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Si produrrà di meno e con meno soldi?

Dopo la fine dello sciopero degli sceneggiatori, quali sono le prospettive per l’industria americana? Vediamo di capirne di più…

La sala del Gum Cinema nel centro di Mosca

Come sempre, è molto stimolante leggere la newsletter Entertainment Strategy Guy. Per esempio, mi ha colpito molto uno degli ultimi articoli, intitolato in maniera chiarissima “5 segnali che l’era di Hollywood che spende come un marinaio ubriaco è finita”.

L’autore parte da una considerazione sui costi dei diritti de L’esorcista, che Comcast nel 2021 aveva preso per 400 milioni di dollari. Va detto che (nell’articolo non è evidenziato) la cifra comprende non solo la possibilità di realizzare una nuova trilogia, ma anche (cosa fondamentale) i diritti di sfruttamento dei film originali. Certo, 400 milioni sono comunque un investimento notevole e i risultati mondiali (finora, 109 milioni di dollari incassati) de L’esorcista: Il credente non sono entusiasmanti. E ESG ritiene invece che siamo entrati in un’era di grossa attenzione ai costi. Per dimostrarlo, si concentra su cinque punti.

1) ESG è scettico sui diritti NBA, che a detta di tutti l’anno prossimo dovrebbero generare introiti enormi per questa Lega. E se invece, come capitato anche per i diritti del wrestling della WWE, le offerte fossero più basse del previsto? D’altronde, in Italia ne sappiamo qualcosa, considerando che alla fine le offerte di Sky e DAZN che sono state accettate erano ben sotto le aspettative dei Presidenti delle squadre.

Su questo primo punto, non sono sicurissimo che ESG abbia ragione. Se è vero che i diritti sportivi hanno dimostrato in questi anni di poter rappresentare un “loss leader” (come ha detto Ted Sarandos di Netflix), è anche sicuro che alcune realtà tecnologiche siano disposte a perdere pur di proporre dei contenuti importanti. Ricordo, in questo senso, i 2 miliardi di dollari che Youtube/Google spenderà nei prossimi anni per i diritti del Sunday Ticket dell’NFL, il miliardo che Amazon darà sempre all’NFL per la partita del Thursday Night Football e i 250 milioni che Apple è disposta a pagare per le partite del campionato di calcio statunitense (questo l’investimento a mio avviso più rischioso, in proporzione al pubblico interessato). Insomma, la cautela sarebbe necessaria, ma certe aziende sembrano avere il portafoglio sempre gonfio.

Interessante comunque come ESG faccia notare che alcuni accordi che vengono comunicati avere un aumento di prezzo enorme, in realtà magari crescono del 4-5% all’anno (ma su un contratto da 10-12 anni risulta che la crescita sia notevole).

2) Sul secondo fronte, si parla delle Mergers & Acquisitions (Fusioni e acquisizioni), con realtà come All3Media che al momento non riescono a essere vendute per il prezzo richiesto dai possessori (ossia Warner Bros Discovery). E ovviamente c’è anche il caso di Candle Media e dei suoi investimenti, di cui vi avevo parlato qui.

Sicuramente, non è un periodo felice per questo genere di operazioni, sia per l’aumento del costo del denaro che per una grande attenzione a qualsiasi attività di questo tipo da parte dell’Antitrust americano.

3) Il punto 3 è quello forse più di attualità, ossia la produzione di contenuti collegata alla fine dello sciopero degli sceneggiatori. ESG cita il suo collega di The Ankler Sean McNulty, che a sua volta menziona le parole di alcuni sceneggiatori su quello che è successo ad alcune produzioni che si erano interrotte con gli scioperi, che sono state cancellate o hanno visto le loro puntate ridotte rispetto ai piani originali. E in generale non sembra proprio che si vogliano realizzare tante nuove serie, per recuperare quello che si è perso in questi cinque mesi (e che si continua a perdere anche ora, considerando che gli attori sono ancora in sciopero, anche se la speranza è che si torni presto al lavoro).

D’altronde, nell’articolo sulla trimestrale di Netflix, avevo sottolineato come quest’anno lo streamer finirà con lo spendere 13 miliardi di dollari nella produzione di contenuti, rispetto ai 17 miliardi previsti originariamente, mentre l’anno prossimo gli investimenti torneranno proprio a 17 miliardi. Questo significa che non c’è nessuna intenzione di utilizzare i 4 miliardi risparmiati quest’anno e metterli sul 2024.

4) Il punto 4 è quello che mi ha intrigato di più, perché sinceramente non lo avevo captato. Si parla di alcuni accordi quadro con gli showrunner, come citati da Matt Belloni, che si sono trovati con gli studios che non hanno prolungato quei contratti di cinque mesi (come era capitato durante gli altri scioperi), quindi risparmiando in quel periodo. E magari, molti di quegli accordi, che erano a costi inflazionati, non verranno rinnovati alla scadenza. Ma quanto è stato il risparmio? Belloni lo valuta intorno ai 260 milioni di dollari, cifra superiore ai 233 milioni che la WGA prevede per gli aumenti nei salari durante il nuovo accordo (previsione che peraltro, mi chiedo sempre, su quali aspettative di volume di produzioni è basata?). E non parliamo dei tanti licenziamenti aziendali…

5) Sul quinto punto, non posso dire nulla di critico, visto che lo ripeto da anni: lo streaming, almeno con questo modello economico, produce meno ricavi e utili della pay tv tradizionale, che nel frattempo continua a perdere abbonati (e anche la free tv non se la passa benissimo). In questo quadro, ESG non fa previsioni apocalittiche, anzi si limita a dire che gli investimenti saranno ‘stabili’, ma non crolleranno. Tuttavia, ‘stabili’ per l’autore non è una buona notizia, perché genererà un effetto a catena che rischia di portare a meno investimenti. E quindi a diminuire i costi. Vedremo se sarà effettivamente così…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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