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Il settore cinematografico ai tempi della pandemia

L’emergenza coronavirus ha causato la chiusura dei cinema e le case di distribuzione globali stanno ripensando al loro modello di business. Quanto è dovuto all’emergenza e quanto sarebbe comunque dovuto avvenire in tempi più dilatati?

Il 16 marzo Universal Pictures ha annunciato che per fronteggiare l’emergenza relativa alla chiusura dei cinema in gran parte dei Paesi del mondo alcune delle new releases saranno distribuite in SVOD. Una mossa che in un nostro recente articolo avevamo identificato come una delle possibili soluzioni alla chiusura delle sale cinematografiche.

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La scelta di distribuire i propri film attraverso delle piattaforme SVOD è senza dubbio una soluzione interessante al fine di recuperare parte dei mancati introiti persi a causa della chiusura delle sale, almeno per quanto riguarda il distributore. Universal, la cui società madre è Comcast, possiede 2 dei numerosi servizi di TVOD in cui verranno lanciati questi primi 3 film. Come riporta The New Yorker questo esperimento avvicina gradualmente Universal a Netflix e Disney nel pubblicare sulle piattaforme i contenuti che producono, in una integrazione verticale.

La chiusura dei cinema a causa di una Pandemia nel mondo non è la prima volta che si verifica, infatti nel 1918 a causa dell’influenza “Spagnola” i cinema di tutto il mondo furono costretti a chiudere e di conseguenza, come riporta The New Yorker chiusero anche gli studios. Questa chiusura portò delle perdite incredibili nel sistema, la cui perdita maggiore era appunto la perdita di fiducia da parte delle compagnie di produzione che le persone al termine di questa Pandemia fossero tornate al cinema. Certo in questo periodo non erano presenti servizi di streaming e quant’altro, ma l’unica cosa rimasta da fare era non solo sperare che il pubblico avesse ripreso ad andare al cinema, ma investire su questa speranza. 

Come? Con l’integrazione verticale, infatti stando a quanto riportato da Benjamin P. Hampton “History of the American Film Industry”,  gli studios più audaci infatti investirono oltre che nella produzione anche nella distribuzione dei contenuti e nella costruzione di cinema. Pratica che fu poi successivamente vietata negli USA, 1948, per impedire la creazione di gruppi di potere che potessero impedire la presenza di altri produttori indipendenti nei cinema.

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Se quindi il mondo del cinema si è rialzato dopo una pandemia che ha causato la morte di 100 milioni di persone nel 1918, sicuramente si rialzerà anche nel 2020. La domanda è: a quale costo?

Nel primo dopoguerra oltre al cinema non vi erano altre modalità di distribuzione di contenuti se non la costruzione di nuovi cinema per consentire a più persone la fruizione di un film, oggi l’integrazione verticale significa solo una cosa: la creazione di una propria piattaforma di distribuzione contenuti come Netflix, Disney+ e i nuovi astri nascenti nelle streaming wars.

La diffusione del Coronavirus sta accelerando ad un ritmo folle la trasformazione del settore dell’entertainment, le azioni del circuito AMC con 630 sale negli USA sono precipitate dell’83% a seguito della chiusura delle sale, in un periodo in cui già gli incassi si erano già ridotti per via di slittamenti e accorciamenti delle finestre theatrical.

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Se in nord america la rivoluzione ha un impatto devastante su grandi circuiti cinematografici, in europa, come riportato da The Hollywood Reporter, la chiusura delle sale rischia di fare una strage di cinema indipendenti che a differenza delle principali catene cinematografiche, gli espositori indie non hanno grandi cuscini di capitale per superare la crisi. In molti stati d’europa alcuni governi non hanno formalmente chiuso i cinema ma si sono limitati a sconsigliare al pubblico di frequentarli, generando così confusione sia tra il pubblico che tra gli esercenti che si sono ritrovati aperti, con costi operativi da sostenere ma senza la possibilità di incassare data l’assenza di spettatori.

Con poche alternative disponibili, i cinema indipendenti si stanno arrampicando per trovare fonti di entrate alternative, il VOD sembra essere l’unica soluzione in questo momento. Lo scorso ottobre anche il circuito AMC è entrato nel mercato del VOD, non per sottrarre spettatori ai suoi cinema ma per fidelizzarli attraverso la piattaforma On-Demand Stubs.

In Svezia la possibilità di supportare i cinema indipendenti viene proprio da una piattaforma VOD, come riporta The Hollywood Reporter: Draken Film, una piattaforma VOD svedese gestita dal Göteborg Film Festival, ha offerto una potenziale soluzione mercoledì, annunciando una collaborazione con i principali distributori svedesi che vedrà Draken donare la metà delle entrate guadagnate da nuovi abbonati a cinema indipendenti svedesi. Ogni nuovo abbonato può decidere quale cinema desidera supportare. Durante i primi sei mesi, la metà delle entrate andrà direttamente al cinema locale. 

Se la scelta di Universal di distribuire Trolls World Tour, The Hunt, L’Uomo Invisibile ed Emma attraverso i servizi di SVOD risultasse un case study funzionante per esser considerato un esempio da parte di altre distribuzioni potremmo assistere ad un grande cambiamento nel modo in cui i distributori si avvicinano al mondo della distribuzione cinematografica anche dopo la fine di questa emergenza.

Fonti:
The Hollywood Reporter
The Wrap
The New Yorker

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