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Le nuove (vecchie) regole delle window

In attesa che il nuovo decreto venga comunicato ufficialmente, vi parliamo delle scelte fatte dal governo sul tema window. Che sono un primo passo, ma non sufficiente…

Ne avevamo già parlato a inizio febbraio e le cose sono andate effettivamente come anticipato: il decreto delle window (che dovrebbe essere pubblicato a breve) riprende l’impianto del decreto Bonisoli del 2018 e che si concentrava sui film italiani, obbligandoli a rispettare determinate finestre per non perdere i benefici statali. Queste erano le opzioni previste all’epoca:

– 10 giorni per gli ‘eventi’, prodotti che escono solo per un massimo di tre giorni ed esclusivamente nei feriali.

– 60 giorni per i titoli che escono in meno di 80 copie e fanno segnare meno di 50.000 presenze nei primi 21 giorni di programmazione

– 105 giorni per tutti gli altri titoli (nel nuovo decreto, questo periodo temporale viene ridotto a 90 giorni).

Credo che sia un caso in cui si tenta di tornare al passato, ma senza considerare che siamo una situazione profondamente cambiata. Avevo già scritto dell’enorme problema che abbiamo con queste regole, ossia il fatto che la window prevista (ora di novanta giorni) non si preoccupa di dove vada a finire il film. Quattro anni fa, davamo tutti per scontato che la seconda window sarebbe stata quella dell’home video (fisico e digitale), quindi con un costo da pagare per avere il prodotto singolo, mentre le piattaforme sarebbero quasi sempre arrivate ‘ultime’ (dopo pay e free tv). Ora invece è evidente che, per molti film (alcuni molto importanti), il passaggio successivo sarà su una piattaforma in abbonamento, che rappresenta per chi è iscritto di ritenere quel contenuto come ‘gratuito’ (tanto, paga comunque, anche se il film non viene proposto).

A proposito di “vecchie regole in un mondo completamente cambiato”, la possibilità di uscire come evento è ancora troppo ghiotta per molti produttori: in sostanza, si salta la sala con un passaggio tecnico e costi ridottissimi. Anche qui, chi aveva scritto la norma a suo tempo pensava a documentari e piccolissimi film, che magari avevano pochissime risorse, non a titoli che hanno preso milioni di euro di tax credit.

Credo che, ogni tanto, l’industria si lasci un po’ prendere dalla frenesia. Lo stesso decreto Bonisoli era nato dall’enorme clamore che aveva generato nel settore l’uscita in day and date (cinema e Netflix) di Sulla mia pelle, ma a parte l’impatto mediatico, nei fatti si trattava soltanto di un unico film e neanche di grande impatto commerciale. Così, involontariamente, per paura del ‘contagio’ di uscite day and date, si accettava che parte della produzione italiana (quella che usciva in meno di 80 copie e otteneva 50.000 presenze in 21 giorni, per molti film non erano un traguardo semplice) uscisse dopo 60 giorni.

Ora, il rischio è che questo decreto (che rischia di segnare la strada per i prossimi anni) porterà l’industria a dare per scontato che il passaggio tra cinema e piattaforme SVOD avvenga dopo 90 giorni (quando va bene e non si punta all’uscita evento con window di 10 giorni). E, in tutto questo, ovviamente non ci sono ancora regole per i prodotti stranieri. In teoria, potrebbero anche decidere di uniformarsi alle window per gli italiani, ma perché dovrebbero? Prima erano le grandi catene di cinema che non avrebbero accettato i loro titoli, se non con una window di 105 giorni. Adesso, i cinema non hanno la forza di imporre questa condizione. Serve, in realtà, copiare il modello francese e proporre un piano di window graduali, in cui prima di passare in un servizio ad abbonamento, un titolo debba aspettare un certo lasso di tempo (e debba prima essere passato per varie forme di acquisto/noleggio a pagamento e non arrivi subito in un servizio in abbonamento). Inoltre, sarebbe positivo che, come avviene in Francia, anche da noi le realtà che investono di più nel cinema abbiano condizioni migliori rispetto a quelle che si limitano magari a comprare qualche film, ma non li producono. Non mi sembra corretto, infatti, considerare Sky e il lavoro che fa con la sua casa di distribuzione Vision (di cui sono soci anche cinque produttori indipendenti), che in questo momento difficile sta facendo uscire titoli importanti in sala, alla pari di chi della sala non si occupa proprio.

Insomma, bene che finalmente si diano alcune regole certe dopo un periodo da far west, in cui i titoli italiani avevano una window di soli 30 giorni. Ma non c’è dubbio che ci sia ancora molto lavoro da fare…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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