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Nielsen introduce un nuovo sistema per misurare il consumo di streaming

“The Gauge” permetterà all’azienda di paragonare in percentuale il consumo di contenuti via streaming, TV tradizionale e via cavo

Nielsen Media Research ha introdotto un nuovo metodo di misurazione – “The Gauge” – che permetterà all’azienda di paragonare in percentuale il consumo di contenuti via streaming, TV tradizionale e via cavo. In precedenza, lo streaming veniva misurato solo in termini di minuti di visione di un contenuto, ma il nuovo sistema supera questo limite e si apre in maniera più precisa e utile alla nuova era televisiva. Con qualche limite.

Fonte: Evan Shapiro su LinkedIn

Attraverso una tecnologia che combina riconoscimento audio e misurazione dei router wifi, The Gauge rileva come si divide la torta del consumo di contenuti dalle smart TV, ma non considera, ad esempio, i dispositivi mobili. In base ai dati raccolti per il mese di maggio, lo streaming (SVOD e AVOD, per la precisione) ha totalizzato il 26% del tempo speso davanti al televisore, superando di poco la classica TV broadcast (25%). Insieme, i due rappresentano la metà del tempo di visione totale. Il via cavo rende conto del 39%. C’è un’ultima categoria, “Altro”, che rende conto del restante 9%. Questo potrebbe essere un limite del sistema: se un utente guarda Netflix attraverso un operatore terzo via cavo, quel tempo di visione non andrà a sommarsi al totale di Netflix ma finirà, appunto, nella categoria “Altro”. Questa include anche VOD, gaming, DVD e altri dispositivi.

Tornando allo streaming, Netflix guida con il 6%, a pari merito con YouTube e YouTube TV. Seguono Hulu al 3%, Amazon Prime Video al 2% e infine Disney+ all’1%. L’8% va ad “altri” operatori.

Altri limiti

A parte il discorso sullo SVOD tramite operatori via cavo, altri limiti di questo sistema si trovano nel campione, che tiene conto solamente di 38 mila utenze domestiche, e pende decisamente verso le famiglie bianche della classe media. L’assenza dei dispositivi mobili, come smartphone, tablet e laptop non permette di comprendere pienamente la diffusione di Netflix e similari, perché quel tipo di dispositivi viene utilizzato da utenti al di sotto dei 30 anni che sono così fortemente sotto-rappresentati nella stima totale.

Un passo avanti, insomma, ma anche un sistema parziale e approssimativo, che non tiene conto di metodi di consumo ormai importanti e di fette altrettanto importanti della popolazione. In base a questa misurazione, ad esempio, Netflix e YouTube rendono conto solamente del 6% a testa del tempo speso a consumare streaming. Viene da chiedersi se, considerando anche i dispositivi mobili, sarebbe ugualmente così.

Un paio di dati importanti

Un paio di dati importanti comunque emergono. Primo, nonostante la crescita del 6% dal 2019, lo streaming rappresenta solo un quarto del tempo speso davanti alla TV. Broadcast e via cavo, sommati, rappresentano ancora il 64%. Secondo: Disney ha fatto benissimo a comprare Fox soprattutto per avere Hulu.

Il dominio dello SVOD

Tra gli altri dati diffusi da Nielsen, scopriamo che a maggio lo SVOD ha dominato nel reparto streaming con il 52% di tutto il tempo di visione. L’AVOD ha ottenuto una fetta del 27%.

Tra le piattaforme guida invece Hulu con 130 minuti al giorno, seguito da YouTube (128), Netflix (110), Amazon Prime Video (97) e Disney+ (89).

Il 33% degli spettatori Hulu sono nella fascia 18-34, la più alta percentuale in questa fascia demografica di ogni piattaforma. Disney+ domina invece nella fascia 2-17, che rappresenta il 43% degli spettatori. Combinati, Hulu e Disney+ sono una forza di cui tenere conto. Netflix, dal canto suo, è spalmato in maniera uniforme su tutte le fasce demografiche.

Cosa succede in Italia

“Lo strumento che Nielsen chiama The Gauge va letto come un tentativo, pur parziale, di colmare il vuoto informativo sui consumi video su piattaforma e di ricondurli a metriche che siano comparabili con quelle di tv lineare e cable TV” afferma Michele Casula di Ergo research, che da anni analizza le dinamiche del settore. “La parzialità riguarda da una parte la scelta di soffermarsi sul Total Usage of Television (escludendo dispositivi mobili, notebook e PC) e dall’altra l’uso di modalità passive per la raccolta del dato come il sound matching, unitamente all’analisi del traffico dei router di un campione di famiglie. Ciò non consente di associare il comportamento di visione ad utenti specifici; lo stesso limite che vale per gli owner delle piattaforme, con la differenza che loro dispongono del dato censuario (ma non dei dati dei competitor)”.

Il tema è sempre più centrale anche per l’Italia, dove l’AGCOM ha recentemente varato le linee guida sui sistemi di rilevazione degli indici di ascolto “nel nuovo ecosistema digitale”, “da rivolgere alle società di rilevazione al fine di porre le basi per una efficiente razionalizzazione del sistema delle audi”. L’AGCOM fissa un anno di tempo per arrivare a una sola entità che certifichi tutti i media e, ammesso che ci si riesca, in mezzo ci sono dei processi decisionali (produttivi, distributivi, pubblicitari) da sostenere a fronte di un set informativo limitato e parziale.

In mezzo c’è spazio anche per opzioni metodologiche più tradizionali, con stime basate su campioni indipendenti e panel, sollecitati in modo proattivo su ricostruzioni comportamentali, che sconteranno sì dei limiti cognitivi (posso omettere il riferimento alla visione di una serie TV che non mi sovviene al momento dell’intervista) ma “danno un volto allo spettatore” e consentono di ricostruire atti di visione associati a qualunque dispositivo in relazione a specifici orizzonti temporali. È la via scelta da Ergo research con “BE series | siamo le serie TV che guardiamo” e “+ movies”, dedicato al dimensionamento e alla profilazione dell’audience dei film “in prima finestra”, sia essa legata alla sala cinematografica, alle piattaforme (con o senza extra costo o presenze pubblicitarie) o a soluzioni distributive ibride. Si parte con un modulo sperimentale associato all’edizione 2021 della ricerca multiclient DigitalTRENDS (rilevamento in corso), unitamente allo spin off Sala e salotto, con un campione dedicato che supererà le 10.000 interviste.

Vale peraltro la pena che il dibattito sull’arricchimento del data-set e lo studio di soluzioni innovative e integrate si estenda anche a Cinetel, forte del suo approccio semicensuario nella ricostruzione in tempo reale di ingressi e box office, ma che non consente di profilare gli spettatori dei singoli film.

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