Nonostante la flessione di presenze e incassi registrata nel 2012, nel corso dell’anno si è mantenuto stabile il livello della produzione cinematografica italiana, che ha realizzato ben 166 titoli contro i 155 del 2011, cioè il numero più alto dal 2000. A crescere è stato soprattutto il volume delle coproduzioni (20 solo quelle con la Francia), mentre si è mantenuto stabile l’ammontare di film per il 100% a capitale italiano, pari a 129. Non mancano tuttavia le criticità, sottolineate alla presentazione ufficiale dei dati sull’industria italiana del cinema nel 2012, tenuta ieri da Mibac e Anica. Tra queste, l’eccesiva frammentazione del panorama produttivo e degli investimenti nel settore, ma soprattutto il trend negativo che continua a caratterizzare i risultati del botteghino nel primo trimestre 2013, in cui si è già perso il 5% di presenze rispetto all’analogo periodo nell’anno precedente.
La situazione non migliora guardando ai risultati dei soli film italiani, che in questi primi tre mesi hanno perso quote di mercato passando dal 41 al 33% delle presenze, e in assoluto hanno subito un calo addirittura maggiore, scendendo a 8,7 milioni di biglietti rispetto agli 11,6 milioni venduti da gennaio a marzo 2012 (vale a dire -25%). Le performance del cinema nostrano al botteghino, d’altra parte, potrebbero essere legate anche al fronte produttivo, su cui si assiste non a un calo degli investimenti complessivi ma alla loro maggiore frammentazione.
Nell’anno passato, sono arrivati al settore 493,14 milioni di euro, cioè un afflusso simile a quello del 2011 (circa 423 milioni), così come si è mantenuto stabile il costo medio dei titoli al 100% italiani, pari a 1,99 milioni. In compenso sono diminuiti i film ad “altissimo” budget, cioè maggiore ai 3 milioni di euro, superati in numero dalle opere a bassissimo costo, cioè fino a 200mila euro. Secondo Angelo Barbagallo, presidente dei produttori Anica, si tratta di una divisione che si riflette sul botteghino, e soprattutto evidenzia come “dal punto di vista industriale, non artistico, non si può dire che il sistema Italia produca 130 film all’anno bensì una sessantina”. Un problema che assume rilevanza se unito alla ripartizione del sempre più esiguo sostegno pubblico diretto al cinema, quello proveniente dal Fondo Unico per lo Spettacolo del Mibac, che nel 2012 ha erogato contributi per circa 24 milioni di euro, ripartiti però su 56 titoli, e in particolare 37 opere prime e seconde. Un numero destinato a crescere nell’anno in corso e ritenuto eccessivo dai rappresentanti del comparto. Secondo il presidente Anica, Riccardo Tozzi, si sta andando nella direzione di quello che è stato definito “piccolo e brutto”: non solo a causa della divisione delle risorse FUS, ma anche per la drastica riduzione degli investimenti da parte dei broadcaster, in particolare Mediaset, che avrebbe dirottato sulla Rai gran parte delle produzioni italiane, incidendo pesantemente sulle risorse unitarie a disposizione di ciascun film.
Sempre sulla cresta dell’onda la richiesta di una legge antipirateria, tema su cui è intervenuto in modo colorito anche il patron di Filmauro, Aurelio De Laurentiis, proponendo una class action di Anica e Mibac contro lo Stato per i 12 miliardi di euro sottratti al settore negli ultimi anni dalla violazione del copyright. Tozzi ha invece ribadito la necessità di “lanciare più velocemente e ampiamente possibile l’offerta legale e ragionare su questioni come le finestre” poiché dall’altra parte della rete “non si trovano nemici ma i nostri migliori clienti potenziali, quelli interessati non solo a consumare il prodotto commerciale ma tutto il cinema, ed è quello che piace a noi e che cerchiamo”.
Rimane critica, infine, la programmazione di cinema italiano in tv e in particolare sulle reti pubbliche. Su Rai 1 nel 2012 sono infatti passati in primetime solo 5 film nostrani, mentre su Rai 2 la cifra si riduce ulteriormente a un paio di titoli. In controtendenza Rai 3, con 36 film rispetto ai 26 del 2011, ma senza quella carattere seriale e programmatico che secondo l’Anica sarebbe necessario per riabituare il pubblico televisivo al rapporto col cinema, magari con appuntamenti fissi a cadenza settimanale.