You are here
Home > Analisi > Nelle guerre dello streaming non tutti gli abbonati sono uguali

Nelle guerre dello streaming non tutti gli abbonati sono uguali

Il tanto pubblicizzato numero di abbonati ad un servizio streaming è condizione necessaria ma non sufficiente per il successo finanziario di una piattaforma. E’ un dato che va valutato tenendo in considerazione la redditività media per abbonato.

La guerra dello streaming, accelerata dalla situazione globale che stiamo vivendo, si gioca su diversi fronti, ma è il numero degli abbonati che i CEO amano sventolare davanti agli investitori nei loro meeting virtuali.

Eppure dovrebbe essere evidente quanto il numero di abbonati paganti (o utenti attivi che la utilizzano se parliamo di servizi AVOD) sia solo una parte della formula con cui misurare il successo di una piattaforma. L’altro numero fondamentale è quanto pagano (o quanto rendono nel caso AVOD) questi abbonati. In sintesi non si può guardare solo a un pezzo della moltiplicazione, il numero di abbonati, quando in realtà conta altrettanto il ricavo medio per utente. Un recente articolo pubblicato da The Information ci offre l’occasione per approfondire quanto quel numero possa essere fuorviante e certo non rappresenti in assoluto un indicatore del successo finanziario di una piattaforma. Al limite è una precursore del successo finanziario della medesima, condizione necessaria ma non sufficiente.

Non tutti gli abbonati sono creati uguali

Prendiamo ad esempio il caso di HBO Max, la piattaforma streaming lanciata poco meno di un anno fa da WarnerMedia. Il CEO Jason Kilar ha detto che WarnerMedia è “leader in termini di numero di abbonati” con 41,5 milioni di abbonati negli Stati Uniti. Un numero più alto di Disney+ (in patria; nel mondo ha superato i 100 milioni) e due terzi del totale di Netflix (74 milioni in Nord America). Di questi, però, solamente 6,9 milioni si sono abbonati direttamente a HBO Max. 35 milioni sono utenti HBO che, per contratto, possono attivare l’abbonamento a HBO Max, anche se solo 10 milioni (dati dello scorso dicembre) lo hanno fatto.

C’è anche da dire che non tutti gli utenti di una determinata piattaforma pagano la stessa cifra. Prendiamo Netflix, che conta 203,6 milioni di utenti nel mondo. Di questi, i 74 che si trovano in Nord America pagano in media 13,51 dollari al mese. I 66,7 milioni di utenti in Europa, Medio Oriente e Africa pagano invece 11,05 dollari in media. In America Latina, 37,5 milioni di utenti pagano in media 7,12 dollari. In India, poi, Netflix ha lanciato un piano per gli utenti mobile che costa circa 2,75 dollari al mese.

WarnerMedia prevede di avere tra i 120 e i 150 milioni di iscritti entro la fine del 2025, ma la stima include comunque le persone iscritte a HBO con l’opzione di HBO Max. E, oltretutto, nei prossimi mesi verrà lanciato un abbonamento HBO Max a canone ridotto che includerà pubblicità.

Disney+ prevede di raggiungere tra i 230 e i 260 milioni di utenti entro il 2024. Ma il 40% di questi dovrebbe provenire da India e Indonesia, dove il servizio Disney+ Hotstar costa considerevolmente meno. I ricavi medi per utente in quei territori sono di circa 70 centesimi al mese, contro i 5 dollari al mese in Europa e USA. Altri utenti hanno piani annuali scontati. Altri ancora in USA si sono iscritti tramite una promozione del provider Verizon.

Il problema degli operatori

Ed ecco un’altra questione. Disney e Discovery hanno fatto un patto con Verizon, che offre un periodo di abbonamento gratuito a Disney+ e Discovery+ incluso nel suo abbonamento. Ma questo periodo è limitato e non è detto che, alla sua scadenza, gli utenti rinnovino. Nel caso degli utenti HBO passati a HBO Max attraverso un gestore, come ad esempio Comcast, bisogna considerare che i gestori si tengono dal 15% al 35% del canone. Apple e Android si tengono il 15%.

Tutta questa galassia di persone iscritte non direttamente a un servizio, e dunque attraverso gestori terzi, rappresenta un problema. Perché per quanto sia importante attirare nuovi iscritti, è fondamentale anche tenere quelli che si hanno. E se un utente si iscrive tramite terzi, è impossibile per il servizio sapere chi sia o perché magari abbia deciso di cancellarsi. E dunque è impossibile tentare di convincerlo a rientrare con del marketing mirato.

Qualche cifra

Per fare un confronto, dunque, abbiamo incluso una infografica che permette di vedere le differenze in termini di ricavi medi per spettatore da una piattaforma all’altra. In testa c’è HBO Max con 12 dollari al mese, seguita da Neflix con 11,02. Discovery+ varia da 7 a 9 dollari a seconda dell’abbonamento (con o senza pubblicità). Peacock, la piattaforma di NBCUniversal, è tra i 6 e 7 dollari al mese medi per utente, mentre Paramount+ sui 6,05. Disney+, nonostante l’alto numero di iscritti, si aggira sui 4,03 dollari.

Ecco perché il nomero totale di abbonati a una piattaforma non è fondamentale quanto

In base a tutto questo, possiamo dire che Netflix è ben posizionato per rimanere leader di mercato, sia grazie al suo vantaggio in termini di iscritti, sia perché ottiene ottime informazioni su di essi, anche quelli che si iscrivono tramite operatori come Comcast. Ma la guerra è appena iniziata.

Top
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI 
L'annuncio si chiuderà tra pochi secondi
CHIUDI