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Quali rapporti di forza fra le piattaforme?

Mancando dati ufficiali forniti dai player, è molto complicato riuscire a definire con precisione il “peso” di Netflix & Co. Confronto tra alcune ricerche uscite negli ultimi mesi e relative all’Italia

Analizzare i dati di mercato delle piattaforme è molto complicato. A monte di ogni considerazione, c’è il fatto che i player stessi dello streaming non forniscono per policy dati “ufficiali”. Per questa ragione i dati vanno reperiti in altro modo grazie a ricerche complesse e articolate finanziate da committenti che, avendo investito, possono decidere di non comunicare i risultati degli studi o di renderne pubbliche solo alcune parti. È questa la ragione per cui prolifera la pubblicazione di cifre, percentuali e numeri da parte di fonti molto eterogenee per caratteristiche e obiettivi. Il punto di partenza, quando si parla di market share delle piattaforme dovrebbe essere il numero di abbonamenti attivati dalle famiglie, oppure – ma è un po’ una forzatura – un secondo criterio potrebbe essere quello di calcolare le quote partendo dalla suddivisione degli “atti di visione” fra le diverse piattaforme da parte degli utenti. In assenza di questi criteri, è difficile orientarsi con precisione in questo ambito.

Interrogativi sulla ricerca di Omdia

Di seguito proponiamo alcune evidenze tratte da studi pubblicati in questi mesi sul mercato delle piattaforme streaming o Pay Tv in Italia, cercando di evidenziarne le caratteristiche. Partiamo dalla ricerca dell’istituto di analisi Omdia, di cui un estratto è stato presentato a maggio da Digital Tv Europe.

Nel 2022 i clienti abbonati a servizi OTT nel nostro paese sono cresciuti di 3 milioni, fino a raggiungere la quota di 21 milioni. I ricavi, invece, avrebbero raggiunto quota 2,4 miliardi di dollari per un incremento di 831 milioni. Gli abbonati alla Pay Tv, ovvero a Sky, sarebbero 4,1 milioni per un fatturato di 2 miliardi di dollari. Secondo Omdia, Netflix nel 2022 sarebbe cresciuta di oltre mezzo milione di abbonati, raggiungendo quota 5,4 milioni. Seguirebbe Prime Video con 2,4 milioni, mentre Dazn nel 2021 avrebbevisto crescere la sua base di sottoscrittori di due milioni di clienti (+130,6%) grazie all’acquisizione della Serie A e di ulteriori 553mila abbonati (+15,8%) nel 2022. Disney+ avrebbe infine aggiunto 691mila clienti alla sua base abbonati.

Questa ricerca pone alcuni interrogativi. I 21 milioni vanno intesi come abbonati o abbonamenti? Se si trattasse di famiglie con almeno una sottoscrizione, vorrebbe dire che oltre l’82% delle famiglie italiane, 25,6 milioni (dato Istat 2019), avrebbe sottoscritto un abbonamento a una delle piattaforme. Nel caso, invece, si trattasse di abbonati, sembrerebbe molto difficile arrivare a quota 21 milioni partendo dai 5,4 milioni di Netflix più di 2,4 milioni di Prime Video che, sinceramente appare anche sottostimata come diffusione, essendo strettamente connessa ad Amazon Prime. Un limite che impedisce poi un’analisi più completa e precisa, è che di Disney+ come di altri soggetti, ad esempio, non viene fornito il numero di sottoscrittori. In questo senso non è possibile ricavare la classica “torta” con la quale raffigurare le market share dei diversi soggetti. Va sottolineato, inoltre, che Omdia è un istituto di ricerca internazionale che ha una visione mondiale sui fenomeni e quando propone approfondimenti locali, rischia di non cogliere le particolarità dei singoli mercati.

Interessi e tendenze da Just Watch

Un secondo esempio è quello pubblicato da Prima Comunicazione che riporta una possibile ripartizione delle quote di mercato delle piattaforme in Italia nel terzo trimestre dell’anno, secondo il motore di ricerca sullo streaming, Just Watch.

La nota nella slide specifica chiaramente che i dati sono da intendere come “measured interest in SVOD services on JustWatch in Italy”, quindi la suddivisione per piattaforme è stabilita sulla base degli interessi e delle intenzioni di visione e non sul numero di abbonati. Parlare di market share, quindi, è piuttosto improprio. Secondo quanto emerso dalla slide pubblicata, al primo posto in Italia ci sarebbe Netflix con il 30% più che di quota di mercato, di intenzioni di visione manifestate attraverso Just Watch, che è solo a delle tante modalità attraverso le quali questi interessi si possono manifestare. Al secondo posto ci sarebbe Prime Video con il 27%, mentre più indietro risulterebbe Disney+ con il 18%. Il quadro che emerge, e che in linea generale corrisponde al vero, è che sono queste tre piattaforme ad attirare maggiormente i consumatori.

AGCOM, mancano le connected Tv

Un’altra prospettiva da cui considerare il peso delle piattaforme è quella fornita dall’Osservatorio sulle comunicazioni AGCOM e che parte da dati di ComScore.

L’aspetto da tenere presente è che anche questo studio non si basa sul numero di abbonati ma sulle ore complessive di navigazione e quindi ancora sui comportamenti dei consumatori. Il dato pubblicato, e riferito ai cinque principali operatori, mostra una superiorità schiacciante di Netflix con 185 milioni di ore complessive di navigazione, con il 2023 che tallona da vicino il dato del 2022. Prime Video risulta essere molto staccata con 26 milioni di ore di navigazione ma questo non vuol dire che la penetrazione della piattaforma nelle famiglie sia numericamente così distante dai sottoscrittori di Netflix, anzi. Terza posizione per Disney+ con 11 milioni di ore di navigazione. Dazn e Now per i contenuti sportivi, avrebbero ancora molta strada da percorrere per raggiungere i numeri degli altri competitor. Un elemento da tenere presente, è che la ricerca pubblicata dall’Osservatorio riporta dati che si riferiscono al traffico desktop e mobile e non include quello generato da connected Tv, il dispositivo ad oggi più utilizzato per visionare i contenuti e che rende decisamente incompleta questa analisi. In una nota AGOM, inoltre, specifica che nel grafico «si riportano gli utenti unici della categoria costituita dai principali operatori che offrono in Italia servizi di video on demand a pagamento, in particolare, Netflix; Primevideo.com; Nowtv.it; Timvision.it; Disney digital; Dazn.com; Chili.com; Google Play Movies &TV; Apple Tv; Rakuten.Tv. Non sono state considerate, invece, le ore di navigazione degli utenti unici di Mediaset Infinity Sites in ragione di scelte editoriali che non consentono di scorporare il traffico dei servizi Vod a pagamento da quello gratuito. Nel complesso gli utenti unici di Mediaset Infinity Sites ammontano da inizio anno a poco meno di 22 milioni di ore».

Per quanto riguarda il numero di utenti unici – ovvero il numero di utenti/persone diverse che hanno visitato qualsiasi contenuto di un sito Web, una categoria, un canale o un’applicazione durante il periodo di riferimento – è ancora Netflix a primeggiare con 9 milioni di unità, davanti a Prime Video con 6,5 milioni.

I dati “lordi” di Ergo Research

Concludiamo con i dati di “market share di servizi Svod e Pay Tv in Italia” che Ergo Research ha deciso di condividere. Si tratta di informazioni rilevate nell’ultima edizione di DigitalTRENDS; una ricerca multiclient e multisubject cui aderiscono diversi player che operano nel mercato audiovisivo e dell’intrattenimento, e che, per l’edizione 2023, ha comportato la somministrazione di oltre 7.000 interviste ad un campione rappresentativo degli individui (15+) e delle famiglie italiane.

Come si evince dal titolo del grafico i dati sono riferiti al primo semestre 2023 e le percentuali sono calcolate sul «monte diritti» derivanti da quanto dichiarato da famiglie «in grado di accedere alle offerte» nominalmente a pagamento. Si tratta dunque di un’accezione un po’ particolare delle quote di mercato, perché parte dall’insieme delle subscription attive in Italia e le suddivide per i singoli player, prendendo in considerazione anche la possibilità che gli utenti hanno di poter accedere alle offerte in virtù dello sharing e della pirateria. «Quella di condividere un dato lordo – scrive Michele Casula di Ergo Research nell’articolo associato alla pubblicazione dei dati – è una scelta precisa, sia perché il “poter accedere” è comunque un presupposto comportamentale rilevante (a prescindere dalla titolarità), sia perché vogliamo far passare il concetto che siamo in grado di isolare la stima della famiglie effettivamente paganti (o con titolarità piena all’accesso), ma non è ragionevole condividerne l’esito in chiaro all’interno di questo pezzo, nel rispetto dei sottoscrittori della ricerca».

In base al grafico, risulterebbe che il primato in termini di “famiglie che possono accedere ai contenuti” spetterebbe a Prime Video con il 31% di simil-quota di mercato che non è calcolata sul totale delle famiglie o sulle famiglie abbonate ad almeno un servizio, ma sull’insieme delle possibilità di accesso ai servizi pay. Alle spalle di Prime Video troviamo Netflix con il 21% di quota mentre al terzo posto si piazza Sky con l’11% davanti a Dazn con il 9%. Solo in quinta posizione Disney+ con l’8%. La particolarità di questa ricerca è che, rispetto alle altre tre citate, ribalta i rapporti di forza tra Prime Video e Netflix, probabilmente avvicinandosi maggiormente alla realtà dei fatti del maggior numero di famiglie che, in quanto abbonate al servizio di Amazon Prime, possono usufruire anche dell’offerta di Prime Video.

Ovviamente gli equilibri risulterebbero differenti de le quote fossero calcolate sui soggetti di fatturazione (gli accessi legali al netto di sharing e pirateria) o sui ricavi. Il quadro cambierebbe ulteriormente nelle analisi di tipo comportamentale (come quella riportata dall’AGCOM), pur necessitando del monitoraggi di tutti i dispositivi d’accesso, a partire dalle connected Tv.

 

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