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Perché le serie Rai sono così sottovalutate?

Nonostante la fiction Rai ottenga grandi successi di ascolti, spesso non riceve l’attenzione che merita. Vediamo di scoprirne le ragioni…

Partiamo da un discorso importante: non esiste un genere etichettabile come la “fiction Rai”, così come non esiste una fiction Sky o una fiction Netflix Italia. Esistono tanti produttori indipendenti, bravi e meno bravi, che realizzano delle opere sotto la supervisione Rai (che, vi assicuro per aver partecipato a dei progetti, non è mai superficiale) e che danno vita a un ricco panorama di proposte di molti generi diversi. Al massimo esiste un certo tipo di pubblico Rai, magari non giovanissimo (ma non dimentichiamoci operazioni come Braccialetti rossi), e sicuramente c’è l’ambizione di realizzare prodotti popolari che si possano vedere anche nei paesini di provincia e non solo nei quartieri bene di Roma e Milano.

Intanto, vediamo una classifica delle fiction più fortunate sul piccolo schermo nella stagione 2020-2021 (Fonte: 3° rapporto Apa sulla produzione audiovisiva nazionale):

Se la vista non mi inganna, 20 posizioni su 20 sono di Rai Uno, che quindi batte qualsiasi concorrenza di Mediaset. Sottolineo in particolare gli straordinari successi di Doc – Nelle tue mani e Le indagini di Lolita Lobosco (sopra i sette milioni di spettatori di media), così come Màkari, Mina Settembre e Leonardo, tutte sopra i 6 milioni. Inutile poi dire che Il commissario Montalbano è una sicurezza, visto che da anni è in testa in queste classifiche e con risultati che vengono raggiunti (e non sempre) solo dalla nazionale di calcio e dal Festival di Sanreno.

In questo autunno poi ci sono stati tanti altri prodotti che sono andati molto bene, da Blanca a Cuori, da Un professore a Fino all’ultimo battito, da I bastardi di Pizzofalcone a Sorelle per sempre (e sicuramente me ne scordo qualcuno), in grado di superare costantemente i 4 milioni di telespettatori e il 20% di share.

Se poi andiamo a vedere le produzioni andate in onda su Rai Due e Rai Tre, troviamo diverse serie molto interessanti e anche più di ‘genere’, a partire dal grande successo di Rocco Schiavone, L’ispettore Coliandro e La porta rossa, per proseguire con prodotti come Il cacciatore, Volevo fare la rockstar, La linea verticale e Non uccidere, oltre a un sempre maggiore numero di produzioni realizzate soprattutto per trovare il pubblico più giovane di Rai Play, come Nudes o Mare fuori (che comunque è trasmesso anche da Rai Due, ma che è stato proposto in anteprima sulla piattaforma).

Faccio presente qualche risultato che va al di là dei semplici ascolti. Per esempio, Rocco Schiavone è passato in prime time sul principale canale pubblico tedesco (la ARD). Discorso simile per Doc – Nelle tue mani, anch’esso arrivato in prime time, ma sul principale canale francese, TF1. Inutile dire che Il commissario Montalbano si vende benissimo all’estero e che L’amica geniale è stato prodotto (e trasmesso) da HBO.

Ma allora, perché questo disprezzo da parte di una certa critica? Provo a suggerire alcune ragioni:

– La politica. Senza girarci intorno: la Rai è sempre al centro di polemiche, che di base dipendono dal fatto che la politica cerca di influenzare quello che avviene in questa società, cosa purtroppo ovvia se sei membri su sette del CDA della Rai sono scelti dalla politica. Ovvio che questa influenza magari ha conseguenze negative su alcuni aspetti, ma perché dobbiamo dare per scontato che la fiction che viene prodotta internamente debba risentirne?

– Cherry picking. E’ molto facile dire, per parlare bene di altre realtà, ricordare quante sono belle e di successo serie come Gomorra o Strappare lungo i bordi. Ma se sul parere specifico su queste fiction concordo, è ovviamente scorretto prendere dei singoli casi e decidere che tutta la politica editoriale di un concorrente Rai sia automaticamente straordinaria. Il parametro dovrebbe invece essere: quanti tra tutti i prodotti di una piattaforma/broadcaster hanno funzionato, non solo a livello estetico, ma soprattutto nel riuscire a trovare il pubblico necessario per rendere valido quell’investimento? Con questo parametro, temo che molte opinioni generali cambierebbero.

– La modernità. La Rai rappresenta forzatamente il ‘vecchio’, essendo nata con l’arrivo della televisione in Italia. Realtà come Netflix o Sky (ma anche Mediaset, sbarcata negli anni ottanta) sono sicuramente più ‘giovani’. Ovvio che se un commentatore vuole apparire ‘aggiornato’, si scaglierà sempre contro il ‘vecchio’ e a favore dei ‘giovani’. Insomma, noto delle somiglianze con chi dice che le piattaforme uccidono la sala, giusto per mostrare che si conosce e si apprezza il ‘nuovo’…

– Snobismo. E’ molto improbabile che, andando alla ricerca di un pubblico ‘maturo’ (considerando che i canali Rai – in generale e soprattutto Rai Uno – sono visti da persone con età media piuttosto elevata), le serie Rai siano estreme e/o innovative (apro parentesi: ma quante serie veramente innovative ci sono nel mondo? Pochissime). E visto che magari buona parte di chi scrive di audiovisivo ha l’ambizione di apparire colto e raffinato, evidentemente dei prodotti che puntano a essere popolari non otterranno grandi consensi critici…

A proposito di snobismo e temi ‘importanti’, spiegatemi una cosa. La fiction Rai viene spesso considerata tradizionalista e retorica. il cinema italiano, invece, generalmente si considera molto progressista e ‘impegnato’. Ma allora perché le fiction Rai commerciali hanno tante protagoniste donne, mentre non si può proprio dire lo stesso del cinema italiano commerciale? Tanto per citare qualche esempio di fiction al femminile e di successo negli ultimi anni: Blanca, Cuori, Mina Settembre, Che Dio ci aiuti, Chiara Lubich, La bambina che non voleva cantare, Rita Levi Montalcini, Il paradiso delle signore, La fuggitiva, L’allieva, Imma Tataranni – sostituto procuratore, Vivi e lascia vivere, diversi film della serie Purché finisca bene e – last but not least – L’amica geniale (ma sono sicuro che qualcuno più attento di me potrebbe aggiungere altri titoli). E ho citato solo fiction con protagoniste assolute donne (ossia, fiction con al centro una (o più) donna, non una coppia uomo/donna), una quantità e varietà che il cinema italiano si sogna (a parte i titoli con Paola Cortellesi, l’unica donna a cui vengono affidati i destini commerciali di un film per la sala).

Insomma, io non dico che la fiction Rai sia sempre fantastica, efficace e brillante. Ma credo che sarebbe ora di non trattarla sempre basandoci su stereotipi, magari del passato. Perché, ogni tanto, si ha l’impressione che parlare male della fiction Rai sia quasi obbligatorio e non sia neanche necessario vederla per criticarla…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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