, non va bene, non funziona. La cosa che mi piaceva, mi hai presentato con le due facce della stessa medaglia, perché per molti sono in contrasto, cioè il giornalista e il content creator. Per me, che ho studiato comunicazione, è semplicemente raccontare la stessa cosa con due linguaggi diversi probabilmente, perché ovviamente se si scrive sulla carta c’è un pubblico, se si parla online c’è un altro. se si parla sui social, su TikTok, su Instagram, un altro ancora, quindi è sempre la stessa comunicazione che va declinata in varie forme. Poi io sono diventata freelance dopo Best Movie dieci anni fa e insomma non è un lavoro facilissimo da fare soprattutto in Italia, come dicevi prima, sei sempre in giro o sei sempre qui perché appunto è il modo con cui si imposta questo lavoro. Devi fare più cose possibili, proprio per arrivare anche a fine mese, inizialmente, ma è anche una forma. Io non riesco a fare solo una cosa. Ho scelto di fare questo lavoro proprio perché ti dà la possibilità di spaziare tantissimo, di cambiare ogni giorno. cosa dovrei fare, le interviste stesse non sai che hai davanti, non sai quale sarà il film, la serie. E la cosa che trovo interessante, appunto avendo studiato comunicazione, è come cambia il linguaggio e con la velocità con cui cambia. Perché da dieci anni fa, quando ho iniziato dodici anni fa, è cambiato radicalmente, parlando anche semplicemente dei video. Anche una cosa tecnica, non li giriamo più, in sedicinoni ma in nove sedicesimi, quindi è proprio cambiato il formato, sono cambiate le tempistiche. Prima si facevano video molto più lunghi, adesso un po’ si sta tornando a quella tipologia, però tendenzialmente in questi 12 anni c’è stata un’evoluzione e più si va avanti più i video diventavano brevi, dovevi stare entro i primi cinque minuti, tre minuti, un minuto. 30 secondi, 15 secondi di una stories. Adesso un po’ c’è un bilanciamento perché comunque è troppo frenetico, è diventato come linguaggio e quindi si ritorna un po’ indietro, però bisogna considerare tutti questi aspetti. Mi spiace che per alcuni i video siano ancora serie B, ma sinceramente a me non mi interessa, non mi piace farlo, quindi possono anche considerarli serie C, non è quello. Però se pensiamo alle nuove generazioni, chi legge il giornale chi si collega online, chi vede invece le notizie dai social, la maggior parte dei millennials della Gen Z. Quindi bisogna tenere in considerazione anche questo e bisogna far sì che da lì passino poi ai siti o alla carta, però lì devi invogliare a farlo. Se rimani chiuso dentro certe dinamiche che sono un po’ vetuste, difficilmente poi si riesce a fare questo passaggio.

Robert Bernocchi

Ecco, tra i cambiamenti che hai riscontrato in questi anni, mi chiedevo soprattutto il ruolo della critica. Secondo te com’è cambiato il ruolo e il modo anche di fare critica? Perché tu hai parlato all’inizio del discorso della carta stampata e non c’è dubbio che forse gli ultimi che possono sostenere di aver fatto i critici per lavoro sono probabilmente i giornalisti con contratto a tempo indeterminato. i Mereghetti, i Fersetti, insomma adesso al di là della loro bravura hanno anche colto l’ultimo momento forse in cui un certo modo di fare comunicazione ancora sosteneva questa approccia alla critica. Secondo te come è cambiato e come deve cambiare forse anche come approccio per interfacciarsi come dicevi appunto con la generazione Z e con i nuovi appassionati di cinema.

Eva Carducci

Sorridevo sull’indeterminato perché penso che sia un’utopia ormai, ci ha scherzato anche Zalone su questo, del posto fisso, del contratto a tempo indeterminato se si sceglie di fare questa professione. Allora, da un certo punto di vista Penso che alla base, sia se si fa su carta che online, bisogna studiare, perché purtroppo vedo spesso molte persone che si improvvisano a fare questo lavoro. Puoi anche non aver studiato all’università, però l’importante è che comunque poi recuperi quello che non hai fatto, in modo da avere anche delle basi con cui analizzare i film. Io il motivo per cui ho scelto di fare questo lavoro, io volevo fare tutt’altro, poi ho cambiato all’ultimo l’università a 18 anni per una serie di motivi. Ho seguito una lezione di comunicazione multimediale, io odiavo Moulin Rouge, e il professore mi ha letteralmente aperto un mondo perché mi ha spiegato ma questo è un origine c’è un collegamento al cinema delle origini qua all’uso del colore ed erano tutte cose che io non conoscevo da semplice spettatore e ho detto vorrei fare questo vorrei aiutare chi magari ha un approccio cioè non ha studiato o comunque non ha una visione totale su un film e credo che la critica debba aiutare anche in questo senza essere spocchiosa però perché percepisco sempre un po’ di Cioè, non scambiamo l’autorevolezza con Spock, è ovvio che certe firme hanno un’autorevolezza rispetto ad altre, però se non ci si apre un attimino anche verso le nuove generazioni, se c’è questo rapporto sempre fra professore e studente, nel senso ti spiego la vita, tu non capisci niente, è un approccio sbagliato secondo me, sia per la carta che per il video, per il video poi non funziona per niente perché bisogna essere molto incisivi, bisogna andare dritti al punto. Non bisogna fare la lezione, secondo me, quando si critica un film, bisogna analizzarlo in tutti i suoi aspetti e dare gli strumenti a chi va a vedere il film di avere poi la propria opinione a riguardo. Ed è una cosa che un po’ manca sia, diciamo, per chi scrive per la carta che per alcune figure che lavorano online, perché adesso non c’è più propriamente il critico online, perché ci sono i content creator che si occupano di analizzare i film, per esempio, e non hanno la stessa formazione magari che ha avuto un Merechetti, faccio un esempio. Quindi secondo me alla base di tutte e due bisogna avere gli strumenti per poter analizzare un film e non svegliarsi la mattina e dire vabbè parlo di questo film, cioè uno lo può fare però poi non lo fa a livello lavorativo dal mio punto di vista. e cambia linguaggio perché bisogna approcciarsi. Io parlo per il mio lavoro, cioè il lavoro che faccio io. Sui social ho un approccio molto più diretto, è ovvio che se scrivo sul messaggero ho un altro approccio. Ovviamente non faccio critica sul messaggero, però se dovessi scrivere insomma anche online avrei un approccio diverso. è che tendenzialmente mi ricordo una lezione all’università in cui il professore, il mio incubo estetica e retorica, diceva voi dovete dimostrare di sapere, quindi dovete usare tutti i paroloni, dovete far vedere che comunque avete studiato. Io che sono un professore che ho scritto 14 libri non ho bisogno di farlo. Sento sempre che c’è questa È come se fossimo tutti studenti e dovessimo dimostrare di sapere e quindi usiamo dei termini o dei giri di parole allucinanti che non descrivono poi effettivamente il film e che secondo me allontanano lo spettatore. I social hanno il potere invece di avvicinare chi fa critica a chi vede i film. Un esempio è Barbie. Tantissime persone non hanno capito Barbie. Ma è capitato, non lo so, tassisti o comunque quando stai in contesti che non sono i nostri, no, di lavoro, tutti pensavano che fosse legato semplicemente al fenomeno delle bambole, cioè che fosse la storia di una bambola. Quando poi gli spieghi, ma guarda che c’è tutta una critica sociale dietro, il ruolo della donna, il ruolo dell’uomo, ma glielo dici in maniera tranquilla, loro dicono vedi non ci avevo pensato perché poi alla realtà dei fatti è che quasi nessuno legge ormai cioè molte persone vanno a vedere il film anche senza aver visto il trailer e poi magari fanno l’approfondimento dopo quindi noi dobbiamo secondo me In qualche modo inserirci in questo contesto non solo rivolto ai cinefili, ma anche a persone che vanno al cinema una volta ogni tanto. Cercare di raggiungere loro quel linguaggio più semplice possibile. Una perla che mi ha sempre detto la mia mamma è cercare di spiegare le cose come se dovessi spiegarle a tua nonna che ha 94 anni. Come io lo spiego? Uso paroloni? No, ti spiego quello che sta succedendo eccetera eccetera. Quindi secondo me la critica deve evolvere in questo senso, però io sento un po’ di chiusura da parte di chi l’ha sempre fatta sulla carta stampata anche ad aprirsi un mondo di giovani, dalla generazione Z e Millennials, e quindi ci sarà sempre questo scontro. Parlando con chi ha vent’anni, Dico, ma tu li leggi i giornali? Fa, no, perché li percepisco come qualcosa che sono per mio nonno, mio padre, per i miei genitori e non qualcosa che è diretto ai giovani. Col messaggiare, ad esempio, seguendo l’esempio del Washington Post, su TikTok cerchiamo di fare anche questo, di avvicinare la generazione Z comunque a un quotidiano, ma lì cambia il linguaggio ed è qualcosa che non sempre i critici vogliono fare.

Davide Dellacasa

Ma infatti era un po’ proprio la testimonianza che mi faceva piacere tu portassi, no? Perché io credo molto da padre di molti figli adolescenti e cose del genere, la prima cosa che vedo appunto è che non leggono e questo è un tema sicuramente importante perché lo scritto è il posto, almeno per noi, non dico noi solo generazionalmente, no? Ma anche chi pur da generazione Z, perché non è che tutta la generazione Z o tutti gli adolescenti non leggono, però stiamo sempre parlando di una di una fascia più stretta, è come il fenomeno dei booktalkers ad esempio, di chi legge libri che magari se lo guardi quantitativamente è chiaramente sproporzionato rispetto ad altri fenomeni, sicuramente di chi fa balletti, però comunque ha una sua nicchia, una sua verticalità importante e una sua base solida di persone che leggono e leggono anche molto. E quindi una generazione che non legge, poi non sta qui a fare il sociologo, a dire se sia giusto, sbagliato, che danni porterà nel futuro, non lo so, siamo qui e lo stiamo, è qualcosa a cui stiamo assistendo questa cosa. Una generazione che non legge la devi contattare, la devi intercettare in un altro modo e devi fargli fare il passaggio successivo, o meglio, devi tentare di fargli fare il passaggio successivo, no? penseranno sempre che determinate serie che vedono su piattaforme della più vera specie siano dei capolavori e magari non non approfondiscono altro. E questo tema penso sia davvero importante. Mi dispiace, come dici te, per quanto non tutti abbiano, se vuoi, anche la disinvoltura necessaria ad andare in video, perché poi quello è anche un tema di quanto ti trovi bene ad andare in video, di considerare una cosa di serie A e un’altra di serie B. Un po’ come una volta, no? Certi attori consideravano le serie TV di serie B, poi sono diventate quasi più importanti produttivamente le serie TV, almeno per periodo del cinema e quindi, come dire, anche le serie tv hanno guadagnato una loro nobiltà. È proprio un passaggio importante. Io ti volevo chiedere una cosa, perché tu hai giustamente citato la pandemia. Zoom è quello che ne ha portato. Se c’è un fenomeno che ha coinciso con, se vuoi, questi ultimi quattro anni, l’avvento di TikTok. L’avvento di TikTok e, se vuoi, del video, come hai detto te, in formato verticale, all’inizio molto breve. Resta il fatto che l’attenzione la devi intercettare comunque nei primi secondi, te li perdi, perché non solo non leggono, ma schippano molto velocemente anche qualsiasi contenuto video. Com’è cambiato il tuo lavoro con questo tipo di piattaforma?

Eva Carducci

Allora, partendo da questo, è vero che i video li schippano, però pensate anche ai titoli online o anche sulla carta. Se non ha il titolo accattivante, cioè se non c’è anche delle volte il clickbait, in realtà poi dopo cambiano, non leggono, non vanno poi ad approfondire. Secondo me la chiave, partendo poi anche dal discorso di BookTok, che stavi dicendo Davide, BookTok ha più contenuti di Cinematok, cioè su TikTok si legge molto di più rispetto a vedere film o serie TV. Però ovviamente poi questo è cambiato con l’hashtag DaVedere perché questo ingloba un po’ tutto quanto e quindi si sono ribilanciati in un attimino i numeri. Io ho notato una cosa, io ho studiato editoria e giornalismo e dal 2004-2005 vado alla fiera della piccola e media editoria a Roma. Quindi parliamo di editori non dei 5 più grandi e in 10 anni, 15 anni, è cambiato totalmente il mercato. Sono tutte graphic novel, cioè sono andata recentemente e sono cambiati proprio gli stand. Allora da là capisci che c’è anche un’evoluzione perché probabilmente non si leggono più i libri, si vedono più le figure tra virgolette delle graphic novel, ma anche quello è letteratura. Quindi anche lì c’è stata un’evoluzione. Se l’abbiamo capito a livello editoriale, perché non riusciamo a capirlo anche a livello di linguaggi con cui trasmettere i contenuti? che siano libri o film. Il mio lavoro quanto è cambiato con TikTok? Drasticamente, perché io nel momento in cui collaboravo con Fox, con Mondofox, prima della pandemia nel 2019, sapete tutti che c’è stata l’acquisizione di Disney, cioè Fox è stato acquistato da Disney, e quindi tutti i collaboratori esterni come me hanno fatto il giro, nel senso che hanno chiuso il sito dove lavoravo e hanno riaperto poi altre realtà, però in quel momento, in quella fase, in quegli otto mesi di stallo, è coinciso con il 2020, marzo-aprile 2020, quindi mi sono ritrovata ad avere tantissimi contenuti fatti in sette anni su Mondofox, interviste, basta pensare su tutti i film della Marvel, Avengers, con questi contenuti che mi hanno detto salvali perché altrimenti insomma andrebbero persi, ho detto che ci faccio? ho detto proprio all’aria umana, li metto su youtube, apro twitch perché poi era il momento in cui tutti stavano su twitch, ho detto però non credo di poterlo fare perché serve una continuità anche nella programmazione e quello non non me lo dà il lavoro no perché io non so mai a che ora ho le interviste, i giorni eccetera eccetera E c’era TikTok, che io inizialmente avevo snobbato un po’ come tutti quanti, ma non per niente, perché vedevo solo balletti. E ho detto, che ci faccio io con i balletti? Magari a 15 anni diventavo content creator con 14 milioni di follower, perché lo facevo a 14 anni quello, cioè senza avere i social media con i Backstreet Boys o Britney Spears. Però ho detto, vabbè proviamo, sono una millennials, chissà se mi vedranno come il signor Burns dei Simpson quando fa, ciao giovani sono qui. e ho cominciato a caricare le interviste, quindi le ho riadattate, poi ho informato da 16-9 al 9-16, ho rifatto gli editing, ho messo i sottotitoli e vedevo, e quella è stata la soddisfazione più bella, non solo la Gen Z, anche i Millennials, anche quelli più grandi di me, che facevano domande molto interessanti, cioè cosa si studia, che per me è una cosa fondamentale perché tantissimi miei coetanei vengono e dicono, madonna che bel lavoro, che figo, mi piacerebbe farlo anche a me, vabbè, studia, fai, no, a che studio, questo è più facile, no, si fa così, no, errore, è un lavoro come tutti gli altri, bisogna studiare. Quindi mi facevano domande sul percorso di studi, su consigli, anche domande molto belle sul dietro le quinte del lavoro e da lì ho incominciato a fare i video, quindi a rispondere alle domande in video. ed è scoppiato il profilo. Ora non ho numeri altisonanti, però comunque è un bel feedback e ho capito che poi fino a quel momento potevo avere Instagram, potevo avere YouTube, non arrivavano i contenuti come attraverso TikTok e tante persone poi mi dicono dove vedo le interviste integrali, gli dico guarda i link sono questi e quindi poi vanno lì perché ovviamente è vero che adesso puoi caricare fino a 30 minuti se non sbaglio su TikTok, però non regge Poi visto in verticale, in quel modo, magari te lo vedi al computer in 16.9 e quindi ti gode il contenuto in maniera diversa. Però ecco, è cambiato totalmente, anche perché poi da lì ho capito che potevo fare anche il content creator, anche se per me non c’è una netta differenza fra i due lavori, perché allo stesso lavoro raccontato in maniera diverso, ovviamente. E c’è tanto da dire sulla critica online o sui content creator, io ultimamente vedo che i video sono quasi tutti uguali. Forse è per quello che non salgo tantissimo, perché non riesco a farli. Io ad esempio non riesco a fare i voice over, cioè io li faccio scemi i voice over, perché sentire la stessa voce, la stessa impostazione, penso che alla chiave di entrambi i lavori sia l’originalità. Quindi se uno poi copia un modello perché funziona e lo fanno tutti uguali e non c’è niente di creativo e innovativo, non lo so, a me stride sempre un pochettino, che sia carta, che sia online, che siano video. Però ecco c’è un’evoluzione e c’è un cambiamento anche su TikTok, perché poi in questi quattro anni sono cambiate tre anni sono cambiati totalmente poi le metriche, i parametri, l’algoritmo che cambia ogni 2-3 mesi, più o meno a livello… cambia ogni settimana quasi, però 2-3 mesi per… e anche lì però è una sfida, perché tu capisci che se qualcosa funzionava un mese fa, non funziona adesso, trovi una nuova chiave. Per me è stimolante, per alcuni è stressante, però quello insomma dipende dal dal carattere. Però sì, per rispondere alla tua domanda mi ha cambiato totalmente il lavoro. Mi sono accorta a Venezia perché mi fermavano e mi dicevano, ho visto le tue interviste, non mi era mai successo prima di, non lo so, di aver intervistato Chalamet probabilmente perché era il pubblico di Chalamet che mi fermava di più. Quando è diventato grande Chalamet allora, ah vedi, fai questo lavoro. Però da lì poi, insomma, è bellissimo poi il feedback che ti danno. Era una cosa che mi mancava sinceramente.

Robert Bernocchi

Volevo la tua opinione sul cinema italiano e su come si approccia, soprattutto alla generazione, o in generale agli under 40, nel senso che sappiamo anche da ricerche di mercato che il pubblico under 40 non va a vedere il cinema italiano. se non forse me contro te, ma lì stiamo parlando più di un pubblico di bambini, di famiglie, insomma è un target un po’ particolare. Secondo te è più un problema di contenuto, quindi proprio di prodotto, è un problema di comunicazione di entrambe le cose? Ecco tu quando per esempio parli di di cinema italiano, di talent italiani? Hai magari una diffidenza da parte di chi ti segue? Devi un po’ convincerli che è un qualcosa che può interessare? Com’è la reazione?

Eva Carducci

Eh, c’è un po’ pregiudizio sul cinema italiano, soprattutto dai millennial in giù, perché da un certo punto di vista sono un po’ ripetitivi alcuni titoli, no? E quindi dicono perché devo andare a vedere, tanto fra tre mesi arriva in piattaforma, poi se voglio me lo vedo il sabato pomeriggio, così. Però un esempio è il film della Cortellesi, quando l’abbiamo visto alla festa del Cinema di Roma, Io l’ho proprio caldamente invitata ad andarlo a vedere, perché comunque per me era una novità dal punto di vista anche narrativo, anche del suo ruolo, perché lei è sempre stata percepita solo come un’attrice comica, quando in realtà sappiamo benissimo che non è così, poi esordio alla regia. Lì c’è stato un passaparola e tutti quanti sono andati a vederlo, di tutte le età, soprattutto hanno fatto una stima, lo diceva anche lei, non vorrei sbagliare, ma era quasi metà e metà, cioè metà uomini e metà donne, quindi non era solo un film rivolto alle donne in particolare. Quindi secondo me dipende molto dal contenuto anche. Noi possiamo aiutare. Un altro fenomeno pre TikTok è stato lo chiamavano Jigrobot, che ha avvicinato tantissimi fan dei cinecomics verso un tipo di cinema italiano che mancava. Quindi bisognerebbe sperimentare un attimino di più. Al tempo stesso noi dovremmo cercare di convincere a eliminare i pregiudizi, che è difficilissimo perché è ovvio che viene percepito sempre il cinema americano, il cinema straniero, come qualcosa di più autorevole e più strutturato e complesso. Secondo me, soprattutto lato commedia, viene percepito come qualcosa di più leggero il cinema italiano, cosa che non è così e quindi è un po’ difficile smontare questo pregiudizio che c’è, però film come quello della Cortellesi in qualche modo aiutano. Poi il cinema si basa sul passaparola, però parlando anche di box office, perché c’è un po’ il crollo in Italia in generale, non si va più tanto al cinema, basta vedere in set out due i numeri che sta facendo, non solo in America ma anche in Italia, quindi Lì mi chiedo, non è il pubblico che non vuole andare in sala, è che il pubblico vuole avere un motivo valido per andare in sala, quindi magari fare meno film, studiarli un po’ di più, metterci più tempo, piuttosto che sfornare 10.000 film in un mese che poi non guarda nessuno. Altro fenomeno interessante sono i film tratti dagli anime, tipo Bluelock e Haikyuu. Bluelock deve uscire, Haikyuu ha fatto dei numeri molto interessanti per essere comunque un prodotto di nicchia. Bisogna studiare un attimino le tendenze nuove e capire dove andare a parare. Nel cinema italiano siamo bravissimi a fare tantissime cose, tra cui anche l’animazione, tra parentesi. Dovremmo avere solo i fundi per poterlo fare e svecchiare anche un po’ il sistema che le nuove generazioni percepiscono come qualcosa che non è rivolto a loro.

Davide Dellacasa

Bene, senti, per chiudere mi è venuta in mente una cosa mentre parlavamo perché abbiamo toccato tanti argomenti e sono contento, è esattamente il tipo di percorso che avevo in mente. di fare. Però mentre parlavamo dicono allora sulle piattaforme gli algoritmi cambiano nel senso che si sperimenta di continuo. Anche quando pubblichi pubblichi qualsiasi cosa c’è il rischio che tu sia in un esperimento in quel momento per vedere cosa funziona e cosa no. Poi ogni 3, 4, 5, 6 mesi alcuni esperimenti si consolidano, diventano le nuove technicalities che ti danno magari una spinta come dici te. Allora lì tutti a rincorrere il format D’altra parte uno deve adattare i contenuti alla piattaforma, perché sappiamo bene che quello che funziona su TikTok non funziona preso pari pari su Instagram, che sono comunque le due piattaforme su cui lavoriamo di più oggi. Quindi tutto il mondo di chi crea contenuti si adatta, evolve e mi veniva in mente che se c’è una cosa molto rigida sono i junket, no? È come la formula con cui si svolge questo tipo di questo tipo di interazione col talent che insomma è sempre per quanto negli anni si sia andato no anche spesso creando delle esperienze parallele per i content creator diverse da quel format il junket rimane così che non è necessariamente una critica no nel senso che in un mondo che cambia forse che il format resti così va anche bene perché almeno poi da quello ognuno tira fuori il meglio che riesce a tirare fuori. Ma al di là di questa considerazione, secondo te c’è qualcosa che farebbe bene anche lì nell’evoluzione di questo tipo di interazione, di momento di incontro con i talent?

Eva Carducci

E lì è un po’ complesso, però devo dire che c’è stato un cambiamento netto anche in questi ultimi cinque anni, perché soprattutto realtà internazionali capiscono che devono dividere le attività, cioè chi fa puramente solo il content creator ha un accesso diverso ai talent rispetto a chi fa il giornalista e deve comunque creare contenuti. Poi ricordiamo, il jacket dura cinque minuti e uno pensa sempre, chissà quanto ci parli con gli attori. Cinque minuti più turnaround significa quattro minuti netti e delle volte tagliano anche perché magari sono in ritardo o altre cose. A me viene naturale fare le interviste in quel modo, quindi da freelance io devo dividere il pezzo in cinque delle volte, quindi in quattro minuti devo fare cinque video diversi. esclusivi tutti quanti, i fegatelli, come li chiamo io, sono l’inizio e la fine e quelli li uso sui social. E questa formula al momento funziona. È vero che c’è rigidità, perché loro stessi ti dicono non fare giochi, non fare domande personali, non fare i call to action, cioè non fargli dire le cose tipo ciao Italia o cose così. E quindi devi anche trovare la formula per fare dei contenuti che poi possano… Però uno dei primi junket che ho fatto all’estero è stato Grimsby con Sacha Baron Cohen. Faceva le interviste nudo nel letto in mutande e tu stavi lì e dicevi… Ok, come faccio questa intervista? Ho preso i fogli, li ho buttati e ho inventato una cosa. Quindi in quel momento era più da content creator che da giornalista, perché non esce fuori un contenuto, ma perché l’attore stesso che non vuole fare uscire un contenuto vuole fare più spettacolo. Quindi bisogna, secondo me, dividerli. fare dei junket solo per i content creator, dei junket solo per i giornalisti, che in parte lo fanno già, perché è ovvio che un content creator, penso a Will Bush che ha fatto le interviste a Sky, le ha fatte con noi per House of the Dragon, aveva dei limiti fortissimi, quindi dei contenuti delle volte non funzionavano, perché delle domande non funzionavano, la dovete cambiare proprio perché non è il format ideale, cioè gli attori stessi non stanno nel mood del fare non lo so, dei giochi, preferivano parlare di argomenti più seri, di cui parla la serie, quindi bisognerebbe strutturarli anche in Italia in maniera diversa, cioè far sì che gli attori, visto che sono attori e stanno a recitare, dirgli questi devi farli in questo modo, questo giornalismo devi fare in quest’altro. E noi possiamo essere, cioè io nello specifico che faccio entrambi, già adesso mi chiamano in maniera diversa per uno o per l’altro, però lo fa solamente un paio di major, piano piano ci arriveranno. a farlo così, perché adesso come adesso creano solo dei contenuti in cui i creator magari vanno sul red carpet e raccontano il loro punto di vista. Per me dovrebbero avere accesso anche ai talent, però un contesto diverso dal junket forse, una cosa più dinamica, anche se stai seduto stanno più rigidi anche loro, non lo so, bisognerebbe diversificarli, lasciare quei junket che comunque sono vent’anni che funzionano e vanno avanti così per il giornalismo, anche lì però cambiare delle dinamiche. e poi fare delle attività proprio ad hoc per i creator, che però già stanno facendo. Io in cinque anni l’ho vista l’evoluzione, anche perché inizialmente i giornalisti la percepivano come una minaccia, quella dell’influencer, perché non si chiamavano ancora content creator. Però io non ho mai avuto problemi nell’interazione, perché secondo me sono due linguaggi che possono andare di pari passo. Provo a farli tutte e due, però chi fa solamente una cosa o un’altra è bene dividere, perché ci sono anche delle esigenze da giornalista. Non è che facciamo le interviste per noi, le fai per la testata per cui lavori, quindi magari ci sono, non lo so, le agenzie hanno bisogno di domande più rivolte all’attualità. e quindi fare un collegamento col film o la serie che vedi è l’attualità. Il content creator no, perché ha un pubblico che magari vuole gossip e quindi devi cercare di fargli raccontare altre cose. Siamo sempre là, devi decodificare il linguaggio in base al medium su cui poi ti appoggi.

Davide Dellacasa

Bene, se Robert non ha nulla da aggiungere io ti ringrazio per essere stata con noi.

Robert Bernocchi

Grazie mille.

Eva Carducci

Grazie a voi.

Davide Dellacasa

E grazie, ciao. Ciao ciao. Buona settimana a tutti.

Robert Bernocchi

Buona settimana.

Lascia un commento

Lascia questi due campi così come sono:

Protetto da Invisible Defender. E' stato mostrato un 403 ai 408.933 spammer.

Top
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI