Difendiamo la libertà di fare cultura… e industria!

Perché c’è ancora bisogno di ripetere che internet è il fulcro della più grande rivoluzione culturale dai tempi della stampa?

Nemmeno la radio e la televisione hanno avuto una portata confrontabile, anche perché internet li sta assorbendo nella sua, di rivoluzione.

Vogliamo difendere davvero la libertà di fare cultura? Allora difendiamo, innanzitutto, internet! Uno strumento che permette di creare contenuti in modi mai visti prima e di diffonderli ad una frazione del costo precedente. Questa è libertà di fare cultura!

Sono anni che si continua a perpetrare strumentalmente il malinteso con cui si confonde il contenuto con l’industria destinata a monetizzarlo. La parola con la stampa, la musica con il cd, il film con la pellicola e il DVD. La cultura è una cosa, l’industria culturale un’altra.

La creatività non ha niente a che vedere con il prodotto attraverso cui il creativo viene, giustamente, pagato per il suo genio e il suo impegno. C’è la creatività, il “prodotto culturale” e i canali attraverso cui viene monetizzato: piantatela, per favore, di confonderli per tirare acqua al vostro vecchio mulino.

Il nuovo processo creativo-distributivo abbassa i margini della vecchia industria culturale mentre favorisce una nuova industria distributiva e, con essa, anche l’emergere di nuovi creativi, che sanno meglio interpretare il rapporto esistente tra idea e canale.

In questa nuova equazione culturale la pirateria danneggia sia la nuova che la vecchia industria, sottrae linfa sia ai vecchi che ai nuovi creativi. E’ un nemico comune che la nuova industria di distribuzione dei contenuti (che non sono solo Kultura) affronta in campo aperto, proponendo nuovi modelli distributivi e diverse modalità di ricompensa di tutti gli aventi causa.

La vecchia industria, invece, e i creativi che con essa hanno ormai un rapporto di simbiosi perversa, demonizza internet perché in fondo non la capisce, non la ha mai capita e la odia. Avrebbero voluto morire continuando a contare i soldi dei bollini SIAE, invece devono “discutere di come regolamentare la diffusione di contenuti su internet”, quando in realtà non c’è proprio niente da discutere.

Internet propone costantemente, con centinaia di start-up ognuna delle quali contiene più creatività di quanta se ne sia vista in secoli di storia, nuovi modelli di distribuzione e remunerazione dei contenuti. Alcuni funzionano, altri si estinguono, basta abbracciarli, provarli, testarli, offrirgli delle occasioni e alla fine i conti cominceranno a tornare.

Anche perché se da una parte i posti di lavoro si distruggono è vero che dall’altra internet ne crea centinaia di nuovi, ogni giorno. Solo che la vecchia industria continua a raccogliere più risorse rispetto alla nuova, a ridurre i costi tagliando posti di lavoro per mantenere i profitti, mentre gli investimenti si spostano lentamente verso la nuova industria rallentando una crescita che creerebbe molti più posti di lavoro di quelli che vanno distrutti.

Il problema non è la pirateria, ma come direbbero gli economisti la frizione, il rallentamento, la resistenza, con cui si sta passando dagli atomi ai bit. Chi guadagna producendo e distribuendo atomi continua a far valere le sue rendite di posizione, usa le risorse accumulate in decenni di attività per sfiancare la concorrenza emergente e portare avanti progetti come il SOPA e il PIPA che dietro al pretesto di combattere la pirateria nascondono l’intento di restaurare un potere che sta andando perduto.

L’industria dei bit non è certo composta da santi che fanno beneficenza. Non lo sono i colossi come Facebook che si deve quotare in borsa, non lo è la Apple che interpretando al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie distributive ci rinchiude in gabbie dorate, non lo sono i Venture Capital che finanziano star-up nate più o meno con le migliori intenzioni, ma è innegabile che questo futuro è più bello del passato. Può essere più democratico, più giusto, più equo. Tremendamente più faticoso, è vero, perché la concorrenza sarà sempre più dura, ma un bambino che nasce oggi ha a disposizione molta più cultura e molte più possibilità di quelle che avevamo noi quando siamo nati e questo, in parte, anche grazie ad internet.

E’ incredibile come proprio chi scrive canzoni possa essere così poco in sintonia con il mondo la fuori 😉

ps: sul tema leggere anche BadTaste che sottoscrivo in pieno.

Davide Dellacasa: Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.

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