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Il cinema italiano discrimina le donne?

Nei maggiori budget della nostra produzione recente, c’è pochissimo spazio per attrici e registe. Ma perché?

Ho parlato spesso della difficoltà del cinema italiano di parlare a tanti pubblici diversi. Forse, un buon punto di partenza per una riflessione a riguardo, è analizzare le opportunità commerciali offerte ad attrici e registe. Per farlo, penso che la cosa migliore sia andare a vedere i progetti con maggiore budget. Benché non sempre siano quelli veramente con le maggiori potenzialità commerciali, comunque è l’unico parametro con cui valutare le scelte principali dei produttori (e di chi li sostiene economicamente).

E vediamo quindi quali sono stati, in questi tre anni di pandemia, i venti film cinema usciti fino a metà gennaio 2023 e che avevano i budget maggiori: Tolo Tolo, Waiting for the Barbarians, Dampyr, Freaks Out, L’ombra di Caravaggio, L’immensità, Siccità, La stranezza, I fratelli De Filippo, Chi ha incastrato Babbo Natale?, Diabolik, La befana vien di notte II – Le origini, Il colibrì, Tre piani, Gli anni più belli, Dante, Supereroi, Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto, Il signore delle formiche e Diabolik – Ginko all’attacco!

A livello di interpreti, abbiamo tre titoli in cui si può parlare di film corale o con coprotagonisti un uomo e una donna (Tre piani, Supereroi, Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto). Due invece in cui le protagoniste assolute sono delle attrici (L’immensità, La befana vien di notte II – Le origini). Se la matematica non è un’opinione, quindi, ci sono quindici film con protagonisti principali degli uomini, due invece con protagoniste donne. Quindi, il 75% dei film a maggiore budget hanno protagonisti degli uomini (la percentuale reale, escludendo i tre film ‘paritari’ e limitandoci ai 17 in cui c’è una scelta precisa, è dell’88,2%). Il grafico mostra chiaramente la differenza:

Sul fronte registico, il calcolo è decisamente semplice. Ci sono due titoli con registe donne, ossia Il Colibrì (diretto da Francesca Archibugi) e il già citato La befana vien di notte II – Le origini (Paola Randi). Insomma, il 90% dei film a maggiore budget in Italia, sono stati affidati in questi anni agli uomini.

Credo che un aspetto importante nel fare queste analisi, sia quello proprio di concentrarci sulle scelte produttive iniziali e non sui loro risultati. Troppo spesso ci si concentra su alcuni specifici dati, per esempio in questo periodo si è parlato molto dell’assenza di registe donne candidate sia agli Oscar che ai César francesi. Ma è ovvio che se le registe donne hanno meno offerte di film importanti, non è lecito poi aspettarsi che le poche ‘fortunate’ (si fa per dire ‘fortunate’, visto che escono da una selezione degna di Hunger Games) poi vengano anche premiate.

Discorso simili per certe polemiche sui ‘poster’. Mi ricordo per esempio che si è parlato molto dei poster e del modo in cui comparivano i nomi maschili e femminili sia nel caso di E’ per il tuo bene che Corro da te. Ma anche qui, il problema è a priori: se sono film in cui i protagonisti sono uomini, è assolutamente legittimo che il loro nome/immagine compaia in maniera più evidente sul poster. Per esempio, in Corro da te vediamo tutta la storia attraverso gli occhi del personaggio di Favino, stesso discorso per i protagonisti di E’ per il tuo bene, perché è il punto di vista dei padri quello che porta avanti la storia. In generale, non facciamoci ingannare: non è che se al centro del film c’è una coppia, per forza i ruoli sono paritari, di solito il punto di vista maschile è quello che riceve maggiore attenzione.

A scanso di equivoci, non c’è neanche nulla di male se i film che ho citato abbiano per protagonisti degli uomini, non significa certo che tutti i titoli debbano avere uguale spazio per uomini e donne. Insomma, visto che mi è già capitato in passato, per cortesia non vi sentite attaccati (e non mi citate esempi poco convincenti) se nella vostra azienda i rapporti in questo senso non sono equilibrati. In ogni caso, un’industria che vuole ottenere dei risultati importanti dovrebbe saper bilanciare i vari punti di vista (sia davanti che dietro la macchina da presa) e realizzare un numero importante di pellicole che vedano in primo piano anche le donne, non solo gli uomini.

Anticipo qualche prevedibile risposta. Sì, scendendo di budget sicuramente la proporzione tra registi uomini e donne migliora, ma il punto è proprio questo: sembra che – una volta che il budget si fa ‘importante’ – ci si fidi di più a metterlo nelle mani di un uomo che di una donna. E magari si affidano budget enormi (almeno per il nostro Mercato) a registi (uomini, of course) che non hanno mai incassato cifre decenti. A corollario di quello che dico, sarebbe facile ribattermi che “questo regista uomo ha maggiore esperienza di quasi tutte le registe donne”. Beh, sì, se gli sono state date opportunità che alle donne non sono state date, è vero, ma il problema è proprio questo, che ai registi (e attori) uomini di solito vengono concesse maggiori opportunità.

Ribadisco infine che questo discorso non vuole essere ‘sociale’ e ‘femminista’ (le donne non hanno certo bisogno del mio aiuto in merito), anche se il forte contributo che il nostro settore riceve dallo Stato e l’importanza culturale che viene assegnata al cinema richiederebbero sicuramente una maggiore attenzione su queste tematiche. D’altronde, è un po’ grottesco raccontare storie che vorrebbero migliorare la nostra società e poi non essere coerenti con i messaggi che si comunicano sullo schermo quando si fanno scelte professionali all’interno del settore stesso.

In ogni caso, il problema è, come sempre, che il cinema italiano ha difficoltà a raccontare tante storie diverse, per cui sia i giovani che le donne vengono poco rappresentati sul grande schermo. E, quindi, questo limita decisamente il potenziale Mercato dei nostri prodotti. D’altronde, riguardate l’elenco dei 20 maggiori budget pubblicati sopra e ditemi se trovate un film rivolto agli adolescenti. A parte Freaks Out (che temo in realtà abbia parlato a un pubblico più maturo), è impossibile trovare un film per loro in quella lista. Tutto questo non vi sembra un problema importante? E fino a quando faremo spallucce, facendo finta che sia un problema di fanatismo woke e non economico?

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.

2 thoughts on “Il cinema italiano discrimina le donne?

  1. Buongiorno Robert,

    Un piccolo pensiero : penso che non si possa dissociare il discorso sociale da quello economico. In fondo si tratta di un unicum politico fatto di scelte. Le storie al cinema, cosi come nel teatro, nella musica o nella letteratura, sono sempre stata una emanazione di un particolare momento storico sociale. Cosa hanno saputo raccontarci le immagini della Riefenstahl degli anni della seconda guerra mondiale ?

    Sono completamente d’accordo con te: per avere storie diverse bisogna fare scelte, professionali e non, diverse.

    La cultura della società e infine la sua economia sono la posta in gioco.

    Un saluto
    Roberto

  2. In conclusione, per rispondere alla tua domanda ‘ll cinema italiano discrimina le donne?’, ti consiglio di documentarti sull’eccellente lavoro svolto dall’organizzazione ‘Women in Film and Television International’.
    Producono anche dei podcast molto interessanti. Cosi come lo sono i vostri d’altronde !

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