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La battaglia per la Disney

Alcuni investitori nella società stanno cercando di entrare nel Consiglio di amministrazione, mentre il CDA attuale replica punto per punto e si prepara all’incontro con gli azionisti…

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L’incontro annuale degli azionisti Disney avverrà il 3 aprile e non si può dire che l’attuale Consiglio di amministrazione non abbia preparato un piano per convincere gli indecisi. E’ infatti un documento di ben 67 pagine (che potete scaricare qui), in cui si elencano gli obiettivi e i risultati ottenuti (soprattutto nell’ultimo periodo), mentre si mettono in forte discussione gli investitori (privati o istituzionali) che hanno criticato fortemente l’attuale CDA.

Partiamo dal primo punto e dalle cose più importanti che sono state fatte, così come alcune questioni a cui sarebbe importante rispondere adeguatamente.

Mi sembra fondamentale come, con il secondo mandato di Iger, si sia tornati a dare una grande importanza ai creativi, che sono tornati a poter prendere le decisioni importanti, a differenza di quanto era avvenuto con Bob Chapek, che aveva designato un ‘capo’ (Kareem Daniel) che avrebbe dovuto supervisionare tutti, un compito complicatissimo e frustrante per chi doveva lavorare all’interno di questa struttura.

Inoltre, è diventata più importante la valutazione attenta di ogni progetto cinematografico e in generale la razionalizzazione/diminuzione di quello che viene creato per poter seguire tutto in maniera adeguata (penso soprattutto ai danni fatti a Marvel e Star Wars in questi anni, con un’inflazione di serie per Disney+). In questo senso, impressionante vedere questo grafico, che mostra il ritorno sull’investimento relativo a grandi brand (Frozen, Pixar, Marvel e Star Wars):

Per gli azionisti, importante anche il piano di riduzione dei costi, che prevede più di 7,5 miliardi di risparmio, con un aumento di 2 miliardi rispetto a quanto annunciato circa un anno fa (va ovviamente detto che comprende anche un numero importante di licenziamenti). Positivo il piano di investimenti di 60 miliardi in 10 anni sui parchi e sulle experience, assolutamente non scontato per un’azienda che, come appena indicato, è costretta a porre grande attenzione nella riduzione dei costi. E per una volta, sembra che la ricerca del successore di Iger venga svolta con impegno.

Ci sono però delle problematiche poco affrontate nel documento. Per esempio, comprendo l’importanza strategica (soprattutto sul fronte streaming) dell’acquisizione di 20th Century Fox, ma il costo dell’operazione (71 miliardi) è sicuramente più dovuto alla competizione con Comcast, che all’effettivo valore dell’azienda in quel momento. Su questo, comunque, c’è poco da fare, si è pagato troppo, ma ormai bisogna gestire al meglio queste realtà (anche disimpegnandosi in alcuni casi, come quello di Star India).

E per quanto capisco l’importanza di “investire sui nostri brand e franchise principali”, bisogna anche fare attenzione a lasciare il giusto spazio ai prodotti Original, per non rischiare di ‘spompare’ grandi titoli. Infine, se è positivo il piano per rendere profittevole il Direct to Consumer (o streaming che dir si voglia), nei prossimi anni bisognerà dimostrare che si possano raggiungere dei margini non dico all’altezza della pay Tv dei bei tempi, ma almeno non farli rimpiangere troppo. Tuttavia, è sempre corretto (ma questo è un discorso generale) non pretendere che aziende come Disney raggiungano i profitti nello streaming in tempi rapidi, quando Netflix ci ha messo più di dieci anni.

E passiamo agli investitori. C’è una differenza notevole tra Nelson Peltz e la società di investimenti Blackwell. Quest’ultima infatti non mette in discussione il ruolo di CEO di Bob Iger. Tuttavia, il documento ne ha per tutti. Peltz è criticato (anche giustamente) per la sua difficoltà nel capire le particolarità di Disney, un’azienda che sfrutta al meglio le sue property, partendo però sempre da contenuti audiovisivi e creativi. E in generale, Peltz non si è mai occupato di ‘media’. Così come la sua proposta di creare un bundle “ESPN – Netflix” suona di grande impatto, ma non è operativamente semplice.

Per quanto riguarda la Blackwell, indubbiamente lascia perplessi la loro ipotesi di scorporare la Disney in tre entità diverse, proprio per la connessione di tutte le attività di questa azienda attorno a un nucleo di storie e di ‘magia’. Insomma, si può pensare che la maggior parte degli azionisti preferiranno “l’usato sicuro” rappresentato da Bob Iger e dal suo CDA, piuttosto che un salto nel vuoto….

Di tutti questi argomenti, abbiamo parlato con Davide Dellacasa nell’ultima puntata del podcast, come potete sentire qui o leggere nelle righe sotto, che contengono la trascrizione di quanto detto:

Davide Dellacasa: Questo documento presenta il punto di vista dell’attuale gestione della Disney, quindi di Bob Iger e del board che l’ha riportato alla guida della Disney, e ci racconta un po’ di cose interessanti sul ritorno sull’investimento delle grandi acquisizioni Disney degli ultimi anni. Anche tu hai avuto modo di darci un’occhiata, come vedi questa situazione?

Robert Bernocchi: E’ sicuramente complessa, nel senso che gli investitori che si contrappongono all’attuale board presentano una serie di problemi su cui si potrebbe anche concordare in certi casi, come il fatto che l’acquisizione di 20th Century Fox sia stata troppo costosa, il problema delle televisioni lineari e come sfruttarle ancora in questo momento. Ci sono oggettivamente delle difficoltà, ma questo vale un po’ per tutte le società tradizionali che in questo momento vivono una crisi di identità. Tuttavia, non mi sembra che questi investitori che si contrappongono al board abbiano poi delle idee straordinarie per risolvere questi problemi, anche noi possiamo tranquillamente sottolineare delle criticità di Disney, poi un altro punto è risolverle. In questo momento sembra che la strada presa dall’attuale board e da Bob Iger stia dando dei frutti interessanti, almeno nell’ultimo trimestre ci sono dei segnali positivi, soprattutto per la situazione dello streaming e sul fatto che dovrebbe arrivare a profittabilità nel 2024.

DDC: Sì, infatti è questo il tema, siamo buoni anche noi a criticare, però da qui avere delle idee su come risolvere i problemi è un altro paio di maniche. E a proposito di direzione in cui andare, nel frattempo Bloomberg questa notte nella sua newsletter ha parlato anche di un altro tema scottante in casa Disney, la successione a Bob Iger, successione che non è un tema immediato, però è un argomento che va preso da lontano. C’è un’analisi di quattro nomi come candidati interni alla successione. Anche questa è una cosa di cui abbiamo accennato, che ne pensi?

RB: E’ un tema fondamentale, come ha dimostrato il caso di Bob Chapek, che è arrivato un po’ a sorpresa. Questa ha portato a un amministratore delegato che, al di là dei suoi difetti, comunque si è ritrovato come una sorta di anatra zoppa. Il rischio è che non si trovi un nome su cui puntare e a cui dare tutta la fiducia necessaria, perché poi quello che sottolineava nella newsletter Bloomberg era proprio il fatto che tutti questi nomi ovviamente non hanno l’esperienza per il ruolo, ma nessuno la può avere. Disney è composta da tante società diverse, il cinema, lo streaming, lo sport e i parchi a tema. Sono cose completamente differenti, è ovvio che nessuno può avere un’esperienza totale di tutte queste realtà fino a quando non viene nominato amministratore delegato. Quindi, come giustamente nota il giornalista Lucas Shaw che ha scritto la newsletter, bisogna dare fiducia a qualcuno e poi ovviamente sperare che funzioni.

DDC: Si, insomma prevedere un periodo chiamiamolo di affiancamento, perché l’esperienza su tutte le aree di business è qualcosa molto molto rara e molto difficile da trovare.

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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