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Disney: dati positivi dalla trimestrale

Risultati migliori del previsto per l’azienda, che ha visto il recente ritorno di Bob Iger, e che hanno portato a un aumento del suo valore in Borsa…

Disclaimer: chi scrive possiede azioni della Disney

Martin Peers di The Briefing ha titolato “il piano di Iger ha qualcosa per tutti”. In effetti, dopo che la pessima prova di Chapek nella sua ultima call agli azionisti ha contribuito al suo allontanamento, la capacità di Bob Iger di dire le cose che i Mercati vogliono sentire si è rivelata di alto livello.

Nei suoi interventi, infatti, Iger ha detto alcune cose importanti, in particolare:

– Ci saranno 7.000 licenziamenti in Disney, notizia ovviamente brutta, ma che segue quelle analoghe di tante aziende tecnologiche e che solitamente viene premiata dai Mercati per la sua capacità di ridurre i costi (è spietato, ma è così). L’obiettivo generale sarà ridurre i costi di 5,5 miliardi e di questi 3 miliardi arriveranno da un calo di investimenti per i contenuti non sportivi.

– Il nuovo/vecchio amministratore delegato ha anche negato che ci sia l’intenzione di vendere ESPN, rivelando che invece Chapek aveva testato le acque. Ora invece ESPN sarà uno dei tre reparti in cui si dividerà la Disney (gli altri sono Entertainment – che verrà diretto da Dana Walden e Alan Bergman – e Parchi)

– Dopo che il reparto animazione è stato un po’ maltrattato in questi anni, con troppi titoli finiti direttamente in piattaforma, l’annuncio che si stia lavorando a dei sequel di Zootropolis, Toy Story e Frozen è decisamente importante e dà un segnale di probabile discontinuità. In generale, è stato evidenziato come – dopo una fase di accentramento dei poteri che aveva provocato grossi malumori interni – i creativi tornano ad avere maggiore libertà di decisione. Aggiungo io (anche se nella call agli azionisti non si è fatta menzione in merito) prima o poi si dovrà seriamente pensare a un sequel di Encanto, che su Disney+ ha ottenuto numeri enormi…

– Iger ha detto che lo streaming è la priorità numero uno, ma anche che la televisione lineare e il theatrical “forniscono ancora una notevole capacità di monetizzare”.

– A fine anno, torneranno i dividendi per gli azionisti, anche se è stato chiarito che per il 2023 saranno piuttosto bassi. Ma è comunque un segnale, forse anche in risposta alle critiche dell’attivista Nelson Peltz…

Questa la dichiarazione di Iger nella lettera agli azionisti:

“Dopo un primo trimestre solido, stiamo portando avanti una trasformazione significativa, che massimizzerà le potenzialità dei nostri fantastici team creativi e dei nostri marchi e franchising senza pari. Riteniamo che il lavoro che stiamo svolgendo per impostare la nostra azienda attorno alla creatività, riducendo al contempo le spese, porterà a una crescita sostenuta e alla redditività per la nostra attività di streaming, ci posizionerà meglio per affrontare i cambiamenti futuri e le sfide economiche globali, così come per fornire valore ai nostri azionisti”

Gli analisti di Wall Street puntavano su ricavi per 23,37 miliardi (erano stati 21,8 miliardi l’anno prima) e un utile per azione di 78 centesimi di dollaro (era 1,06 dodici mesi fa). Su questi fronti, i risultati sono stati migliori di quanto preventivato, visto che i ricavi sono passati a 23,51 miliardi e l’utile per azione a 99 centesimi.

Come era logico attendersi, l’azienda è stata trainata dal settore “Parks, Experiences and Products“, in grado di portare ricavi per 8,73 miliardi di dollari (erano stati 7,23 miliardi nel trimestre di un anno prima) e un reddito operativo di 3,05 miliardi (contro i 2,45 miliardi precedenti). Su questo fronte, c’erano state delle polemiche contro alcune alcune scelte di Chapek, che avevano portato delle tariffe particolarmente costose per i visitatori dei parchi, anche se oggettivamente efficaci nell’aumentare i profitti dell’azienda, come si può vedere anche da questi dati.

Dal settore “Disney Media and Entertainment Distribution” è arrivata una piccola perdita ed è facile intuire la ragione. Infatti, mentre i network lineari hanno portato ricavi per 7,29 miliardi (comunque in calo rispetto ai 7,70 miliardi di un anno fa) e un reddito operativo di 1,25 miliardi (anche qui, in flessione rispetto ai 1,49 miliardi precedenti), è come solito il Direct to Consumer ad abbassare i profitti. Ma, come capita talvolta a Wall Street, il fatto che i risultati siano stati meno gravi del previsto, è stato salutato come un (mezzo) successo. Infatti, i ricavi del comparto che comprende le realtà streaming sono stati di 5,30 miliardi (erano 4,69 miliardi), mentre la perdita operativa è stata di 1,05 miliardi (contro i 593 milioni del trimestre di un anno fa), meglio dell’ipotesi peggiore che era stata preventivata (si rischiava una perdita di 1,3 miliardi).

Su questo fronte, è interessante capire meglio la situazione. Nella lettera agli azionisti, si parla di “perdite maggiori a Disney+ e una flessione nei risultati di Hulu, parzialmente bilanciata da migliori risultati per ESPN+”. Per quanto riguarda Disney+, si parla di costi di programmazione e di produzione maggiori, parzialmente bilanciati da maggiori ricavi derivanti dagli abbonamenti e una diminuzione dei costi di marketing, oltre a sottolineare l’aumento di contenuti sulla piattaforma e un maggiore costo medio per ora di programmazione.

Per quanto riguarda Disney+, degli analisti sentiti da FactSet puntavano a 163 milioni di abbonati, in leggero calo rispetto al trimestre precedente. Il totale degli abbonati dei tre servizi streaming era di 235,7 milioni.

In realtà, gli abbonati a Disney+ (che erano 164,2 milioni nel trimestre scorso) sono passati a 161,8 milioni, frutto esclusivamente del calo di Disney+ Hotstar in India (da 61,3M di abbonati a 57,5M, qui ha pesato la perdita dei diritti streaming del cricket), mentre dati in aumento per quanto riguarda Stati Uniti e Canada (46,6M contro 46,4M) e l’internazionale (57,7M contro 56,5M). Qui sotto potete notare l’andamento degli abbonamenti alla piattaforma (come è evidente, si tratta del primo trimestre in calo per Disney+ dalla sua nascita nel 2019):

In miglioramento anche gli abbonati di Hulu (48M contro 47,2M, a proposito, chi si aspettava novità sulle scelte che farà Disney per questa piattaforma è rimasto deluso) ed ESPN+ (24,9M contro 24,3M).

Dove rimango discretamente perplesso, è nell’ARPU (il ricavo medio per abbonato) delle piattaforme, in particolare quello di Disney+ negli Stati Uniti e in Canada (passato dai 6,10 dollari dello scorso trimestre ai 5,95$ attuali) e quello dei mercati internazionali (da 5,83$ a 5,62$), mentre è in aumento (anche se ancora su cifre bassissime) quello legato a Hotstar (da 58 centesimi a 74 centesimi). Insomma, la media di tutti gli abbonati mondiali di Disney+ è di 3,93 centesimi, rispetto ai 3,91 centesimi precedenti. Si conferma la tendenza già segnalata in passato (non solo per Disney, ma anche nell’ultima trimestrale Netflix) di vedere magari un aumento di abbonati in alcune zone, ma a fronte di ricavi minori. Ed è evidente ancora una volta come i Mercati migliori (Nordamerica ed Europa occidentale) stiano diventando saturi e difficilmente porteranno ad aumenti significativi di abbonati, almeno nel 2023-2024.

La ragione del calo americano è spiegata nella lettera agli azionisti, per cui nonostante gli aumenti delle tariffe, il passaggio di molti abbonati al Bundle (che prevede i tre servizi a un prezzo totale molto competitivo) ha portato a ricavi medi più bassi. Continuo ad avere dei dubbi sul fatto che questi prezzi siano sostenibili e/o possano portare a profitti importanti anche in futuro, così come non sarà facile convincere i consumatori a pagare decisamente di più (cosa ragionevole vista la ricchezza di contenuti, ma dopo aver abituato tutti ad avere tanto per poco, non è semplice).

Interessante che, proprio ieri, è stato annunciato che, una settimana prima dell’esordio della terza stagione di Mandalorian (1 marzo), sarebbe stato possibile vedere la prima puntata della saga il 24 febbraio in chiaro su realtà come ABC, Freeform e FX. Un piccolo segnale (come era stata un’iniziativa analoga fatta di recente per Andor) che il ‘mantra’ del tenere tutti i prodotti all’interno di Disney+ si può mettere da parte di fronte alla doverosa ricerca di profitti in ogni settore.

Per quanto riguarda il settore theatrical, sono stati ovviamente celebrati i risultati di Avatar: La via dell’acqua, che ha portato a incassi spalmati su due trimestri diversi. Ed è stata annunciata una nuova esperienza a Disney legata proprio a questo franchise.

Nelle trattative dopo la chiusura dei mercati, le azioni Disney sono salite di oltre il 5%, portando il prezzo vicino ai 118 dollari (erano 111,78 alla chiusura).

Insomma, risultati tutto sommato positivi per Disney. Ma la strada verso il futuro presenta ancora tante insidie, a cominciare da un secondo trimestre 2023 che, come già annunciato nella call, probabilmente non vedrà dati spettacolari su diversi fronti…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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