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L’accordo WGA-AMPTP lascia molti dubbi

Il nuovo contratto tra sceneggiatori e produttori è stato salutato come rivoluzionario. Ma è così? La realtà è molto più complicata…

Ora che sono usciti i dettagli dell’accordo che hanno trovato il sindacato degli sceneggiatori WGA e l’associazione dei produttori AMPTP, è sicuramente utile fare un’analisi di quello che è stato concordato e provare a capire come sono andate le cose.

In primis, penso che ci sia un elemento fondamentale e che ho visto spesso trascurato nei vari commenti a riguardo. A mio avviso, sarebbe stagliato giudicare l’accordo secondo i parametri di una bolla folle che abbiamo vissuto in questi tre anni e provando a calcolare i possibili benefici secondo quei parametri. In realtà, tanti aspetti di questo nuovo contratto potranno essere giudicati adeguatamente solo in base all’andamento del Mercato nei prossimi anni.

In questo senso, è molto difficile capire se le stime sul nuovo contratto fatte dalla WGA (che vengono valutate con un miglioramento di 233 milioni di dollari all’anno, rispetto ai 429 milioni che il sindacato aveva chiesto prima di entrare in sciopero e agli 86 milioni che aveva offerto l’AMPTP in quel momento) si concretizzeranno.

Ma vediamo i punti più importanti che sono venuti fuori, partendo da un aspetto che – lo ammetto – mi ha lasciato perplesso. Il tema dei compensi minimi è ovviamente fondamentale, perché riguarda un gran numero di professionisti, a differenza di quanto avviene per questioni magari più ‘mediatiche’, ma limitate a una platea di sceneggiatori più ridotta (come i residual e i bonus legati ai prodotti streaming). Come comunica la WGA:

La maggior parte dei minimi MBA aumenteranno del 5% alla ratifica del contratto, del 4% il 2/5/2024 e del 3,5% il 2/5/2025. Alcuni minimi e tariffe aumentano meno, per lo più del 3% ogni anno, mentre alcune tariffe aumentano solo una volta o non aumentano nel corso del contratto. Queste eccezioni sono il risultato di modelli consolidati nel settore.

Per quanto questi aumenti siano assolutamente importanti, la WGA ha ottenuto esattamente le stesse condizioni che sono state conquistate dalla DGA, il sindacato dei registi, senza che questi professionisti abbiano dovuto fare cinque mesi di sciopero o perdere nessun lavoro. Questo, sinceramente, è un po’ sorprendente.

Miglioramento notevole invece per quanto riguarda le mini-rooms (o pre-greenlight rooms), ossia quei piccoli gruppi di sceneggiatori che – prima che venga dato il via libera alla produzione – realizzano dei soggetti o anche delle vere e proprie sceneggiature, in modo da ‘testare’ l’efficacia di questi progetti a costi molto ridotti per chi le commissiona rispetto alle normali tariffe. In questo senso, la WGA ha ottenuto che almeno tre sceneggiatori ci lavoreranno per serie di sei o meno episodi, cinque per quelle da 7-12 e sei per quelle oltre le 13 puntate. Inoltre, almeno tre sceneggiatori saranno coinvolti nella scrittura fino alla produzione. Unica eccezione, quando un progetto fin dall’inizio prevede un unico sceneggiatore che scriverà tutti gli episodi (sarà contento Taylor Sheridan).

Su questo, però, mi rifaccio a quanto ha recentemente scritto un anonimo “showrunner di alto livello” per la newsletter The Ankler, che sosteneva che, nel momento in cui queste realtà sarebbero state regolarizzate con formule più adeguate per il lavoro degli sceneggiatori, quasi sicuramente questa formula di lavoro sarebbe scomparsa. Questo perché, se la vera ragione all’origine di questa scelta è semplicemente di risparmiare, quando il risparmio viene meno, automaticamente scompare anche l’utilità della mini room. Vedremo se andrà così.

Si è parlato poi molto dell’Intelligenza artificiale e del rischio che sostituisca i professionisti della scrittura. Alla fine, l’accordo prevede che:

Il materiale scritto generato dall’intelligenza artificiale non è considerato materiale letterario, materiale di partenza o materiale assegnato nell’ambito dell’MBA. L’intelligenza artificiale non è uno scrittore nell’ambito dell’MBA. Lo scrittore può scegliere di utilizzare l’intelligenza artificiale durante l’esecuzione di servizi di scrittura, se la Società acconsente e a condizione che lo scrittore segua le politiche aziendali applicabili. L’Azienda non può richiedere allo scrittore di utilizzare software AI (ad esempio ChatGPT) quando esegue servizi di scrittura. La Società deve rivelare allo scrittore se qualsiasi materiale fornito allo scrittore è stato generato da AI o incorpora materiale generato da AI. Il sindacato si riserva il diritto di affermare che lo sfruttamento del materiale degli scrittori per addestrare l’intelligenza artificiale è proibito dall’MBA o da altre leggi.

L’intesa è sicuramente positiva e corretta in questo momento storico, ma bisogna tranquillamente dire che il tema dell’AI è talmente enorme per quanto riguarda il futuro Mercato del lavoro (ben oltre il mondo del cinema e dell’audiovisivo), che richiede una legislazione accurata da parte delle istituzioni. Altrimenti, alla fine del contratto (e con gli ovvi progressi che questa tecnologia avrà fatto nei prossimi due anni e mezzo) ci ritroveremo con rischi anche maggiori nei confronti dell’occupazione. Inoltre, questo tema non è risolvibile solo da un punto di vista legale, ma riguarda anche il fondamentale rapporto di lavoro creativo tra chi scrive e chi commissiona. Che succede se una società di produzione ‘affida’ a un suo dipendente la scrittura iniziale di una storia con ChatGPT e quindi fa registrare questo prodotto a quel professionista che tiene costantemente sotto contratto? E’ ovvio che cambiano i rapporti con gli sceneggiatori.

Ci sono anche miglioramenti importanti sui residual. Per quanto riguarda i film, ecco cosa riporta la WGA:

Quando un progetto di lungometraggio viene realizzato per lo streaming con un budget di 30 milioni di dollari o più, il compenso iniziale minimo per una storia e una sceneggiatura è di 100.000 dollari (un aumento del 18% rispetto al tasso attuale) e un aumento del 26% nella base dei residual. In combinazione con i miglioramenti dei residual esteri descritti di seguito, ciò si traduce in un residual triennale di 216.000 dollari per progetti sulle maggiori piattaforme, un aumento del 49% rispetto ai 144.993 dollari dell’MBA 2020.

Inoltre, ci sono bonus sui residual anche in base ai risultati, nello specifico:

Il sindacato ha negoziato un nuovo residual in base al numero di spettatori. Le serie e i film realizzati per i prodotti HBSVOD (High-Budget Subscription Video on Demand) che vengono visti da almeno il 20% degli abbonati statunitensi del servizio nei primi 90 giorni dall’uscita, o nei primi 90 giorni in qualsiasi anno di proiezione successivo, ottengono un bonus pari al 50% del residual fisso statunitense ed estero, con visioni calcolate come ore di streaming statunitense della stagione della serie o del film, divise per la durata del prodotto. Ad esempio, i progetti scritti nell’ambito del nuovo MBA sui maggiori servizi di streaming riceverebbero un bonus di 9.031 dollari per un episodio di mezz’ora, 16.415 dollari per un episodio di un’ora o 40.500 dollari per un film streaming con un budget superiore a 30 milioni di dollari. Questa struttura dei bonus entrerà in vigore per i progetti che usciranno a partire dal 1° gennaio 2024.

Qui, sinceramente, torniamo al discorso iniziale. Apparentemente sono miglioramenti notevoli, ma come si evolverà il Mercato? Per esempio, non credo proprio che la soglia di budget dei 30 milioni di dollari concordata per i film streaming (basti pensare che inizialmente la WGA ne voleva una – molto più bassa – di 12M) rappresenti un gran numero di produzioni interessate (d’altronde, la lezione di David Zaslav di non fare film streaming con budget importanti è ormai diventata un pilastro dell’industria attuale). Allo stesso modo, quanti saranno i prodotti che superano il 20% di abbonati della piattaforma che li vedono (attenzione ai termini: scritta così, mi pare evidente che se una famiglia vede lo stesso prodotto tre o quattro volte, verrà comunque conteggiato un unico abbonato)? Ricordando che i numeri Nielsen comprendono tutte le stagioni di un prodotto, se vedo i dati dall’inizio dell’anno, trovo solo due stagioni nuove di serie già esistenti di Netflix (Ginny & Georgia e The Night Agent) che superano senza dubbio questo limite, più forse alcune di catalogo (che però non fanno parte dell’accordo, quindi sono influenti nel discorso che stiamo facendo). E stiamo parlando di Netflix, che ha abbonati che usano molto il servizio rispetto agli altri. La cosa buffa, è che spesso si è parlato dei residual come una sorta di diritto fondamentale per tutti, ma così andrà a premiare quasi sempre showrunner che hanno già ricchi accordi (e a cui questi livelli di residual non cambieranno minimamente il conto in banca).

Dove sicuramente c’è stato un ottimo progresso, è sui residual legati ai risultati delle piattaforme fuori dagli Stati Uniti:

I residual legati ai risultati delle piattaforme streaming all’estero saranno ora basati sul numero di abbonati stranieri del servizio di streaming per i servizi disponibili a livello globale, pari a un aumento del 76% (incluso un aumento di base del 2,5%) rispetto al residual estero per gli streamer con il maggior numero di abbonati globali in 3 anni. Ad esempio, il residual estero triennale di Netflix aumenterà dagli attuali 18.684 dollari per un episodio di un’ora a 32.830 dollari.

Ma qui si stanno finalmente adeguando dei compensi che erano veramente bassissimi. Non c’è invece da avere enormi speranze sulla trasparenza dei dati, soprattutto per chi volesse utilizzare queste informazioni pubblicamente (cosa impossibile):

Trasparenza dei dati in streaming: le Società accettano di fornire al Sindacato, soggetto a un accordo di riservatezza, il numero totale di ore trasmesse in streaming, sia a livello nazionale che internazionale, di programmi di streaming ad alto budget autoprodotti (ad esempio, una serie originale Netflix). Il sindacato può condividere informazioni con i membri in forma aggregata.

Quindi, uno sceneggiatore non avrà i dati precisi dei risultati di un suo prodotto. Infine, ci sono anche dei miglioramenti sostanziali per quanto riguarda i contributi pensionistici.

Insomma, i cambiamenti decisi sono sicuramente positivi, anche se forse un po’ enfatizzati nelle conseguenze concrete. Ma che influenza avranno sull’industria in generale e sulla situazione degli sceneggiatori in particolare? Temo purtroppo che non saranno così fondamentali, perché rimangono delle questioni strutturali che ci portiamo da anni e che non sono state risolte (né potevano esserlo) dal nuovo accordo.

Per esempio, sappiamo bene che in questi anni sono entrati nell’industria del cinema e dell’audiovisivo tanti nuovi professionisti tecnici e artistici (compresi molti sceneggiatori emergenti), che hanno beneficiato della fortissima crescita nelle produzioni. Cosa succederà a tanti di questi lavoratori, adesso che diminuiscono sia il numero di prodotti che il loro budget? La risposta temo che sia semplice e non positiva. E credo proprio che bisognerebbe parlarne di più.

E rimangono poi le problematiche del modello degli streaming, che a mio avviso hanno diverse magagne, che spesso colpiscono proprio chi ci lavora, in particolare gli sceneggiatori. Per chi era abituato a scrivere 16-24 episodi di una serie per la televisione tradizionale (molto spesso con uscite regolari ogni anno), passare agli attuali 6-8 (con pause anche di due anni tra una stagione e l’altra) significa quasi sempre doversi trovare altri incarichi, con la difficoltà di riuscire a fare tutto (e in alcuni casi, con obblighi che impediscono di prendere degli incarichi in certi periodi). E’ un sistema che, oltre a non creare la ricchezza futura delle serie con oltre 100 episodi (che si vendono ancora benissimo), non permette una regolarità lavorativa a tanti professionisti.

E, in questo contesto, ha ancora senso il modello dell’acquisizione di tutti i diritti mondiali da parte degli streaming, con costi maggiori iniziali (come se tutti i prodotti fossero dei successi, mentre invece la maggior parte ottengono risultati mediocri) e residual limitati rispetto ai modelli tradizionali? Perché va benissimo festeggiare l’aumento di quote nei residual dello streaming, ma se poi queste realtà tornassero a modelli tradizionali, il ‘saldo’ per tutti (produttori, registi, sceneggiatori, attori e troupe) non sarebbe positivo.

Non parliamo poi dei danni che sta subendo il mondo del cinema. Dopo diversi film importanti rinviati nel 2023, è evidente che nel 2024 avremo degli slittamenti di altri titoli di peso. Tutto questo, in un nuovo sistema per cui è ormai evidente che l’intenzione è di portare meno prodotto al cinema, al di là di qualsiasi sciopero.

Per chiudere, non si può evitare di notare che questo lungo sciopero avrebbe sicuramente potuto (e dovuto) essere risolto prima e che ci sono stati degli errori/scelte discutibili da entrambe le parti. Le grandi società, molto francamente, nei primi mesi sembravano felicissime di interrompere le produzioni e risparmiare soldi, così anche da riportare il livello di prodotto realizzato a numeri ragionevoli, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze per tutto il settore. D’altro canto, la WGA è partita con l’idea che invece i produttori non avrebbero potuto fermarsi e che le piattaforme stessero facendo un sacco di soldi (convinzione errata, ma che è condivisa – anche in forma più radicale – dal sindacato degli attori). Ovvio che, con queste premesse, i risultati sono quelli che abbiamo visto. E che sicuramente hanno provocato un bel danno a tutta l’industria

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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