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Dinoia, teniture più lunghe per i film d’essai

Intervista al presidente Fice che analizza la stagione dei cinema di qualità e sottolinea l’importanza di quegli esercenti che hanno saputo rinnovare il dialogo e il rapporto con il pubblico in questi anni di pandemia

Si sta concludendo un anno molto difficile per i numeri del mercato e per le strutture. Il discorso riguarda anche i cinema d’essai che, però, nell’ultima parte dell’anno, hanno visto migliorare i loro risultati grazie a una serie di film d’autore, soprattutto italiani e provenienti dai festival, che hanno ottenuto buoni se non ottimi risultati. Questo ha dato un po’ di ossigeno alle strutture. Al di là di questi film, si stanno segnalando come virtuosi soprattutto quei cinema che durante la pandemia non hanno perso il contatto con i loro spettatori, anzi hanno saputo rinnovarlo, e questa si sta rivelando una scelta vincente anche in un periodo storico molto complicato per l’industria del cinema. Di questi e di altri temi abbiamo parlato alle Giornate Professionali di Sorrento con Domenico Dinoia, presidente Fice.

Come arriva l’esercizio d’essai alla fine di questo anno?

«L’ultima parte del 2022 è quella che sta dando probabilmente le maggiori soddisfazioni ai nostri associati. Da Nostalgia di Mario Martone in poi, i risultati dei film di qualità sono stati in crescendo, in particolare grazie ai titoli presentati alla Mostra del Cinema di Venezia come Il signore delle formiche di Gianni Amelio e Siccità di Paolo Virzì, per continuare poi con Dante di Pupi Avati che sta avendo una lunga tenitura grazie al lavoro con le scuole, Il colibrì di Francesca Archibugi visto alla Festa del Cinema di Roma;  aggiungo anche il risultato della Palma d’Oro a Cannes, Triangle of Sadness di Ruben Ostlund che nelle città sta ottenendo incassi importanti. Si sfata un altro luogo comune sulle teniture; questi film sono rimasti in programmazione uno o due mesi grazie al passaparola positivo che hanno ottenuto. Un segnale che fa bene sperare per il futuro».

Che messaggio arriva dal pubblico?

«Gli spettatori ci stanno dicendo che è necessario lavorare su proposte di film di qualità; la commedia, che negli ultimi tempi era molto scaduta a livello di sceneggiatura e di idee, interessa meno. C’è la necessità di elevare il livello professionale delle opere, di qualsiasi genere esse siano, per catturare gli interessi degli spettatori».

Anche per quanto riguarda l’essai, escono tanti film che non riescono più a intercettare il pubblico.

«Al di là dei titoli dei grandi autori che citavamo prima, c’è da sottolineare una parte di cinema italiano e non solo fa molta fatica a conquistare gli spettatori; parliamo di film di valore di giovani autori. Si fa fatica ad avere un ricambio generazionale. In questo caso, a mio avviso, questi film scontano una mancata e adeguata promozione e scelte di uscite che non permettono di dare una giusta attenzione ai lungometraggi. È evidente che quando escono decine di opere senza promozione, quelle che ne fanno le spese sono le più fragili, sperimentali e che avrebbero bisogno di maggiori attenzioni. Vanno rivisti i meccanismi di promozione e lancio dei film».

Al di là di strutture quali Anteo Palazzo del Cinema a Milano o Quattro Fontane di Roma, quali sono i cinema d’essai che stanno andando meglio in questo 2022?

«Ce ne sono diversi, fortunatamente. Stanno rispondendo bene quelli di esercenti che, in questi due anni di pandemia, hanno fatto un lavoro di ricostruzione del rapporto con il loro pubblico; non è più sufficiente avere il film in programmazione ma bisogna continuare con eventi e modalità di coinvolgimento degli spettatori nuove per far vivere loro un’esperienza. Questo percorso si costruisce avendo un rapporto più diretto con chi viene nelle nostre sale. La fidelizzazione sarà un elemento sempre più importante per noi esercenti. Cito in particolare il Beltrade di Milano, Il Nuovo di La Spezia, l’Edera di Treviso, Lo Stensen di Firenze; sono sale storiche che si sono rinnovate e riescono ad ottenere risultati importanti anche con film difficili. Questo può essere utile e di insegnamento anche per altri cinema. C’è da sottolineare che nel segmento essai non ci sono state chiusure in questo periodo e mi sembra un segnale importante».

Come procede il lavoro tra la Fice e le altre associazioni di categoria?

«Gli obiettivi di Fice, Anec e Acec, dal punto di vista generale sono gli stessi. Ovvero come riportare il pubblico al cinema. Aggiungo anche come ricreare l’interesse degli spettatori verso la sala cinematografica. Si tratta di due temi comuni a tutte le sigle associative, così come la richiesta di investimenti da parte delle istituzioni con la necessità di ricreare delle finestre che confermino la centralità della sala che deve avere una priorità sulle uscite cinematografiche. Nello specifico è chiaro che la Fice guarda con più attenzione alla salvaguardia dell’esperienza cinematografica anche come capacità di valorizzare cinematografie meno conosciute; dare spazio a nuovi autori e ai film dai festival. Su questi temi, la peculiarità della Fice deve essere un elemento da mantenere e rafforzare».

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