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Siamo di fronte a “una mangiatoia cinema”?

Da giorni, si parla dei dati pubblicati dal quotidiano La verità, tra film che non hanno incassato e stipendi dei registi. La realtà è decisamente più complicata…

Ha fatto molto scalpore l’articolo uscito su La verità a firma Giorgio Gandola, che parlava del “pozzo senza fondo” del cinema italiano e dei “maxistipendi ai soliti registi”. Tanto da essere diventato fonte di grande dibattito, in cui è intervenuto – citando proprio i numeri pubblicati dal quotidiano – anche il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano.

Diciamo subito che alcuni film messi alla gogna nell’articolo non dovrebbero esserci, visto che chiaramente hanno fatto solo un’uscita tecnica in sala. In primis, Era ora, che è diventato poi un’acquisizione Netflix molto fortunata, il quarto miglior risultato mondiale per un film italiano su questa piattaforma, con 24,7M di ore nelle prime tre settimane (quelle in cui è stato presente nelle top ten internazionali, nella prima settimana era anche in testa). E’ insomma un risultato di cui essere orgogliosi e certo non è un caso di finanziamento statale andato a un film invisibile.

Anche senza questo livello di risultati online, cito altri tre titoli finiti nell’articolo de La verità che hanno seguito un percorso analogo, a cominciare da Prima di andare via, che ormai è diventato “il film che ha fatto 29 spettatori”, come se questa cifra avesse qualche valenza (in un contesto di uscita tecnica, 1 o 300 spettatori non fa differenza). Questo film è poi arrivato su Amazon Prime Video, rimanendo per quattro giorni in top ten. Anche Ipersonnia e Gli attassati sono finiti sulla stessa piattaforma, restando in classifica rispettivamente per 6 e 10 giorni. Insomma, tutt’altro che passati senza lasciare traccia. Sarebbe come dire che Jannik Sinner ha fallito come sportivo, visto che la carriera di sciatore non lo ha portato da nessuna parte. In effetti, è vero, ma considerando che l’ha abbandonata per fare il tennista, meglio giudicarlo per quello che combina con la racchetta in mano, no?

Poi, chi scrive ha sottolineato più volte come, in un contesto in cui c’è da una parte un “tax credit cinema” e un “Tax credit tv/web”, un film che prende il tax credit cinema dovrebbe puntare a un’uscita seria in sala, con un investimento in P&A coerente con il budget. Ma visto che nulla vieta di fare questo tipo di operazioni, e che chiaramente a un certo punto possono essere vantaggiose per i produttori, non si può certo accusare nessuno di aver fatto degli illeciti, visto che hanno semplicemente perseguito il proprio interesse.

In realtà, bisogna definire quali sono gli obiettivi di questi sostegni. Servono per far crescere nuovi talenti, ben sapendo che difficilmente potranno ottenere grandi risultati economici? O servono per dar vita a film che effettivamente puntano a un importante percorso nei cinema e quindi sono soggetti a critiche anche feroci quando non ci sono riscontri di pubblico?

La questione non è semplice. Allo stesso modo in cui trovo ormai obsoleta l’idea che si facciano cortometraggi con uno sfruttamento che sarà limitato solo a qualche Festival, si può tranquillamente riflettere se fare film con risorse modeste (perché cifre sotto il milione-milione e mezzo ormai lo sono, considerando l’inflazione dei costi e le troupe non straordinarie che si possono trovare con quei budget) sia veramente il modo migliore di far crescere nuovi registi. Sicuri che fare prodotti per YouTube, senza puzza sotto il naso, non sarebbe in certi casi una palestra migliore?

Alla fine, mi sembra che l’idea dell’articolo non sia tanto parlare di veri e propri sprechi, ma fare una classifica al contrario con i film che hanno avuto meno spettatori. In effetti, troviamo un budget di 40.000 euro (immagino che tutti i lavoratori fossero in partecipazione e non pagati, altrimenti i conti non mi tornano) come La vera storia di Luisa Bonfanti, che è veramente difficile considerare uno spreco di risorse. Quanto doveva costare, il prezzo di tre caffé? E poi invece si passa a titoli da 3,5 milioni, che ovviamente è un altro universo. Per carità, non è vietato mettere assieme produzioni così diverse, ma poi stride il passaggio ai “maxistipendi ai soliti registi”, in cui ci si concentra quasi esclusivamente su serie molto costose (che ci azzecca?).

Il titolo utilizzato è già paradossale: a chi volete che vadano gli stipendi migliori, se non a registi affermati? Poi, ci si potrà domandare se i risultati delle serie girate siano effettivamente importanti (sulla poca trasparenza di questi numeri, mi sono lamentato spesso e senza fortuna), ma quello è tutt’altro discorso. In questo contesto, che un regista prenda certi stipendi dopo aver lavorato a una serie (magari anche come sceneggiatore) per due anni della sua vita, che dedica a prodotto in cui il suo nome è fondamentale nella promozione, mi sembra tutt’altro che scandaloso. Anzi, trovo molto più discutibili certi stipendi di alcuni attori, che magari per poche settimane di ripresa possono ottenere cifre veramente importanti (e poi non portare al cinema sul loro nome neanche i parenti).

In particolare, è buffa la menzione di Joe Wright, il regista di Espiazione (candidato a sette Oscar, compreso quello per il miglior film) e che certo non ha bisogno dei contributi pubblici italiani per guadagnare 1,4 milioni se lavora a una serie. M – Il figlio del secolo peraltro costa 49 milioni, quanto lo vuoi pagare un famoso regista inglese su un prodotto così importante?

Ma soprattutto, se We Are Who We Are costa 47 milioni di euro, non trovo certo sconvolgente che la coppia Guadagnino-Gabriellini ne prenda 2,4 milioni totali (immagino buona parte finita a Guadagnino), considerando che tutta la serie si vende sul nome di Guadagnino, regista italiano candidato all’Oscar e che gira con diverse star internazionali nei suoi film.

Si può invece discutere (e l’industria dovrebbe farlo seriamente) se alcuni budget siano effettivamente coerenti con quanto poi si vede sullo schermo e con le ambizioni commerciali di quei prodotti. Ultimamente, mi è capitato di leggere recensioni di alcune serie in cui ci si lamentava delle basse risorse a disposizione. Peccato che quei titoli avessero budget decisamente importanti, sia per il nostro Mercato in generale, che per le piattaforme/televisioni che li hanno sostenuti. Insomma, forse non sono il solo a pensare che alcuni budget alti non corrispondano a quello che si vede sullo schermo.

Perché, va detto in maniera chiara, i budget importanti sono una risorsa fondamentale per il cinema e la televisione italiana, che permette di essere competitivi con altri Paesi europei e provare a conquistare mercati internazionali. Un’ottima cosa insomma, ma che deve essere gestita nel migliore dei modi, per non diventare (come talvolta capita nel nostro settore) un’occasione persa.

Se poi le istituzioni esigono dall’industria che la maggioranza dei film e delle serie ottengano buoni risultati, questo non è possibile, perché il Mercato è fatto di pochi successi e di tanti titoli che ottengono riscontri più o meno insignificanti. E no, non perché i produttori e registi italiani li facciano solo ed esclusivamente per prendere i contributi, ma perché è proprio una caratteristica di questo settore, che vale anche per gli Stati Uniti. D’altronde, si dice spesso che un grande successo ripaga magari 3 o quattro flop, quindi anche per loro la maggioranza dei progetti va in perdita.

Il paradosso è che magari dovremmo tutti accettare questa realtà e non deformarla parlando troppo spesso di ‘successi’, ‘film importanti’, ‘serie molto viste all’estero” (dateci i dati!) o esaltarci per un premio a un Festival minore. Ogni tanto, c’è quasi da parte dell’industria la volontà di ‘giustificarsi’, come se ci fosse veramente qualcosa da giustificare. Questo non significa non tenere conto dei risultati, anzi, ma solo essere onesti con quello che si può ottenere. Perché, sinceramente, potremmo ingannare qualche giornalista compiacente e distratto. Ma le piattaforme straniere che hanno chiuso i rubinetti dopo aver visto dei riscontri inadeguati ai loro investimenti (in diversi casi, con spese fuori controllo sia nelle produzioni che nelle acquisizioni, ed è ovviamente colpa loro), state tranquilli, quelle non le inganniamo.

Infine, mi sembra importante sottolineare una cosa. Capita che escano articoli come quelli de La verità in cui vengono messi assieme tanti dati ‘forti’, ma magari in maniera confusa e semplicistica. Questo non significa che i problemi non esistano. Anzi, spesso queste reazioni discutibili derivano da problemi che ci sono da tempo e che sia la nostra industria che le istituzioni non hanno affrontato. Questioni come il tax credit cinema usato per andare direttamente in piattaforma o i budget fuori controllo e talvolta su prodotti non così commerciali. E magari il tema delle window, che in questi tre anni non è stato gestito bene (il periodo della finestre di trenta giorni per i prodotti italiani ha fatto danni notevoli). Adesso, ci vogliono scelte intelligenti e costruttive. Speriamo che arrivino…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.

5 thoughts on “Siamo di fronte a “una mangiatoia cinema”?

  1. Mamma mia, 3 giorni in top ten su Amazin Prime Italia. Allora sì che 14 milionindi soldi statali sono stati ben spesi. E se ne spendono ben pochi. Consiglio una tax credit del 110% sul budget, 180% sulla distribuzione, 210% sugli incassi e, infine, copertura delle fikm commission che parte dal 99% e può arrivare fino al 230%. Ma giusto per mantenersi bassi.

    1. guarda che i soldi dei contributi vengono reimmessi nel sistema, quindi più contributi, più lavoro per gli operatori e più tasse pagate. Non è che i soldi se li tiene in tasca il produttore, al netto di false rendicontazini.
      Il problema qui è un altro ma sembra che tu non l’abbia capito. Però la tua figura l’hai voluta fare lo stesso. Frustrato.

      1. film che costano 10 milioni e incassano 100 mila…Di quale sistema parliamo??? Di quello di fare film di poca qualità e senza un reale mercato per dar da vivere agli operatori del settore???

  2. La soluzione più logica sarebbe quella di tagliare fondi alla sanità e alla scuola e investire nel cinema italiano. Più il film è inutile e privo di pubblico più lo Stato deve investire…Se qualcuno mangia, tutti gli altri posso andare a fare in c….

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