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Incontri Fice – Le difficoltà del cinema italiano

Si producono tanti, troppi film, che il mercato non riesce ad assorbire. Sempre più fondamentale il dialogo con il pubblico

“Il cinema italiano a una svolta”. È stato questo il titolo del convegno che si è tenuto il 4 ottobre a Mantova, durante gli Incontri del cinema d’essai organizzati dalla Fice (2-5 ottobre). Un tema di cui negli anni si è discusso e parlato molto e che trae spunto da un dato diffuso durante il dibattito. Nel 2023 sono stati 560 i film usciti in sala di cui ben 250 italiani (71 quelli certificati d’essai). Un numero eccessivo e in crescita, anche se non ci può essere posto per tutti i film sul mercato. Ai pochi successi – sono stati citati Il sol dell’avvenire, Rapito e Io capitano per rimanere nell’ambito dei film di qualità – fanno da contraltare i tanti, troppi film che non lasciano tracce al box office. La quota di mercato del cinema nazionale è comunque discreta, avvicinandosi al 18%, con il 34% dei film.

In testa agli incassi dell’anno, però, troviamo due film family come Me contro te – Missione giungla e Tre di troppo con incassi che si avvicinano ai 5 milioni. La top 10 non è dominata comunque dalla commedia classica, a parte la presenza di Tramite amicizia di Alessandro Siani. Troviamo anche solidi film d’autore come Il sol dell’avvenire, Io capitano e Rapito, titoli di genere come L’ultima notte di amore o film dalle tematiche forti come Il primo giorno della mia vita. A dimostrazione della varietà di proposta che è stata accolta dal pubblico con favore anche se non si sono registrati incassi da blockbuster. L’asticella dei 10 milioni di euro rimane ancora lontana.

Diventa quindi importante un aspetto, anche questo molto dibattuto negli anni: come riuscire a dialogare con il pubblico, a farlo interessare alla nostra produzione? Benedetto Habib (Indiana Production, presidente Unione produttori Anica) ha fatto presente che «la pandemia ha rappresentato un forte spartiacque per il cinema italiano ma alcuni segnali, come la difficoltà del cinema medio a ottenere risultati commerciali di rilievo, erano già presenti prima del Covid. Noi produttori abbiamo cercato di alzare l’asticella, scegliendo anche di non puntare solo sulla commedia verso la quali gli spettatori si sono dimostrati un po’ freddi. Il pubblico va capito, studiato e la sala cinematografica è il luogo ideale per avere questi riscontri sui film. Rispetto alla produzione di serie Tv c’è però una differenza: i broadcaster sanno benissimo quali sono i loro spettatori e i prodotti ideali per ingaggiarli. Al cinema questo è più difficile. Il tema della quantità dei troppi film che si producono c’è sicuramente ma si risolve se ci si indirizza verso film di cui c’è una vera urgenza produttiva e artistica, come stiamo vedendo per Io capitano in queste settimane. Anche i riscontri di pubblico ai film certificano se un racconto è stato davvero sentito, importante e significativo. In questo senso il cinema ha un ruolo fondamentale per valorizzare i film».

Nella foto, da sinistra: l’esercente e moderatore Michele Crocchiola, i produttori Benedetto Habib e Marina Marzotto, il direttore della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera e il presidente Fice, Domenico Dinoia

Sul tema della quantità è intervenuto anche Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia: «Da mio osservatorio posso dire che anno dopo anno è sempre maggiore il numero di film italiani che ci vengono proposti. Quest’anno sono stati oltre 200, davvero tanti. Noto un’ansia di produrre eccessiva, figlia anche dei meccanismi di sostegno pubblico che hanno messo a disposizione sempre più risorse che talvolta non sono state utilizzate nel modo adeguato. Bisogna far crescere la qualità dei film e questa è possibile se si investe di più sul singolo titolo; occorre alzare il livello dei budget produttivi. Il cinema italiano deve essere sempre più industriale mentre noto che si lavora senza una vera strategia. Si realizzano pochi film per famiglie o di animazione e questo è un limite». Marina Marzotto (Propaganda Produzioni e presidente AGCI) ha evidenziato come «il rapporto con gli spettatori si recupera se fin dall’inizio della scrittura di un film si pensa al pubblico cui si potrebbe rivolgere. La comunicazione svolge un ruolo fondamentale ma in questo i produttori, soprattutto quelli piccoli, sono in difficoltà; ad esempio non hanno a disposizione i trailer dei film da far girare per promuovere autonomamente un titolo. Un altro elemento che attiva il dialogo e il rapporto con gli spettatori è la disponibilità dei talent alla promozione; purtroppo da parte loro, talvolta c’è resistenza sul tema».

 

Francesco Mariotti, a capo degli autori dell’Anac ha invece evidenziato «che dei 700 milioni di euro che il Mic mette a disposizione del cinema, il 50% è destinato al tax credit della produzione con un credito di imposta salito al 40% durante il Covid, proprio per rilanciare le produzioni. Negli anni queste risorse sono aumentate ma non quelle per lo sviluppo creativo dei progetti. E questo è un limite». Di dialogo con il pubblico ha parlato anche Lionello Cerri (Anteo Spaziocinema): «Molto dipende anche da noi esercenti. Dobbiamo essere sempre più imprenditori culturali. Spetta anche a noi creare il nostro pubblico e non sempre riusciamo a farlo. Il problema del cinema italiano non riguarda produttori o distributori o gli esercenti, ma è un tema che coinvolge tutti noi. Alcuni anni fa era stato creato un programma, 100città, che vedeva tutta la filiera collaborare per rendere sempre più stretto il rapporto tra cinema italiano di qualità e cinema. Bisognerebbe tornare a fare sistema per aiutare la nostra produzione».

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