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Intervista a Xavier Albert

L’amministratore delegato di Universal Italia e Francia ci parla del nostro Mercato e di cosa si dovrebbe fare per rilanciarlo…

Photo by Francesco Petrucci ©

Da poco più di un anno lei è diventato amministratore delegato e direttore generale di Universal Italia, ruolo che ricopre anche in Francia. Cosa l’ha colpita del nostro Mercato, in positivo e in negativo?
Voglio precisare che non avrei mai accettato questo duplice ruolo in Francia e Italia, se non avessi saputo che la squadra aveva le risorse locali per portare a termine i numerosi compiti che ci attendevano. Non sarebbe stato realistico gestire due Paesi se la squadra locale non fosse stata forte, e anche se sapevo che con la squadra italiana non ci sarebbero stati problemi, sono rimasto molto confortato quest’anno. Alcune persone le conoscevo già, come Massimo Proietti, Marco D’Andrea, Fabrizio Conti, Barbara Casucci, Giorgia Di Cristo o ancora Carla Guaraldo, altre magari le avevo incrociate in qualche conferenza. Vorrei citarli tutti. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’entusiasmo della squadra e dall’energia che mettono per far sì che il Mercato italiano torni al livello che gli compete.

Detto questo, per me è chiaro che c’è qualcosa di sbagliato nel Mercato, non so se strutturale o congiunturale, a breve o a lungo termine, ma sicuramente c’è un divario tra la situazione in cui sta l’Italia e dove dovrebbe essere. L’Italia è un Paese che mi sta molto a cuore per ragioni personali, ma penso soprattutto che sia un Paese straordinario. Lo vedo nella mia squadra, ci sono tante possibilità e molto entusiasmo in Italia, ma per diverse ragioni non si riesce a tornare al livello che dovrebbe avere. Io invece credo che, con l’offerta giusta di prodotti italiani e internazionali, il mercato potrebbe aumentare molto nei prossimi 5 anni.

L’Italia è un Paese in cui investire, perché non è ai suoi livelli abituali, ma ci tornerà. E’ un Mercato complicato, ma bisogna rimanere ottimisti, perché ci sono dei segnali positivi ogni fine settimana. Quando vedo la direzione che sembrano prendere i vari player, che siano distributori, produttori o esercenti, così come i talent in generale, sono fiducioso. Sono convinto anche che il governo stia andando nella direzione giusta, quella di investire nel futuro e nell’ammodernamento delle sale, nell’innovazione e nel tax credit al 60%. Così come Cinecittà è un punto di accoglienza per le produzioni di tutto il mondo. Io rimango ottimista, non penso che ci sia un problema di fondo, non credo che il consumatore italiano non voglia andare al cinema, magari il livello di interesse non è quello del pubblico francese, ma sicuramente c’è un desiderio di cinema molto forte e che crescerà progressivamente.

Quali sono le ragioni per cui la Francia è più vicina ai risultati del pre-pandemia? Forse incidono la cronologia dei media, la protezione maggiore della sala e il fatto che sono tutti consapevoli che un film non arriverà presto sul piccolo schermo?
Voglio essere molto chiaro, io penso che la cronologia dei media non abbia nulla a che fare con la frequentazione dei cinema in Francia. Come francese difendo la cronologia dei media e la trovo un’ottima cosa, così come tutti noi ci battiamo perché il cinema rimanga un settore che riceva delle sovvenzioni pubbliche. Certo, questa cronologia causa alcuni problemi, per esempio per il produttore o il distributore rende più difficile ottimizzare il ciclo di vita di un film. Ma è stata pensata soprattutto per avere delle produzioni locali francesi forti, per questo ogni finestra è stata discussa non dal governo, ma dall’industria tra tutti i professionisti del settore, per far sì che ogni finestra consenta di far ottenere la maggior quantità di soldi possibili. Il principio alla base della cronologia dei media francesi non è difendere la finestra dei cinema, quella è una conseguenza, ma non la ragione più importante. E io non penso che la cronologia sia uno dei motivi della resilienza delle sale francesi. In ogni caso, personalmente, sono per una cronologia dei media non regolata da una legge, ma da accordi contrattuali firmati dagli interlocutori del settore. Io voglio che ci sia chiarezza per i consumatori. In Italia si è generata una grande confusione, molti hanno optato per uscite sostanzialmente day and date, andando subito su Sky, Netflix o Amazon Prime, creando anche un problema di comunicazione. L’importante invece è sapere dove trovare un prodotto e per quanto, anche per i professionisti del settore non è chiarissimo.

Forse l’unica cosa chiara al momento, anche per il pubblico, è che i prodotti Disney arriveranno poco dopo i 45 giorni su Disney+, vista la forza del loro brand…
Sì, Disney ha fatto anche dei day and date tra cinema e piattaforma, ma io non voglio discutere la durata della window, che siano sessanta o novanta giorni, è un dibattito complesso. Per me è importante che ci sia un periodo di esclusività e che sia chiaro per i consumatori, che così possono sapere che se un film esce al cinema, non lo si può trovare altrove, cosa che al momento non è chiara in Italia.

Ci può parlare della ricerca che avete svolto sul Mercato italiano?
Una delle cose che mi ha stupito del Mercato italiano – e l’ho espresso con forza fin dall’inizio – è la mancanza di studi di settore. Quando sono arrivato, ho fatto delle domande e purtroppo non era possibile conoscere le risposte. Io mi chiedevo: chi va a vedere i film al cinema? Chi sono queste persone? E chi non frequenta più le sale, perché non ci va? Abbiamo fatto questa ricerca, Cinexpert, con Ergo Research e Vertigo. Come major ho una gran voglia di condividerla con il Mercato, in modo che susciti delle riflessioni e che sia utilizzata dalle autorità, dalla Direzione Generale e dal Cinetel.

In questo modo, abbiamo capito che una delle differenze maggiori è la forza delle produzioni locali, dei film francesi rispetto a quelli italiani. E soprattutto la tipologia di pubblico è diversa, in Italia sopra i 50 anni c’è un vero problema. Anche in Francia tutte le categorie soffrono e hanno un problema di frequenza, perché non è vero che le persone non vanno più al cinema, la realtà è che ci vanno di meno. Ma in Italia, rispetto ad altri territori, c’è un vero problema sugli over 50, che non sono tornati in sala. Ma perché? Bisogna capire l’origine dei problemi. Io ho spiegato ai miei colleghi che l’Italia è stato uno dei territori più colpiti dal Covid, il primo a essere chiuso in un lockdown, in cui è stato detto ripetutamente che la situazione era molto pericolosa e che gli over 50 sono la popolazione più a rischio, d’altronde avevamo ancora l’obbligo di mascherine fino a un mese fa. Quando a primavera si è iniziato a togliere l’obbligo, questo è rimasto solo per i trasporti pubblici, gli ospedali e cinema. Non è una critica, è un dato di fatto, psicologicamente questa scelta ha scatenato un timore forte e per risolverlo ci sarà bisogno di tempo.

Nella ricerca che abbiamo fatto, per esempio, ma ha colpito il caso di Top Gun: Maverick. Come incassi, sia in Francia che in Italia è andato bene. Ma la differenza che si vede chiaramente è che in Francia quasi la metà dei biglietti è stata acquistata dagli over 50, mentre questa categoria in Italia valeva il 20%, quindi il film in Italia è stato visto all’80% dagli under 50. Insomma, è chiarissimo cosa manca al Mercato italiano.

Ero curioso di sapere se questa ricerca ha già influenzato delle scelte nella promozione di un film, per esempio Jurassic World – Il dominio…
A essere onesti, purtroppo ancora no. La ricerca è un investimento sul futuro, per cui stiamo costruendo una base di informazioni. Abbiamo iniziato a novembre e questa ci permetterà di aumentare il numero di ‘comparable’, visto che la nostra è un’industria che si concentra molto sui comparable. Quando avremo una base esaustiva, magari saremo confortati nelle nostre certezze su un film o invece decideremo di fare delle scelte diverse.

Ma il fatto che gli over 50 non vadano molto al cinema in questo momento, sta orientando le vostre scelte, per esempio investendo meno su questo target?
Adesso stiamo lavorando sul piano media di Ticket to Paradise e ci sono due strategie possibili, sulle quali non abbiamo ancora preso una decisione definitiva. Sicuramente, questo è uno dei primi grandi film sul Mercato che i cinquantenni dovrebbero andare a vedere assolutamente. Quindi possiamo investire su questo target? O invece dobbiamo limitare l’investimento? Entrambe le strategie sono possibili. Stiamo iniziando a vedere i frutti di questa ricerca, ma penso che gli effetti saranno ancora più forti nel 2023. Quando arriverà un nuovo episodio di Jurassic World, per esempio, partiremo dal fatto che è diventato un film molto più family di prima.

Molti distributori sono diventati dei produttori in Italia, mi chiedevo se anche Universal in Italia seguirà questa strada. In Francia mi pare che già lo facciate…
Sì e no. Noi siamo più un distributore/editore. Oltre ai grandi film che sviluppiamo e su cui il studio investe direttamente, come Jurassic World o Fast & Furious, abbiamo delle acquisizioni locali, che in certe occasioni sono gestite da Focus Features.
Il miglior termine è “acquisitori”. Noi non produciamo, ma riceviamo delle sceneggiature di film locali e parliamo con i produttori del P&A, delle potenzialità commerciali, del nostro interesse su quel titolo. Con questa modalità, in Francia facciamo un paio di film locali all’anno.

Le nostre discussioni vertono sulla durata del mandato e sul tipo di sfruttamenti da gestire, se prendiamo i diritti theatrical o magari anche quelli home video e/o televisivi. Per esempio, adesso seguiamo un modello per prendere tutti i diritti nel mondo. Il produttore si impegna a trovare i soldi pubblici disponibili e noi mettiamo il resto per avere tutti i diritti mondiali. In Italia la strategia è molto chiara: abbiamo un partner commerciale molto forte, Vision, con cui ci troviamo benissimo e che ci porta 15 film che distribuiamo nelle sale. Per questi titoli, lavoriamo sul commerciale, mentre non siamo coinvolti nel marketing o in generale sulle scelte artistiche. Sono molto ammirato dal lavoro che fanno Massimiliano Orfei, Davide Novelli e la loro squadra, hanno una politica molto chiara a livello di ambizioni e di che tipo di film cercano. Noi abbiamo un accordo commerciale molto forte con loro, non vedo perché dovremmo fare concorrenza a un nostro partner, non avrebbe senso.

In generale, credo che dovremmo essere tutti più ambiziosi e, per usare un termine inglese, puntare sulla “Theatricality”, ossia rafforzare la qualità dei film, che devono avere una dimensione cinema molto più forte, essere dei prodotti più ambiziosi e costosi, su cui noi possiamo contribuire con investimenti importanti. Il modello che abbiamo trovato, naturale per un gruppo che distribuisce in tutto il mondo, serve anche a far viaggiare ovunque dei film in lingua italiana. Grazie ai servizi streaming che hanno aperto la strada e alla globalizzazione dei contenuti, sappiamo che dei film in lingua straniera, in francese, in italiano o in tedesco, oggi possono viaggiare più facilmente, quello che conta veramente è la storia. La scommessa è che noi prendiamo i diritti su un film italiano, mettiamo i soldi per renderlo più ambizioso, e lo vendiamo all’estero, non necessariamente per uscire nei cinema, ma anche in televisione o sulle piattaforme.
Per esempio, stiamo lavorando su L’ultima notte di amore di Andrea di Stefano. Ho adorato la sceneggiatura, è un polar scritto molto bene, si svolge a Milano, una città molto interessante da esplorare. Io mi sono innamorato di questo film, di cui mi aveva parlato Proietti, quindi abbiamo preso i diritti internazionali, a parte l’Italia (dove il film sara distribuito da Vision) e in Germania (dove il film andrà direttamente su Sky). Con UPI France faremo uscire questo film anche in Francia, di sicuro penso che abbia un grande potenziale in Italia. E’ un test per un modello interessante, che cercheremo di perfezionare e sviluppare, ma in generale non faremo mai della produzione pura.

Pensa che sia possibile, in futuro, una maggiore collaborazione tra voi e il vostro servizio streaming, Peacock?
In questo momento, onestamente, non sono la persona migliore per parlare di questo servizio, che esiste negli Stati Uniti, è stato lanciato da Sky in Italia e in cui stanno aumentando il numero di Peacock Original. La domanda è se avremo dei Peacock Original che potremo lanciare in sala, cosa che potrebbe accadere, perché più prodotti Original faranno, più sarà possibile avere delle proposte interessanti da parte loro per farle uscire in sala. C’è soprattutto questa possibilità in cui potremmo essere coinvolti.

Infine, secondo lei cosa sarà importante fare nei prossimi mesi per far tornare le persone nei cinema?
E’ la domanda da un miliardo di euro che tutti si pongono, anche in Francia ci sono le stesse discussioni. E’ vero che in Francia siamo a un -25% di calo dei biglietti staccati, mentre in Italia siamo più intorno a un -50%, ma ci sono gli stessi problemi, a livello di produzioni locali o nella frequentazione del pubblico.

Devo dire che alcune cose mi hanno rassicurato, come i listini italiani visti a Riccione e le discussioni con il MIC e la Direzione generale cinema. C’è bisogno di ambizione e di prendersi dei rischi, bisogna investire adesso anche se non ci sono molti soldi, perché l’Italia è un mercato di opportunità e sono costi che saranno ripagati. Bisogna rinnovare le sale, c’è un problema strutturale in Italia, non è possibile che ci siano solo 6 sale Imax. In Francia sono 15, resta sempre un business marginale, ma abbiamo anche tipologie premium come 4DX, Screen X e Dolby Vision, gestiti soprattutto da Pathè. C’è anche Ice (Immersive Cinema Experience), che è stato sviluppato da un circuito di esercenti locali, CGR, che rappresenta il secondo circuito in Francia, e che comprende circa 40 schermi con questa tecnologia. Piace molto ai giovani, suscitando un grande apprezzamento e, ha un prezzo medio interessante, quindi crea sicuramente del valore. in Italia non è normale la mancanza di sale analoghe.

Bisogna investire molto sui formati premium, a maggior ragione considerando che adesso i film che funzionano meglio sono i blockbuster e quelli in cui la ‘theatricality’ è così pronunciata. Certo, c’è anche bisogno di prodotti diversificati e dobbiamo fare di tutto per riuscirci, ma dobbiamo anche rafforzare e ottimizzare la visione dei blockbuster. Questa è la differenza maggiore e dobbiamo lavorarci. E’ interessante che in Francia ci sia la possibilità di avere CGR, anche se sta per essere venduta, che appartiene alla famiglia Raymond, e a Jérôme Seydoux di Pathè, che ha molti soldi e fa grandi investimenti. In Italia, ci sono UCI e The Space, che però sono gestiti da due gruppi internazionali come Odeon/AMC e Vue. Ci sono degli indipendenti locali, ma sono più piccoli e non hanno le possibilità economiche di Seydoux e CGR, quindi il problema è quello, gli investimenti che si fanno. Io spero che il governo se ne renda conto e metta più soldi in questo settore, per far sì che le persone investano e rinnovino le sale.

A livello di comunicazione, bisogna rassicurare le persone, dire che il cinema non è pericoloso, di sicuro non più che andare in spiaggia o al supermercato. D’altronde, io non ho mai sentito parlare di un cluster di casi avvenuto in sala, quindi perché questa paura? Se poi andiamo a vedere il tasso di occupazione, non è che ci siano spesso le sale piene, quindi non è difficile mantenere la distanza dalle altre persone. Sarà poi molto importante l’iniziativa Cinema in festa, che avrà una grande campagna di comunicazione, che ritengo possa rassicurare le persone e rimettere al centro della discussione la sala.

Inoltre, è fondamentale che i distributori e i produttori continuino a investire su film ambiziosi e mettano a disposizione grandi mezzi di marketing per lanciarli, in modo da creare un forte desiderio da parte del pubblico. Bisogna lavorare maggiormente con i dati e che uno spettatore italiano con due clic sia in grado di acquistare un biglietto cinema, così come può fare su Netflix o su Amazon. E che questi dati possano essere utilizzati dai distributori per profilare gli spettatori. Il modello attuale invece mostra i propri limiti. Di sicuro, bisogna investire e prendersi dei rischi.

Photo by Francesco Petrucci © Tutti i diritti riservati

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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