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I rappresentanti del Cinema Italiano incontrano il Ministro Alessandro Giuli

I rappresentanti del Cinema Italiano hanno avuto un incontro informale con il Ministro Alessandro Giuli per parlare di tax credit, nuovi obblighi e la crisi occupazionale del settore

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Da quasi due anni la produzione di film e serie tv procede con difficoltà. Per quasi un anno è stata ferma perché il ministero aveva sospeso l’erogazione dei finanziamenti pubblici, anche quelli già richiesti. Poi le modifiche volute dal ministro Sangiuliano alla legge che assegna i fondi pubblici hanno tagliato fuori dai possibili richiedenti molte società, che unite insieme hanno fatto ricorso costringendo il ministro successivo, Alessandro Giuli, a rimettere mano alla legge.
Alcune modifiche erano attese per questi giorni e sono arrivate oggi con la pubblicazione dei decreti correttivi, lo stesso giorno in cui il ministro ha incontrato alcuni esponenti del mondo del cinema in maniera informale e “da privati cittadini”, come ha assicurato Andrea Occhipinti di Lucky Red, che era tra quelle persone insieme a Simonetta Amenta (presidente Agici), Dario Indelicato (fondatore del movimento “Siamo ai titoli di coda” e rappresentante delle maestranze), gli attori Claudio Santamaria e Beppe Fiorello e il regista Andrea Segre e poi Vittoria Puccini (rappresentante di Unita), Stefano Massenzi (produttore), Corrado Azzolini (produttore) e Stefano Rulli.

I rapporti tra il ministro, e per estensione il governo, e alcuni esponenti del mondo del cinema hanno raggiunto livelli di tensione molto alti nelle ultime settimane, con attacchi continui sui giornali vicini alla destra, e in certi casi attacchi personali ai guadagni (presunti) di alcuni attori, alle paghe di alcuni registi e in generale con la retorica del cinema italiano che mangia soldi e li spreca. Per cercare di raddrizzare il sistema di finanziamento pubblico e per invertire questa narrazione Claudio Santamaria e Beppe Fiorello hanno agito da intermediari con il ministro per organizzare questo incontro. Che, questa è la prima notizia, è stato fruttuoso.

Il formato dell’incontro è stato misto: inizialmente riservato, poi allargato a un tavolo istituzionale con la partecipazione del sottosegretario e del direttore generale del ministero. L’obiettivo comune è stato affrontare la crisi del comparto e ristabilire un dialogo costruttivo.

Correzioni al tax credit e primo bilancio

Il decreto correttivo sul tax credit è stato finalmente pubblicato e ha rappresentato un primo passo concreto. Sono stati corretti alcuni automatismi che generavano usi distorti del meccanismo e rafforzata la struttura amministrativa che gestisce le pratiche. Soprattutto è stata prevista l’assunzione di più personale per la Direzione cinema, per far fronte all’aumento delle richieste. Questa era uno dei problemi più grossi che hanno causato ritardi e incertezze.

I decreti correttivi sono intervenuti esattamente su quello che lamentavano le produzioni che, unite, si sono rivolte al TAR: è stato rimosso l’obbligo di avere una società di distribuzione inserita in un elenco ristretto per accedere ai contributi selettivi; è stato ridotto il numero minimo di sale e proiezioni richieste sempre per gli stessi fondi; è stato introdotto un sistema “de escalator”, ovvero una riduzione proporzionale dell’incentivo in base all’aumento del budget del film, dedicato quindi alle produzioni più grosse; i fondi regionali saranno considerati equiparabili a fondi privati (cosa importante perché riduce la quota di fondi privati che è necessario aver raccolto per accedere al tax credit); è stato inserito un tetto al tax credit sopra la linea, cioè se si parla di paga ad attori o registi, oltre una certa cifra il tax credit non si applica più. Andrea Occhipinti ha commentato quest’ultima mossa come una più politica e d’immagine che altro, perché ovviamente nessuno vuole pagare tanto un regista o un attore e viceversa se questo ha un valore attrattivo sul mercato invece lo pagherà volentieri a prescindere dal tax credit.

Su un piano più astratto e informale è stato riportato che il ministro ha espresso pieno sostegno a tutta quella categoria di produzioni che non devono per forza avere un ritorno economico dall’uscita in sala, specialmente nel caso delle opere prime. Il ministro ha ribadito la volontà di continuare a incentivare queste tipologie di progetti.

Nuovi obblighi

I decreti correttivi introducono anche nuovi obblighi comunicati successivamente con un comunicato stampa congiunto con il ministero: “Il primo riguarda la trasparenza delle spese di produzione: per una maggiore tracciabilità dei costi, le fatture, i documenti di spesa e la documentazione attestante i pagamenti di importo superiore ai 1.000 euro dovranno ora riportare obbligatoriamente l’indicazione del titolo dell’opera a cui si riferiscono. Prima era sufficiente l’attestazione del revisore dei conti della società produttrice per annoverare il costo tra quelli imputabili alla produzione di un’opera cinematografica.

Il secondo concerne l’obbligo per il produttore beneficiario del credito di imposta a reinvestire entro cinque anni dal suo riconoscimento una quota dei proventi dell’opera nello sviluppo, nella produzione o nella distribuzione in Italia e all’estero di una o più nuove opere difficili, ossia: documentari; cortometraggi; opere prime e seconde; opere di giovani autori; opere di animazione non in grado di attrarre risorse finanziarie significative dal settore privato; con un costo di produzione inferiore ai 3.500.000 euro, ridotto a 1.000.000 euro per i documentari e 200.000 euro per i cortometraggi. Sono inoltre classificate come opere difficili sia i film che hanno ottenuto contributi selettivi, sia i film con un costo di produzione inferiore ai 3.500.000 euro, sia i film distribuiti in meno del 20% degli schermi attivi e che, in tutti e tre i casi, non siano in grado di attrarre risorse finanziarie significative dal settore privato”.

Riconoscimento della crisi occupazionale

È stato molto importante poi trovare un accordo sul fatto che ci sia o no una crisi occupazionale. Il governo ha continuato a negarlo fino a ieri sostenendo che ci siano molti set attivi. Ovviamente da novembre a oggi si è girato e si è lavorato. Le produzioni più solide hanno potuto accedere al tax credit. Ma è stato chiaro che le associazioni di categoria e il governo non hanno gli stessi dati. Una delle proposte più concrete emerse dal tavolo di confronto è stata la creazione di un osservatorio sul lavoro cine-audiovisivo, in collaborazione con INPS. L’obiettivo è monitorare con precisione l’andamento occupazionale del settore, colmando il gap informativo che finora ha impedito una valutazione realistica della crisi. E il ministro e il suo staff sono stati i primi ad ammettere di aver sottostimato la crisi.

Secondo Dario Indelicato una parte del problema risiede proprio nella mancanza di dati ufficiali: molte produzioni non comunicano l’inizio lavorazioni ai sindacati, rendendo impossibili confronti numerici affidabili con gli anni precedenti. L’osservatorio permetterebbe di avere indicatori tempestivi e misurabili, utili per valutare l’efficacia delle politiche pubbliche e per attuare correttivi mirati.

Su questa stessa linea è stata fatta esplicita richiesta, ed è stata accolta positivamente, di recupero dell’anno contributivo per il 2024 e 2025, un bonus una tantum a sostegno delle maestranze, e la riduzione da 120 a 90 dei giorni contributivi richiesti per maturare un anno pensionistico.

I problemi che rimangono

Il confronto non si è svolto a nome delle associazioni ufficiali, ma ha rappresentato un momento informale promosso da una delegazione eterogenea. Andrea Occhipinti ha chiarito che non si intende sostituire il dialogo istituzionale tra ministero e associazioni, ma che è emersa la necessità di un confronto più inclusivo, che tenga conto delle voci di tutte le componenti del settore, comprese quelle non rappresentate formalmente.

Non era quindi la sede per affrontare tutte le questioni che tuttavia non vengono archiviate. In particolar modo rimane da rivedere per i produttori lo spostamento delle risorse tra fondi selettivi e automatici (cioè sono stati tolti soldi ai fondi assegnati automaticamente per meriti oggettivi, e aumentati quelli assegnati attraverso una commissione), avvenuta con la nuova legge Sangiuliano e l’occasione sarà il riparto delle risorse per il nuovo anno, per il quale sperano di essere contattati: “Il valore del tax credit risieda nella sua natura neutrale” ha specificato Andrea Occhipinti di Lucky Red “è uno strumento che premia l’investimento e la progettualità senza entrare nel merito artistico dei contenuti”. Secondo tutti inoltre ci sono problemi di competenza nelle commissioni giudicatrici. “Posso dirlo senza timore di errore, in quelle commissioni ci sono persone che non sono preparate e non sono adeguate a giudicare un piano di produzione” ha detto sempre Occhipinti.

Simonetta Amenta ha poi riportato di aver messo sul tavolo il problema delle certezze. Cioè il settore ha bisogno di certezze su bandi, scadenze e procedure. Serve maggiore trasparenza nei criteri e puntualità nelle risposte. Tra le proposte operative avanzate: la creazione di un calendario vincolante per bandi e graduatorie, un sistema che premi chi rispetta i tempi.

Il grande non detto che nessuno poteva chiedere ma che tutti sanno, è che molti di questi problemi sono esattamente il desiderio di questo governo per il cinema, cioè meno finanziamenti alle produzioni più piccole e più controllo su di esse attraverso lo strumento delle commissioni che giudicano, più parametri vicini all’identità nazionale e al racconto dei grandi italiani e in generale un forte desiderio di fare in modo che la produzione finanziata dallo stato, almeno quella dai budget più contenuti che dipende di più dai finanziamenti, non vada in direzione contraria alle idee di chi è al potere.

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