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Netflix e il Leone d’oro: cosa succederà?

Sta suscitando polemiche la vittoria di Roma, il film di Alfonso Cuaron, a Venezia. Ma, in realtà, c’è veramente molto rumore per (quasi) nulla…

Ogni tanto, alcune polemiche sono chiaramente simboliche e poco concrete, anche se di grande fascino. Prendiamo la conquista del Leone d’oro da parte di Roma di Alfonso Cuaron. Sicuramente, è un discorso che sui media funziona benissimo, con l’accostamento tra il più vecchio festival del mondo e una piattaforma streaming come Netflix. Così come, ovviamente (ed è questo il discorso centrale), la contrapposizione tra visione domestica e in sala, per una manifestazione che ovviamente finora si occupava di titoli che avevano al centro del proprio sfruttamento i cinema.

Ma, in realtà, al di là dell’idealismo verso la visione in sala (sicuramente preferibile quando è di alto livello e in condizioni di pubblico attento come avviene a un Festival, magari un po’ meno nella realtà di tutti i cinema normali), non c’è molto di concreto su cui fare polemica. Iniziamo dalle basi: il film uscirà nelle sale? Si era detto di sì, ma come si capisce leggendo questo articolo di Deadline, si parlava al massimo di una finestra theatrical di una-due settimane. Significa ovviamente non rispettare il sistema di window attuale.

E’ possibile che questa sia l’occasione per Netflix di fare come Amazon e lasciare una finestra theatrical di circa tre mesi ai suoi titoli? Non è impossibile, ma è molto complicato (poi magari dovrebbero farlo per tutti i loro film). Può essere che i grandi circuiti di sale cambino idea sulle window? Mi pare impossibile, almeno al momento. Quindi, a parte poche sale indipendenti, sarà quasi impossibile che il film esca nei cinema più importanti, d’essai e non (aziende come UCI e The Space hanno regole europee in merito). Di che uscita stiamo parlando, insomma? Quasi sicuramente, un’uscita limitatissima e con poco impatto. Peraltro, vedremo questa settimana come andrà Sulla mia pelle, che sarà un evento di una settimana e che esce in una settantina di sale (non poche, considerando che molti esercenti non possono e non vogliono programmarlo, ma ovviamente mancano tanti cinema di qualità fondamentali).

Cosa c’è di rivoluzionario o di sconvolgente in tutto questo, visto anche che Netflix ha già avuto film in concorso a Venezia (Beasts of No Nation) e a Cannes (Wonderstruck e Okja), a parte la vittoria finale del Leone d’oro? Assolutamente nulla. In America, tanti titoli escono costantemente in contemporanea. Da noi, un’uscita in contemporanea era già accaduta qualche anno fa con Mymovies e con il film di Tavarelli Una storia sbagliata. Operazione non fortunatissima, ma d’altronde, senza offesa, non era esattamente un titolo attesissimo. Quindi, forse non è il caso di urlare al miracolo per qualcosa che è già avvenuto (a meno che, ovviamente, questa uscita theatrical non si riveli un successo enorme, cosa di cui dubito molto). E, soprattutto, è il caso di ricordare che tanti film da Festival importanti nelle sale non ci arrivano proprio e che è sempre più difficile produrne, visto che il Mercato di riferimento si assottiglia ogni anno che passa.

Ma alcuni aspetti poco convincenti della polemica sono riassumibili attraverso un comunicato di Anac/Fice/Acec di ieri:

L’ANAC – Associazione Nazionale Autori Cinematografici, unitamente alla FICE – Federazione Italiana Cinema d’Essai e all’ACEC – Associazione Cattolica Esercenti Cinema, in coerenza con quanto dichiarato in occasione della conferenza stampa della Mostra nel mese di luglio a Roma, ribadiscono la loro contrarietà circa la scelta di aver inserito nel concorso di Venezia alcuni film non destinati alla visione in sala, diversamente da quanto aveva deciso il festival di Cannes. Nel pieno rispetto delle scelte della giuria presieduta da Guillermo del Toro e senza nulla togliere all’alta qualità del film “ROMA” di Alfonso Cuaròn, vincitore del Leone d’Oro, ANAC, FICE e ACEC ritengono iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma NETFLIX che con risorse ingenti sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinema italiane ed europee. Il Leone d’Oro, simbolo della Mostra internazionale d’arte cinematografica da sempre finanziata con risorse pubbliche, è patrimonio degli spettatori italiani: il film che se ne fregia dovrebbe essere alla portata di tutti, nelle sale di prossimità, e non esclusività dei soli abbonati della piattaforma americana. ANAC, FICE e ACEC reiterano la richiesta al direttore Barbera di rivedere per il prossimo anno la sua posizione, mentre chiedono al Ministro della Cultura di varare con la massima sollecitudine norme che regolino anche da noi come avviene in Francia un’equa cronologia delle uscite sui diversi media”.

Da dove iniziare? E’ triste a dirsi (soprattutto da parte di chi, come me, rispetta e apprezza il lavoro di tanti esercenti appassionati), ma questo comunicato è pieno di errori oggettivi. Vediamoli nello specifico:

ANAC, FICE e ACEC ritengono iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma NETFLIX che con risorse ingenti sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinema italiane ed europee”.

Primo, con tutto il rispetto per il Festival di Venezia e l’ottimo lavoro che sta facendo, Netflix è una delle società più importanti del mondo (come dimostra la sua capitalizzazione in Borsa). Sicuramente un Leone d’oro è fonte di prestigio e utilissimo, ma il contributo che ha fornito alla manifestazione e alla sua riuscita è stato enorme. Chi è che “veicolo” di chi, insomma? A essere buoni, è uno scambio alla pari, ma più realisticamente è Venezia che è ben contenta di avere Netflix, più che il contrario, anche considerando che diversi Leoni d’oro recenti non arrivavano a 500.000 euro di incasso in sala, nonostante il riconoscimento ottenuto, come avevamo mostrato qui.

E poi, quali sono le prove che è Netflix che “sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale cinema italiane ed europee”? Questa leggenda metropolitana che chi ha Netflix non va al cinema l’abbiamo già smentita qui ed è inutile tornarci.

Il Leone d’Oro, simbolo della Mostra internazionale d’arte cinematografica da sempre finanziata con risorse pubbliche, è patrimonio degli spettatori italiani: il film che se ne fregia dovrebbe essere alla portata di tutti, nelle sale di prossimità, e non esclusività dei soli abbonati della piattaforma americana”.

Qui il discorso potrebbe andar bene in teoria, molto meno in pratica. Sappiamo benissimo che chi non vive a Roma o Milano ha forti difficoltà a vedere il cinema d’essai. Piaccia o meno, un film d’autore è decisamente più alla portata di tutti se passa su Netflix che se esce nelle sale italiane. Peraltro, non è il caso di far passare un abbonamento di dieci euro mensili come se fosse qualcosa di costosissimo e rivolto solo a una fascia di spettatori ricchi. Per quanto riguarda le risorse pubbliche, Netflix, supportando certi titoli, sta facendo sì che certo cinema non passi solo per gli investimenti pubblici (aspetto pericoloso, considerando che i governi cambiano e non tutti reputano importanti queste voci di spesa).

Ancora:

ANAC, FICE e ACEC reiterano la richiesta al direttore Barbera di rivedere per il prossimo anno la sua posizione, mentre chiedono al Ministro della Cultura di varare con la massima sollecitudine norme che regolino anche da noi come avviene in Francia un’equa cronologia delle uscite sui diversi media”.

Qui ci sono diversi problemi. Chiedere a Barbera di non invitare Netflix? Dopo che il programma (in cui i film Netflix la facevano da padrone) è stato osannato da tutte le testate mondiali? E quale sarebbe il vantaggio per il sistema cinema in Italia di dar vita a un Festival meno potente?

Sulla richiesta al Ministro della Cultura, ci sono due aspetti da considerare. Primo, anche gli stessi francesi hanno capito che quelle window per legge sono ormai anacronistiche (36 mesi tra uscita in sala e Svod? E soprattutto, perché farlo con una legge e non lasciare la decisione alle parti in campo?). Ma soprattutto, anche regolare per legge le window (cosa che, in questo stato di cose, è ormai improponibile) non cambierebbe lo specifica questione Netflix e Venezia, visto che basterebbe che Netflix non facesse uscire quei film in sala (a Cannes, è stato appositamente modificato il regolamento per far sì che i film presentati in concorso si impegnino a uscire in sala – e quindi a seguire il sistema di window – dietro pressione degli esercenti francesi).

In sostanza, è facile dire che questa è una battaglia di retroguardia (peraltro, senza nessuna possibilità di vittoria). Ma soprattutto è una battaglia inutile, visto che ci sono ben altri problemi nel nostro settore. Se invece vogliamo concentrarci sui simboli, allora Netflix e Leone d’oro sono un’accoppiata perfetta…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.

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