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Perché il gratis ha vinto (e il cinema italiano è contento)

Ci voleva la polemica di Nanni Moretti per portare alla luce una delle maggiori contraddizioni del nostro settore. Ma il vero problema è molto più ampio…

L’occasione di parlare del ‘cinema gratis’ ce la fornisce Nanni Moretti, come potete vedere qui. In realtà, l’articolo che state leggendo era in gestazione da tempo e vorrebbe affrontare la questione in maniera molto più vasta.

Da ormai alcuni anni, oggettivamente parlando, tra i maggiori eventi di cinema in estate (ma non solo) ci sono alcune arene gratuite. Non c’è dubbio che presentare la nuova versione di Apocalypse Now alla presenza di Francis Ford Coppola, come ha fatto il Cinema ritrovato di Bologna, sia un evento di portata mondiale. Così come è bellissimo far vedere Il Conformista a Piazza San Cosimato con Stefania Sandrelli, che poi ne discute con il pubblico. Stiamo solo parlando di due dei tanti eventi che hanno contrassegnato queste manifestazioni, così come è impossibile dimenticare la miriade di festival e di arene estive gratuite che fanno una ricca programmazione. E senza trascurare il ricordo della sciagurata iniziativa del mercoledì a due euro, che ha svenduto il cinema di prima visione per sei mesi. I Cinema Days a 3 euro non generano ovviamente gli stessi problemi (anche per il loro carattere più occasionale, non più di due volte all’anno), ma questa insistenza sul prezzo basso e ‘popolare’ non aiuta molto a mandare il messaggio che il cinema per vivere e prosperare abbia bisogno di un prezzo adeguato (che rimane molto popolare, rispetto ad altre forme di intrattenimento, anche quando arriva a 8-9 euro).

Si dirà che molti servizi streaming (non solo di audiovisivo, ma anche di musica e libri) offrono dei periodi di prova gratuiti. Ma un conto è provare qualcosa di nuovo per testarlo, un conto è offrire il cinema su grande schermo gratis, non certo un servizio nuovo e da sperimentare. Fermo restando che la sospensione (adesso rientrata) di Netflix in Italia del periodo gratuito non fa pensare che questo sia sempre conveniente per l’azienda che la offre.

Si è parlato spesso del fatto che queste manifestazioni (se sono gratuite) non proiettano film recentissimi. Ma qui a mio avviso si cade in un errore tipico di noi addetti ai lavori, che pensiamo che le nostre abitudini, ossia vedere tanti film appena escono in sala, siano la norma. La realtà è che molto spesso un film gratuito di tre anni fa per la stragrande maggioranza del pubblico è inedito e che quindi, nel confronto con un altrettanto inedito (anche se più recente, ma a pagamento) film che esce in sala, è facile ed economicamente conveniente preferire il primo. E non stiamo parlando di iniziative una tantum e di grande impatto, come quella recentemente avvenuta agli Champs-Elysées di Parigi.

Ma il problema, in realtà, non sono tanto queste manifestazioni, che una volta definita questa missione, spesso la portano avanti benissimo (‘Piazza San Cosimato’ e ‘Il Cinema ritrovato’ senza dubbio lo fanno). Il punto veramente preoccupante è la visione che larga parte del cinema italiano (non solo attori e registi, quindi il lato più ‘artistico’, ma anche produttori importanti) ha di questi eventi. Il mantra che tutti ripetono è che servono per formare il pubblico (in particolare, i giovani) e per spingerlo ad abbracciare il grande schermo, con conseguenze positive anche sul consumo ‘a pagamento’. Insomma, sembra proprio che queste iniziative siano fondamentali per il futuro del Cinema come lo conosciamo e che vadano appoggiate da tutti noi. A questo punto, è veramente il caso di citare un libro fondamentale come ‘Kulturinfarkt’:

La Nuova politica culturale degli ultimi decenni si basa sul teorema per cui ogni offerta, una volta creata, produce i propri consumatori. Questa ossessione dell’offerta ha moltiplicato le istituzioni e le possibilità di incentivazione, ma non i consumatori. E se l’estetica ha pervaso la società, lo dobbiamo al settore commerciale. […] Siamo sinceri: di tutto, più che troppo poco, c’è troppo.

Ma se l’obiettivo è “formare il pubblico“, si conferma che il nostro ambiente ha una visione del Mercato un po’ complicata. Intanto, con l’idea stessa di ‘educare il pubblico’, che francamente è già molto discutibile e poco in linea con qualsiasi legge di marketing, che vorrebbe che si vada incontro ai desideri del pubblico (o, quando si è particolarmente innovativi, vendere qualcosa che il pubblico ancora non sa di volere). Permettetemi ancora una citazione da Kulturinfarkt:

Il sistema si concentra esclusivamente sul versante della produzione e, nel migliore dei casi, considera il singolo come un individuo che ‘non funziona’ dal punto di vista culturale, e che va dunque ‘riparato’; cosa a cui, a buon diritto, quest’ultimo si oppone.

Il discorso è semplice: vogliamo convincerlo così il sedicenne, facendogli capire quanto lo disprezziamo (lui e le sue abitudini, che devono cambiare per renderlo una persona migliore e ‘degno’ di vedere il cinema che amiamo)? Quel sedicenne che cambia il suo cellulare ogni anno (mi devo essere perso il momento in cui Apple ha iniziato a regalare i suoi iPhone, perché deve averlo sicuramente fatto, d’altronde regalare i prodotti è un’ottima strategia, no?) e che spende magari una ricca paghetta per videogiochi, uscite con gli amici e quant’altro (con buona pace di chi pensa che i ragazzi siano tutti squattrinati e non abbiano modo di pagarsi il cinema)? Insomma, perché l’unica cosa che il sedicenne (ma anche il sessantenne) deve avere gratis è il cinema e noi dobbiamo darglielo assolutamente?

E che valore diamo al cinema noi addetti ai lavori? Da una parte, sosteniamo che sia qualcosa di fondamentale per l’individuo, che unisce le persone, che le rende migliori. Insomma, qualcosa di straordinario e meraviglioso, che non ha eguali. D’altro canto, non solo accettiamo che sia gratis, ma anzi riteniamo che l’offerta gratuita sia qualcosa di positivo. Ma come facciamo a trasmettere al pubblico l’idea che qualcosa di gratuito abbia un grande valore, se noi per primi ci ‘vergogniamo’ di chiedere un prezzo sostenibile e siamo orgogliosi di qualsiasi iniziativa gratuita? Siamo sicuri che, così facendo, non stiamo ‘formando’ sì un pubblico, ma che è portato sempre di più a vedere eventi culturali gratuiti o quasi?

Sostanzialmente, quello che diciamo implicitamente è questo: “non crediamo che il cinema in sala possa reggersi sulle proprie gambe e diciamo esplicitamente che è in grossa difficoltà. Per questo, dobbiamo ‘sostenerlo’ in ogni modo, sia con prezzi dei biglietti bassi – come il mercoledì a due euro, che ‘riportava’ la gente al cinema – sia con tantissime proiezioni gratuite che ‘formano’ il pubblico. Se poi questo non porta risultati economici, non importa, tanto noi stiamo comunque facendo il bene di tutta la Società e lo Stato ci deve sostenere”. Ma se non ci crediamo noi per primi nel valore (anche e soprattutto economico) del cinema, come fa a crederci il pubblico?

Ma torniamo al punto vero: il discorso del “gratis che crea un pubblico pagante” non regge e lo dicono, molto semplicemente, i dati. Sì, lo so, al cinema italiano piace molto di più parlare delle sue impressioni (basate soprattutto sulle persone che conoscono e che non rappresentano certo l’italiano medio), ma ogni tanto le cifre ci servono per distinguere la realtà dalle nostre fantasie.

E le cifre dicono che i biglietti venduti nelle sale italiane sono a livelli molto bassi almeno dal 2017 (sotto i 100 milioni di biglietti da quel momento e si rischia che questo avvenga anche nel 2019). Ora, io non arrivo a dire che tra le tante proposte gratuite e la diminuzione di ingressi a pagamento ci sia un rapporto diretto. Ma sicuramente non è più sopportabile sentir dire che il cinema gratis crea consumatori a pagamento e aumenta la loro frequentazione della sale tradizionali. Perché, semplicemente, i biglietti sono in diminuzione e a livelli bassi da tre anni, quindi questa (molto presunta) influenza positiva non esiste, se non nell’immaginazione utopistica di qualcuno, che ovviamente non si preoccupa minimamente di trovare prove oggettive al suo discorso.

E dove proprio non si vede un’influenza positiva è nel cinema d’autore. In effetti, le rassegne che riempiono la penisola, soprattutto d’estate, dovrebbero servire a ridestare l’amore del pubblico per il cinema meno ‘massificato’ e ‘blockbusterizzato’. Sfido chiunque a fornirmi dei dati positivi in questo senso, a cominciare dalla situazione delle case di distribuzione e delle sale che si occupano di cinema d’essai. Almeno, quelle che ancora non hanno chiuso i battenti…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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