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Intervista a Carlo Degli Esposti

Il fondatore della Palomar e produttore, tra gli altri, de Il commissario Montalbano, ci racconta i suoi nuovi progetti e ci fornisce un’opinione sui temi più importanti del Mercato…

Per prima cosa, le chiederei un ragionamento sull’attuale linea di Palomar e le cose che state facendo sui vari fronti: cinema, televisione e piattaforme…
Sul cinema abbiamo rallentato un po’, per il Covid. La prossima uscita è una bellissima opera prima di Michele Riondino sull’Ilva di Taranto, che si chiama Palazzina Laf, un esordio di cui andiamo molto fieri. Poi stiamo ultimando il montaggio di 100 domeniche di Antonio Albanese, un film crudo e di grande spessore morale. C’è poi la coproduzione francese Cambiare l’acqua ai fiori dal romanzo best seller di Valerie Perrin, e stiamo scrivendo la sceneggiatura de Il treno dei bambini, dal romanzo di Viola Ardone, debutto letterario che ha venduto quasi un milione di copie.

Per quanto riguarda la televisione, con Sky facciamo I delitti del Barlume ormai da 11 anni, una serie che fa segnare sempre ascolti record, e Call My Agent, che è stato rinnovato dopo il successo della prima stagione. Per la Rai abbiamo Màkari che è alla sua terza stagione, mentre Studio Battaglia è alla seconda, ed entrambe in questo momento sono in fase di riprese. Con Rai siamo anche coinvolti in una grande operazione internazionale, Il conte di Montecristo, che gireremo quest’anno per la regia di un maestro come Bille August. Per Mediaset, invece, portiamo in scena i gialli catanesi di Cristina Cassar Scalia e anche questi li stiamo girando adesso.

Va segnalato come l’anno scorso abbiamo felicemente portato a compimento delle operazioni in controtendenza rispetto al Mercato, che hanno dato buoni frutti nel 2023. In un momento in cui stavano lievitando i budget, abbiamo fatto due prodotti a basso costo. Una di queste, Resta con me, è andato per otto serate su Rai Uno con una media di share del 20,2% con un costo produttivo di meno di un milione a puntata. L’altro non è ancora andato in onda, ma lo abbiamo già finito di girare. È una serie tratta dai libri del Camilleri greco, Petros Markarīs, e vede protagonista il commissario Kostas: l’abbiamo girata ad Atene in italiano, una formula che ricorda il Maigret della Rai.

In questo senso, si parla tanto di aumentare i budget, come se fosse una garanzia di successo. È veramente così?
Questa corsa all’aumento dei budget ha degli aspetti positivi e altri negativi. È positivo, perché spesso in passato i nostri prodotti non riuscivano a uscire dall’Italia per i bassi budget, che non ci rendevano competitivi nei confronti del pubblico mondiale. Può essere invece negativo quando questo aumento non coincide con un aumento della qualità. È necessario far crescere tutta la filiera per realizzare delle grandi operazioni. Noi ci siamo sempre limitati a tenere i piedi per terra e anche in grosse produzioni come Il nome della rosa o Il conte di Montecristo, abbiamo cercato di mantenere un equilibrio tra il budget e la qualità. Alla fine sono il testo e la regia che contano realmente.

Come vede questo momento di mercato, con una forte incertezza soprattutto per gli streamer collegati alle major, che ormai parlano apertamente di forti tagli alla produzione di nuovi contenuti?
Credo che questo anno sia quello in cui tutti i gruppi aggiusteranno i budget e sistemeranno i bilanci, quindi nel 2024-2025 gli streamer mondiali dovrebbero prendere forme diverse. Mi immagino ci possano essere diversi acquisti e vendite, così come delle fusioni, tra queste realtà. D’altronde, è ormai difficile vedere anche solo metà del prodotto disponibile ed è impossibile abbonarsi a tutto quello che c’è. È probabile che avremo dei grandi distributori di prodotto che metteranno assieme tante offerte diverse o qualcosa di simile. Ma sicuramente deve succedere qualcosa.

In questo senso, anche il recente sciopero degli sceneggiatori, sembra essere un’occasione di tagliare i costi e magari alcune piattaforme non sono neanche troppo dispiaciute del blocco dei lavori…
Tutto questo dovrebbe spingere l’Europa a rivedere alcuni aspetti della nostra legislazione e le differenze di applicazione da Paese a Paese, in particolare sul rapporto tra i produttori e altri settori. Negli ultimi sessant’anni i produttori hanno perso centralità, e il numero di prodotti è cambiato anche in relazione alla perdita della centralità dei produttori. Credo ci sia bisogno di un riequilibrio, altrimenti la produzione indipendente non esisterà più e si troveranno soluzioni dirette tra chi produce e distribuisce. Se l’Europa tiene ancora alla diversità culturale, bisogna rinfrescare la legislazione, perché la disparità di forze economiche è enorme.

Io ho una certa età e ne ho viste tante, ricordo per esempio di avere combattuto per dieci anni con i miei colleghi dell’APA per mettere il canone Rai in bolletta. Una volta alla Rai veniva dato un budget diverso ogni anno, quindi l’industria era soggetta al “bollettino del mare” della politica. Il canone in bolletta ha invece definito bene gli investimenti e ha portato a grandi risultati produttivi. È preoccupante che si pensi di toglierlo senza inventarsi qualcosa di meglio per stabilizzare e centralizzare il Mercato della produzione audiovisiva, che in Italia è più grande della FIAT.

C’è poi il tema della cessione totale dei diritti agli streamer…
Un annoso problema e che dovrebbe portare i legislatori europei a trovare una soluzione. Altrimenti, il tax credit e gli incentivi ai produttori rischiano di diventare dei contributi agli streamer…

Del sistema di contributi pubblici italiani, cosa c’è da difendere e cosa invece da migliorare?
Sicuramente il tax credit è stato un motore pazzesco per il mercato. Se non cambiasse tutti gli anni a livello di percentuali e regolamentazione, sarebbe perfetto. Io adesso comincio a sviluppare delle cose che, se va bene, verranno prodotte nel 2024 o nel 2025, quindi sto costruendo dei modelli economici, ma senza sapere esattamente come riempirli, e questo è imbarazzante. Il tax credit ha permesso di esaltare la forza industriale italiana, le produzioni estere che arrivano da noi e a cui vendiamo bene il nostro immaginario, e il turismo. Quando queste tre cose si fondono, diventa un meccanismo molto virtuoso, che ha bisogno di stabilità a livello di cifre e regole.

È possibile che il sistema dei contributi selettivi e automatici porti a tanti film da Festival, che però poi faticano, sia al cinema che negli altri sfruttamenti?
Magari bisognerebbe ridurre il numero di film e aumentare gli investimenti, però è una scelta difficile. Se tu fai dieci prodotti, magari ne hai tre che sono bellissimi; se ne fai venti aumenti le possibilità di averne almeno sei belli. Noi vorremmo fare solo film bellissimi, ma in alcuni casi non ci riusciamo. Quindi, un legislatore rigido potrebbe chiedersi perché finanziare tante opere prime? E magari arrivare alla conclusione che, se poi solo tre avranno successo, sia meglio finanziarne solo tre. Ma come sceglierle? Ci vorrebbe Nostradamus…

Forse l’eccesso di film da Festival rende difficile mettere in evidenza i nuovi registi…
Ci sono stati degli autori che sono riusciti a costruirsi una bella visibilità e che adesso hanno un bel mercato internazionale, come Luca Guadagnino, per fare un esempio. Tuttavia, in Italia, il problema sono le sale: il modello cinematografico così non può tenere. Anche le commedie, per fare un esempio, ormai la gente le vede sulle piattaforme…

In effetti in questi tre anni Amazon Prime Video ha portato nelle case tante commedie italiane…
E questo ha danneggiato il cinema. I prossimi anni saranno quelli del riequilibrio e più l’Europa sarà forte, più torneremo vicini ai risultati del pre-pandemia. Altrimenti, si amplierà sempre di più il divario fra Paesi più virtuosi, come la Francia, e altri in cui il numero di sale diminuirà ulteriormente.

Secondo lei, qual è la differenza rispetto ad altri Paesi europei, che stanno tornando in questi mesi al livello di incassi del 2019?
Per me molto dipende dalla politica delle sale e dagli errori che abbiamo fatto, come investire tanto in cinema che propongono solo blockbuster americani e rifiutano il prodotto europeo. Io non vado a vedere Kaurismaki in un multiplex di un centro commerciale… c’è anche una questione olfattiva: perché non si può vedere Kaurismaki con l’odore di popcorn ! Io faccio sempre un esempio: il sindaco di Parigi anni fa ha autorizzato un progetto molto impegnativo per costruire un cinema MK2 tra due rami della Senna, con quattro piani di parcheggio sotterraneo, quindici sale, tre ristoranti e due librerie, creando un posto di classe, che funziona benissimo, e che crea un’abitudine al cinema di qualità. Il caso dell’Anteo a Milano è emblematico, anche con Citylife hanno dato vita a una bellissima sala. Io abito vicino al Tiziano, che è una sala a cui sono affezionato e che frequento, ma un adolescente non ce lo vedo proprio…

Ci sono per fortuna degli esempi virtuosi. La Sala Troisi ha visto dei ragazzi su cui nessuno avrebbe scommesso, che prima occupavano un cinema chiuso, dar vita a una sala che attira attori di fama mondiale durante le anteprime, che permette di studiare al suo interno e poi concludere la giornata vedendo un film. Così, è diventata la prima monosala italiana. Peraltro, quando ho chiesto al tecnico di un laboratorio di fare delle proiezioni di prova lui, dopo aver girato tutte le sale di Roma, mi ha detto che la migliore qualità di proiezione l’ha trovata proprio alla sala Troisi. Se dei ragazzi hanno puntato sulla qualità anche per quanto riguarda la proiezione, perché molti che sono esercenti da tre generazioni non lo fanno?

Quanto è importante per Palomar riuscire a realizzare dei progetti che funzionano bene anche all’estero?
Se dovessi fornire una cifra, è un 30% del nostro impegno, visto che noi siamo molto affezionati al pubblico italiano ed europeo. Noi abbiamo dimostrato che il nostro prodotto più venduto nel mondo, Montalbano, è anche la cosa più local possibile. All’inizio, non abbiamo puntato a fare un prodotto per il mondo, ma se lo realizzi bene, riesce a imporsi anche all’estero.

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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