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Cineguru Podcast: gli incassi del weekend, Lucca C&G e 15 anni di Area Movie

Commentiamo gli incassi del weekend di Halloween, Lucca Comics & Games e le novità sul fronte M&A

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Nel nuovo appuntamento con il podcast di CineguruDavide Dellacasa Andrea Francesco Berni commentano gli incassi del weekend: si chiude un ottobre molto preoccupante al box office americano, mentre in Italia le numerose nuove uscite danno nuovo slancio agli incassi, in particolare grazie ai titoli italiani.

Si fa poi un consuntivo su questa edizione di Lucca Comics & Games, e sui 15 anni dell’Area Movie: quanto è cresciuta – e quanto è cambiata – da quando ha fatto il suo debutto! Inoltre, aggiornamenti su M&A, in particolare riguardo alla vendita di Warner Bros. Discovery e alle strategie di Paramount dopo la firma di un contratto pluriennale con Comcast di Taylor Sheridan.

 

 

 

 

 

Ed ecco anche l’intera trascrizione del podcast:

Questo testo è stato generato tramite un servizio di trascrizione. La versione attuale potrebbe non essere definitiva e potrebbe essere soggetta ad aggiornamenti

Davide Dellacasa: Ciao Andrea, com’è andato il ritorno da Lucca?

Davide Dellacasa: Bene, sono partito in un orario in cui non c’era traffico e non c’era neanche pioggia, quindi devo dire che sono arrivato.

Andrea Francesco Berni: Io ho preso la pioggia al pomeriggio ma sono partito dopo, in un orario in cui non c’era traffico neanche per me, quindi il rientro è andato bene. In realtà mi ha accolto un devastante scroscio di pioggia a Roma mentre dovevo fare i venti metri con i bagagli fino a casa.

Davide Dellacasa: Sì, c’è stata un’acquazzone a una certa ora che non ho capito.

Andrea Francesco Berni: Esatto, ero io che tornavo a Roma e siccome a Lucca non avevamo preso abbastanza, ho pensato bene di accoglierci a Roma. Vabbè, ma su Lucca ci torniamo dopo il box office del weekend.

Davide Dellacasa: Sì, esatto.

Andrea Francesco Berni: Senti, allora, un weekend… qui è difficile commentare il box office senza avere in mente costantemente questo peggior risultato negli Stati Uniti degli ultimi ventisette anni, escluso l’anno del Covid. Un ottobre terribile, quindi commentare il box office senza tornare a quel pensiero è difficile. Però, un po’ come nella prima parte dell’anno, mi viene da dire che in Italia a ottobre il cinema italiano ha riempito — se vuoi — quello che è mancato dagli Stati Uniti. A volte troppo, ci siamo anche detti, perché comunque sono usciti tanti film e il rischio è che ci sia confusione nella mente dello spettatore, anche perché ci sono un sacco di film che hanno numeri nel titolo: quindi, allo spettatore non proprio attentissimo, tra i tre e i cinque e via dicendo, può venire confusione. Però sicuramente un mese di ottobre che in Italia non è andato male come negli Stati Uniti, a cominciare da quest’ultimo weekend che si è difeso bene.

Davide Dellacasa: Decisamente. Io mi chiedo sempre se probabilmente è un gatto che si morde la coda: se è la distribuzione che deve educare il pubblico, o comunque assecondarlo portandolo al cinema con più regolarità, oppure se al contrario il pubblico in certi periodi dell’anno al cinema non ci vuole andare, e quindi ha senso concentrare molti più titoli in altri momenti dell’anno. Perché nel mese di ottobre, soprattutto nella seconda metà, in Italia sono usciti diversi titoli italiani che forse un po’ si sono cannibalizzati a vicenda. E uno si chiede se magari, diluiti in un’altra maniera, potevano ottenere risultati migliori. Questo non lo possiamo sapere.

Io mi ricorderò sempre però che tanti anni fa, ormai — perché siamo sempre più vecchi — negli Stati Uniti si provò a fare un esperimento che funzionò: allargando sempre di più il periodo di uscita dei blockbuster verso marzo, poi verso febbraio, con film tipo 50 sfumature e quant’altro. Adesso, post-Covid, in America si è tornati ad avere una situazione molto più polarizzata, e il mese di ottobre è diventato quasi come il mese di marzo. Vedevo gli incassi di questo weekend in America: uno dei peggiori in assoluto dell’anno, insieme a un weekend di febbraio e a uno di marzo. In Italia è l’esatto opposto, uno dei migliori weekend dell’anno insieme a febbraio e marzo. Evidentemente si va a speculare rispetto agli Stati Uniti, lo sappiamo bene anche per l’estate. Quindi, non lo so, questo weekend è andato molto bene da noi e poi — anche lì, come negli Stati Uniti — i primi due posti in classifica sono praticamente identici. In Italia c’è stato un testa a testa abbastanza avvincente tra La vita va così e Dracula: l’amore perduto: Dracula è andato molto bene nei giorni di Halloween, tenendo conto che quest’anno non c’è stato il ponte da noi, e La vita va così poi ha recuperato molto bene sabato e domenica, in questo suo secondo weekend, dove addirittura ha avuto un incremento del 12% rispetto all’esordio, che secondo me non era affatto scontato.

Andando a vedere i film di Milani, è un comportamento che certi suoi titoli hanno: ha fatto quasi un milione e otto nel weekend, un ottimo risultato. Ha superato abbondantemente i 3 milioni complessivi — anzi, è arrivato a 3 milioni e 9, quasi 4 — e ha superato gli incassi de Il Comungato un tangenziale di ritorno a coccia di morto, che si era fermato a 3 milioni e 2 nel 2021. E credo che avrà davanti a sé anche una buona tenuta nelle prossime settimane, mentre Dracula ha fatto poco meno, concentrando molti incassi nei giorni di Halloween, quasi un milione e otto anche in questo caso, e sfiora i due milioni insieme al lancio di mercoledì. Un ottimo podio, quindi, nelle prime due posizioni.

Al terzo posto c’è 5 secondi, che è partito abbastanza bene: 821 mila euro in quattro giorni.

Andrea Francesco Berni: Esatto. E a seguire un altro esordio italiano con Io sono Rosa Ricci. Poi al quinto posto c’è il proseguimento di Bugonia.

Davide Dellacasa: Tre film italiani nei primi cinque posti. Ecco, Io sono Rosa Ricci mi lasciava tantissimi dubbi — credo a tutti noi. Chi segue la newsletter Intelligence sa che eravamo indecisi su quali comparable mettere: da un lato pensavo potesse arrivare addirittura al milione, però il fenomeno di Mare fuori non è scontato che si traduca in biglietti del cinema, anche se c’era già stato un esperimento cinematografico con la serie qualche tempo fa. Il fatto che in quattro giorni, includendo le anteprime, abbia superato i 700 mila euro è secondo me un ottimo risultato, soprattutto perché ci sono altre finestre dove proporre il film. In un weekend affollatissimo tra nuove uscite e titoli in tenitura, si è difeso benissimo.

Andrea Francesco Berni: Sì, poi se vuoi c’è un confronto: è vero che siamo a un -25% rispetto al weekend dell’anno scorso, però non dobbiamo dimenticarci, come hai detto tu, che quest’anno il ponte non c’era, perché il giorno festivo è capitato di sabato, mentre l’anno scorso cadeva di venerdì. Avevamo quindi un bel weekend lungo, e sappiamo quanto le giornate festive intere contribuiscano al risultato. Quindi sì, è un ottimo weekend: sulla base dell’anno è il settimo per incasso, e anche confrontato con l’anno scorso resta un gran risultato.

Davide Dellacasa: Sì, la classifica continua con Springsteen, che in proporzione rispetto agli Stati Uniti tiene meglio: ha sfiorato il milione e due. Solo al settimo posto La famiglia Halloween — dico “solo” non tanto perché riponessi grandi aspettative, ma perché continua a esserci un problema di offerta family, non solo in Italia. Zootropolis — se non esplode, non so cosa dire. Nei primi dieci posti questo è l’unico film per famiglie: 338 mila euro nel weekend, 600 mila complessivi. Continuo a chiedermi come mai non ci siano più film per famiglie, soprattutto in periodi con festività o ricorrenze.

Per il resto, poi, all’ottavo e nono posto ci sono due titoli horror, The Ugly Stepsister e The Black Phone 2, e chiude la top ten Chainsaw Man, che arriva a un milione di euro. E qui torniamo a quello che dicevamo la scorsa settimana: l’offerta anime di Crunchyroll e Sony funziona, non come evento ma come vera offerta cinematografica a tutto tondo, e paga.

Andrea Francesco Berni: Esatto, e si inserisce anche in questo rapporto più simbiotico con le piattaforme. Penso, per esempio, a Netflix che porterà Stranger Things al cinema: per ora mi sembra riguardi solo Stati Uniti e Canada, giusto? Però dal primo gennaio porteranno in sala l’ultimo episodio, ed è una mossa interessante, in linea con la strategia di Crunchyroll, anche se in modo diverso. E non scopriamo certo l’acqua calda, perché tutti noi eravamo affezionati a Game of Thrones e alla visione collettiva che si era creata intorno a quella serie. Tutti dicevamo: “Fatecelo vedere al cinema!”. Era una cosa di qualche anno fa ormai, ma quella visione collettiva, anche se ognuno a casa sua o nei bar — ti ricordi quei video dei pub americani dove tutti guardavano insieme gli episodi? — resta un fenomeno bellissimo. Quando il prodotto è giusto e crea quell’attenzione, ci piace viverlo insieme e vederlo bene.

Davide Dellacasa: È interessante perché dimostra un avvicinamento non scontato da parte di Netflix alla sala. Loro non cambiano strategia finché non decidono di farlo, ma già questo è un segnale. Proprio questo weekend, negli Stati Uniti, K-Pop Demon Hunters è tornato al cinema perché hanno visto l’opportunità in un calendario molto scarico. In questo caso c’era anche AMC Theatres che ha accettato di distribuirlo, e sappiamo già che distribuirà anche Stranger Things l’anno prossimo. Poi c’è l’evento del film di Narnia: insomma, dobbiamo osservare con attenzione cosa sta facendo Netflix, perché potrebbe — non dico cambiare completamente idea sulla distribuzione in sala — ma sicuramente non la esclude più. Vedremo.

Comunque, tornando agli Stati Uniti, c’è stato un testa a testa al ribasso, perché il weekend è stato terribile: 53 milioni in tre giorni, uno dei peggiori dell’anno. Due film si battono per la prima posizione: Regretting You con 8,1 milioni di dollari e Black Phone 2 con 8 milioni. Entrambi non sono nuove uscite. Negli Stati Uniti c’è stato un problema: mancano i film. I titoli americani sono stati rinviati nel mese di ottobre, a parte Michael che era già stato posticipato, e Mortal Kombat, che doveva essere un blockbuster Warner per ottobre, è stato spostato a maggio. Quindi, questo weekend non c’era sostanzialmente nulla di nuovo al cinema, e si è notato.

Regretting You ha tenuto molto bene rispetto al weekend precedente e sale a 27 milioni. Black Phone 2 ha superato i 61 milioni totali: buon risultato, ma è stato un Halloween particolare, perché non c’è stato nessun titolo “esplosivo”. Al terzo posto ancora Chainsaw Man — e chi si sarebbe immaginato che la classifica americana si affidasse per il podio a un film anime distribuito così? Non come evento, ma come vero film, arrivato a 30 milioni complessivi negli Stati Uniti. Al quarto posto K-Pop Demon Hunters con 5,3 milioni.

La situazione è d’emergenza: novembre e dicembre riserveranno sicuramente sorprese in positivo, ma il 2025, che doveva essere l’anno della svolta, ormai è rinviato al 2026. Il mercato si è polarizzato tantissimo: servono più titoli forti, e vedremo se nel 2026 il calendario sarà distribuito meglio. Per il resto, solo film in tenitura. L’unica novità è Stitch Head, un horror indipendente al nono posto, e basta.

Andrea Francesco Berni: Una situazione desolante, in questo mese come in certi mesi primaverili. Torniamo a ciò che abbiamo detto più volte: serve più prodotto, e serve costanza.

Andrea Francesco Berni: Senti, allora, chiuso il capitolo box office: Lucca Comics è stata una Lucca non bagnata tutti i giorni, ma quando ha piovuto, ha piovuto tanto. La pioggia ha però risparmiato l’evento che, lato cinema e serie TV, ha catalizzato l’attenzione di tutti: il 31 ottobre, Halloween, con l’apparizione del cast di Stranger Things, che ha reso incalpestabile il suolo di Piazza San Michele, del Teatro del Giglio e della via del cinema Moderno. Ci sono stati tre appuntamenti — ne avevamo parlato nel podcast di lunedì scorso —: pensi che siano soddisfatti?

Davide Dellacasa: Dopo le anticipazioni che ci avevano dato, credo proprio di sì.

Andrea Francesco Berni: Anch’io. L’installazione e il padiglione hanno sempre avuto file lunghissime davanti, davvero impressionanti. Non che l’attrazione di Squid Game dell’anno scorso avesse code più brevi, ma questa è stata una grande impresa per chi l’ha organizzata. La statua all’ingresso, enorme e scenografica, dominava la piazza e ha avuto un bell’impatto anche nelle foto. Costruito bene, insomma: un evento riuscito, che conferma quanto Lucca sia importante anche per il cinema. Quest’anno si festeggiavano i quindici anni dell’Area Movie a Lucca Comics & Games: quindici anni in cui, all’inizio, le piattaforme non esistevano e si partiva davvero solo dal cinema. Oggi, invece, da qualche anno le piattaforme sono sempre più protagoniste. Lo dicevamo già la settimana scorsa: la presenza a Lucca, al di là di questo spostamento dal focus cinema al focus OTT — che poi spesso portano anche film, ma più spesso serie — ha trovato il suo senso perché è ciò che dialoga di più con la fanbase. Si conferma un trampolino di visibilità enorme, e l’accoglienza del pubblico continua a essere unica al mondo: non esistono momenti analoghi.

Davide Dellacasa: Sì, infatti. Noi abbiamo frequentato il Comic-Con di San Diego, e devo dire che lì — per alcuni anni — il cinema e la serialità hanno preso il sopravvento, trasformando l’evento in qualcosa di gigantesco e viralissimo. Ma oggi quel periodo è un po’ tramontato: la partecipazione dei grandi studios al Comic-Con si è ridotta molto. A Lucca, invece, è accaduto l’opposto.

Se ripenso a questi quindici anni, c’è stata una prima fase in cui l’Area Movie era sostenuta fortemente dal cinema e dai grandi studios; poi è arrivata Sky, che con Game of Thrones ha fatto installazioni bellissime e portato dei talent importanti — quella è stata la svolta, perché la presenza dei talent cambia tutto. Con l’arrivo degli OTT, in particolare Netflix (ma anche Amazon), la manifestazione ha poi vissuto una seconda trasformazione: Netflix ha deciso di portare talent di grande richiamo, catalizzando ogni volta l’attenzione. L’anno scorso, per esempio, Squid Game, e in maniera intelligente hanno anche iniziato a creare veri e propri landmark: la statua gigante della bambolina, così che anche chi non partecipava agli eventi potesse vivere comunque l’esperienza, farsi un selfie e sentirsi parte dell’evento. Quest’anno hanno annunciato anche la nuova serie di Zerocalcare con un evento in piazza, sempre affollatissimo. Insomma, credo che nei prossimi quindici anni continueremo a vedere eventi di questo tipo, perché i risultati ci sono.

Andrea Francesco Berni: Sì, ed è interessante questo paragone col Comic-Con di San Diego, perché nei quindici anni di storia dell’Area Movie c’è sempre stato questo confronto implicito con il modello americano. Il Comic-Con è stato il riferimento originario, ma ha vissuto i suoi momenti migliori durante il boom dei cinecomics e di Star Wars, che in realtà si sono innescati nello stesso periodo. Anche Star Wars ha avuto momenti straordinari a Lucca Comics: ricordo un paio d’edizioni davvero divertenti, con Disney che aveva preso il padiglione in Piazza dell’Anfiteatro, bei momenti.

Disney e Warner sono state, insieme ai talent, il cuore del settore movie di Lucca e l’hanno sostenuto fin dalle origini. Oggi però il baricentro dell’attenzione si è spostato, e non solo a Lucca: è un fenomeno globale. L’attenzione si è spostata dal cinema ai fenomeni legati alle piattaforme.

Hai fatto bene a ricordare il passaggio con Sky e Game of Thrones, perché rappresenta proprio un cambio di testimone: dall’enfasi sul cinema a quella sulla serialità televisiva. E anche da noi questa transizione coincide con il calo d’attenzione verso i cinecomics, che ora infatti sono in pausa.

Davide Dellacasa: Sì, e c’è anche una questione di coolness del brand, che si è andata a creare. Quando sono arrivati Netflix e Prime Video, molta gente andava apposta negli stand solo per “esserci”. Quest’anno, per esempio, c’era lo stand di Wonder Pictures e A24, e anche lì la gente ci andava perché segue quei brand, non solo per i titoli. Lo stesso vale per Crunchyroll: molti visitatori vanno non tanto per il singolo film, ma per il marchio, per quello che rappresenta, perché sanno che l’offerta è sempre curata e attenta ai fan. E poi c’è tutto il merchandise, che diventa parte dell’esperienza. Lucca è interessante anche per questo: per osservare come i brand dialogano coi loro fan.

Andrea Francesco Berni: Infatti io ho preso il magnetino!

Andrea Francesco Berni: E guarda, ci sono un paio di cose che abbiamo toccato — parlando sia del box office che di Lucca — che si intrecciano: Mortal Kombat spostato, per esempio. Se fosse uscito in questi giorni, a Lucca ci sarebbe stato perfettamente. E da lì veniamo a un argomento che nelle ultime settimane abbiamo solo sfiorato, ma che in realtà è stato la notizia più discussa: dopo mesi di rumor sull’interesse di Skydance e David Ellison, che hanno già acquisito Paramount, adesso la situazione si è ribaltata, con Warner Bros. Discovery che di fatto si è messa in vendita.

Andrea Francesco Berni: Se ho capito bene, Paramount aveva fatto due offerte, respinte, e quindi Warner ha deciso di ufficializzare una “revisione strategica” — cioè, aprirsi alle offerte per alzare la posta. Ora ci sono altri player interessati: Paramount resta in posizione privilegiata, ma anche Netflix (che pare abbia avuto accesso alla data room, quindi è entrata in una fase più concreta, potendo vedere i numeri veri), e poi Peacock, Comcast, e persino Apple — anche se quella sembra sempre la meno probabile.

Davide Dellacasa: Sì, Apple sembra piuttosto defilata. Ma quando c’è di mezzo HBO, è normale che tutti siano interessati. Anche Apple, in fondo, ha un’offerta televisiva che è un po’ “la HBO degli OTT”: stesso posizionamento, stessa qualità, stessi premi. Apple ha vinto un sacco di Emmy quest’anno, proprio come HBO. Quindi non mi sorprenderebbe se guardasse con attenzione a questa partita. In corsa ci sono anche Amazon e MGM, naturalmente.

Io non so come andrà a finire. Il piano alternativo — che era in realtà quello principale — resta lo scorporo nel 2026: un ritorno alle origini, con Warner Bros. e Discovery che si separano di nuovo, e Discovery che si prende anche la CNN. Questo, guarda caso, dovrebbe essere il piano di Zaslav, che secondo me ha due obiettivi: tenersi il lavoro e far guadagnare più soldi possibile agli azionisti, sennò lo linciano.

Andrea Francesco Berni: Anche lui, però, non se la passa male: Zaslav è sempre stato bravo a prendersi il suo compenso, e si parla di cifre importanti anche in caso di fusione o vendita.

Comunque, forse Paramount è l’unica davvero interessata a Warner così com’è oggi. Netflix, per quanto possa essere curiosa rispetto alla finestra theatrical, non credo sia interessata alla TV via cavo. Lo stesso vale per Apple. Peacock e Comcast forse sì, ma stanno prendendo le distanze dai business in declino, anche se sono ancora fonti di ricavi importanti. Quindi il disegno di separarle aveva senso, mentre l’unione precedente era già stata poco logica. Ora la separazione sembra più razionale: la parte OTT e quella produttiva da una parte, il resto dall’altra. Certo, nel mezzo c’è stata una distruzione di valore enorme — e non solo per gli azionisti, ma anche per chi ci lavorava.

Siamo in una fase che ufficialmente chiamano “cambio di strategia”, ma è chiaramente un “siamo aperti a tutto”. Di fatto, un’asta.

Davide Dellacasa: Sì, quello che trovo abbastanza surreale — ma ormai viviamo in tempi surreali — è che nessuno sembri considerare i problemi regolatori. Comcast, per esempio, dovrebbe essere esclusa a priori da questo tipo di acquisizione: ha già canali via cavo e d’informazione molto forti. E invece viene data per improbabile non per questioni antitrust, ma perché la famiglia Roberts non è proprio in buoni rapporti con l’amministrazione Trump.

È assurdo, ma al contrario la famiglia Ellison si trova avvantaggiata: proprio ieri Trump, ospite di 60 Minutes su CBS, ha fatto un elogio pubblico dei nuovi capi e della famiglia Ellison, degno di un regime — anzi, di certe dinamiche che abbiamo visto anche da noi.

Per questo trovo logico che Paramount stia cercando di chiudere il più in fretta possibile: l’anno prossimo ci saranno le elezioni, e un eventuale ritorno di Trump potrebbe cambiare tutto. David Ellison, secondo me, vuole approfittare di questa finestra per ottenere l’ok, mentre Zaslav punta a massimizzare il valore della vendita.

Andrea Francesco Berni: Sì, e anche il suo compenso personale, che come sempre è consistente.

Ma restando in casa Paramount, c’è un’altra notizia interessante: quella di Taylor Sheridan. È stato annunciato che ha firmato un accordo da un miliardo di dollari in otto anni con Comcast, quindi con Universal, per lasciare Paramount e passare dall’altra parte. Non è una cosa che avverrà subito, perché ha ancora dei vincoli sui film fino al 2025 e sulle serie fino al 2028. In pratica inizierà a lavorare pienamente per Universal dal 2029.

È una scommessa enorme, e per quanto lui sia una fucina di idee e progetti, da qui al 2028 può anche darsi che finisca per esaurirsi un po’. Quello che mi ha colpito di più però è il motivo della rottura: pare che Paramount avesse iniziato a mettergli troppi paletti, a fare troppe domande sui costi e sulle scelte creative, e che Ellison non sia intervenuto in suo favore. Ed è curioso, perché Sheridan è stato il vero deus ex machina, l’uomo che ha tenuto in piedi la parte seriale di Paramount negli ultimi anni, a cominciare dal successo enorme di Yellowstone.

Davide Dellacasa: Esatto. Questa vicenda è interessante non solo per il presente, ma per quello che ci racconta dei prossimi anni.

Da un lato c’è Donna Langley di Universal, che dopo il Covid ha davvero costruito rapporti solidi con i talenti, al contrario di Warner. E ora lo fa anche per la piattaforma Peacock, che negli Stati Uniti funziona discretamente, anche se non ha ancora una distribuzione globale. Questo potrebbe far pensare che la strategia di Comcast sia far crescere Peacock e magari fonderla con HBO Max. Non è chiaro, ma se investono così tanto in qualcuno che crea contenuti di successo, è perché vogliono dargli una piattaforma altrettanto forte.

Quello che è successo con Paramount Plus lo dimostra: Sheridan ha contribuito enormemente alla crescita della piattaforma, portandola oltre i 40 milioni di abbonati.

Dall’altro lato, il fatto che Ellison non voglia più dipendere da un solo autore per far funzionare la propria piattaforma streaming mostra la volontà di cambiare approccio: nei prossimi anni cercherà nuovi talenti, per non essere vincolato a una sola persona — soprattutto una come Sheridan, che pretende molto sui budget e sul montaggio finale. Certo, porta risultati, ma Ellison punta a qualcosa di più grande.

E se davvero riuscirà a fondere Paramount con HBO Max, sa che anche se i talent non restano, le IP sì. È questo il punto: quello che vuole comprare sono i cataloghi, le proprietà intellettuali, più che i singoli creatori.

Andrea Francesco Berni: E a proposito di Sheridan, ho letto troppo in fretta: è vero che se ne va, ma si parla anche di Call of Duty, un suo progetto che dovrebbe fare con Paramount, nonostante tutto?

Davide Dellacasa: Sì, esatto. Questo ci fa capire che la situazione è molto più sfumata di come i titoli la raccontano. Non è che se ne va sbattendo la porta: i contratti ci sono, e Call of Duty è una produzione da parecchie decine di milioni di dollari, un grande blockbuster, a cui dovrà dedicarsi davvero. Quindi non è un addio immediato: continua a lavorare con chi gli offre di più, e nel frattempo prepara il terreno per il futuro.

Andrea Francesco Berni: Bene, allora direi che possiamo chiudere qui. Ci risentiamo la prossima settimana: ottobre si è chiuso, entriamo nella stagione delle feste, anche per gli Stati Uniti. Cominciamo ad avere all’orizzonte i titoli natalizi, e sarà interessante vedere dove atterrerà quest’anno il mercato, che per ora resta sotto il 2024. Non è il risultato che speravamo a inizio anno, ma vedremo come andrà a finire.

In Italia intanto il dibattito è tutto sulla finanziaria e sui tagli alla produzione, un tema che non avremmo voluto affrontare ma che, purtroppo, resta al centro dell’attenzione, nonostante i buoni risultati del cinema italiano.

Davide Dellacasa: Esatto. Va bene, alla prossima settimana.

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