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I risultati delle piattaforme e i problemi di Amazon e Apple

Iniziamo ad analizzare nel dettaglio i risultati dei servizi streaming, cominciando da Amazon Prime Video e Apple, e la loro tendenza a tenere riservati i dati economici e gli ascolti…

Partiamo da un paio di grafici. Intanto, quanto hanno perso in Borsa quest’anno le società coinvolte nelle guerre dello streaming?

Cifre importanti, come si può vedere. E quali sono le situazioni relative ai guadagni (o, più spesso, le perdite) delle piattaforme streaming nel 2022? Potete vederle qui sotto:

Insomma, a parte Netflix, grosse perdite per tutti. Ovviamente, per quanto riguarda la flessione in Borsa, in alcuni casi sarebbe sbagliato dare tutta la colpa allo streaming… che comunque può essere considerato il maggiore colpevole, soprattutto nei casi di aziende che – negli altri comparti – stanno andando bene. A questo punto, concentriamoci però sulla situazione delle aziende specifiche, partendo dalle due che sono a mio avviso le peggiori, ossia…

Amazon e Apple
Sì, lo so, magari vi aspettavate altre piattaforme ‘deludenti’. Ma francamente, se c’è una cosa che ho capito in questi anni, è che un ottimo modo per essere considerati di ‘successo’ (o, almeno, non essere troppo criticati), è non fornire i dati dell’insuccesso. Così come è ormai evidente che, se qualcuno non fornisce certi dati, non è per timidezza e modestia nell’esporre i propri trionfi, ma perché quei dati probabilmente sono negativi.

Iniziamo da Amazon Prime Video. Cosa ci dicono i risultati dell’ultima trimestrale? Praticamente nulla. Leggendo il relativo report, Prime Video viene citata per tutta una serie di prodotti apparsi in quel periodo, ma vengono indicati solo due risultati ‘precisi’ (precisi… insomma, non tanto). Il primo è legato a Gli Anelli del potere, che “ha avuto più di 25 milioni di spettatori globali nel suo primo giorno, il maggior debutto nella storia di Prime Video, e fino a questo momento è arrivato vicino alla cifra di 100 milioni di spettatori”.

L’altra cifra fornita è quella legata al Thursday Night Football dell’NFL, in cui si citano i “più di 15 milioni di spettatori per la prima partita”. In questo caso, si parte dalle rilevazioni Nielsen e Amazon aggiunge a quei numeri indipendenti le rilevazioni dei suoi ascolti. Questo ha anche provocato qualche conflitto tra Amazon e Nielsen, tanto che, nel corso delle prime sei settimane di trasmissioni, Nielsen parla di una media di 10,3 milioni di spettatori ottenuti dal Thursday Night Football, Amazon di 12,1 milioni. Anche a considerare solo quest’ultimo numero, c’è evidentemente un calo negli ascolti, rispetto agli “oltre 15 milioni” della prima partita.

Una cosa interessante è vedere come le spese per il reparto “Technology and Content” nei primi nove mesi del 2022 siano stati di 52,3 miliardi di dollari, contro i 40,7 miliardi dell’analogo periodo del 2021. Ovviamente, impossibile dire se (e quanto di) questo aumento di spese generali sia dovuto (anche) a maggiori costi per i contenuti di Prime Video, ma considerando alcuni prodotti salatissimi come Il Signore degli Anelli e i diritti NFL (un miliardo di dollari all’anno circa), un impatto diretto è molto probabile.

Tornando al prodotto più costoso della storia dell’audiovisivo (e temo lo rimarrà per almeno i prossimi duecento anni), la prima stagione de Gli Anelli del potere, sappiamo pochissimo da fonti Amazon. In effetti, dopo un prima comunicato in cui si vantavano 25 milioni di spettatori durante il primo giorno di uscita delle due prime puntate, non abbiamo avuto più notizie, soprattutto sui dati definitivi, se non la cifra indefinita di “quasi 100 milioni di spettatori”. In particolare, non è mai stato spiegato in questi mesi quale fosse il parametro minimo per considerare qualcuno uno “spettatore” (anche due minuti di visione bastano, come faceva prima Netflix?). E qual è il sistema per cui Amazon parla di spettatori e non di ‘account’ che hanno usufruito della serie? C’è un moltiplicatore per passare dagli account (dato che sicuramente la società ha) agli spettatori (questo invece non lo può sapere con certezza)? Mistero totale.

Da Nielsen, sappiamo sicuramente che negli Stati Uniti è stato uno dei prodotti più visti di sempre sulla piattaforma, ma con dati che mostrano come (finora) abbia ottenuto sostanzialmente gli ascolti della terza stagione di The Boys e che alla fine chiuderà con numeri inferiori a House of the Dragon.

Qui, facciamo un po’ di conti. La serie è costata 465 milioni per la realizzazione, più 250 milioni per i diritti. Anche a voler spalmare quei 250 milioni sulle cinque stagioni che sono state annunciate (e vedremo se verranno realizzate effettivamente), parliamo di 50 milioni a stagione per i diritti, che portano a un costo di 515 milioni per otto puntate, quindi quasi 65 milioni a episodio. Sono cifre inaudite, soprattutto perché investite su un prodotto nuovo, non un’ultima stagione di un titolo che ha già ottenuto un grande successo (e comunque, l’ultima stagione de Il trono di spade stava ‘soltanto’ a 15 milioni a puntata, per quanto riguarda Stranger Things si parlava di 30 milioni, ma sono anche puntate lunghissime e con ritardi nelle riprese dovuti alla situazione Covid). Ora, chiunque voglia spiegarmi come si fa a guadagnare (e in base a quali parametri) da un investimento del genere, è il benvenuto.

Anche perché l’ampia popolarità di Prime, che ha nel mondo un numero di abbonati probabilmente superiore a quello di Netflix, non corrisponde all’effettivo utilizzo di Amazon. Dalle top ten settimanali che escono su Nielsen, la quota di Amazon oscilla tra il 4 e il 6% (Netflix sta sopra il 60%, HBO Max e Disney+ costantemente sopra il 10%), dati in queste ultime settimane interamente dovuti a Gli Anelli del potere. Sicuramente, questa serie ha fallito nella missione di trainare anche altri prodotti della piattaforma e renderli dei successi, visto che da un mese non ci sono altri titoli Amazon nelle classifiche Nielsen. Addirittura, la serie Inverso, molto attesa, nella sua prima settimana di sfruttamento non è

Per quanto riguarda Apple Tv+, è semplice. A parte Ted Lasso, moderato successo secondo i dati Nielsen, nessuna altra serie di questa piattaforma è mai entrata in quelle classifiche. Si parla di circa 25 milioni di abbonati paganti nel mondo, forse il doppio (ma anche meno) considerando anche chi usufruisce della prova gratuita per aver acquistato un device Apple. Numeri molto bassi per chi ogni anno vende centinaia di milioni di device, in particolare gli iPhone.

In 80 fitte pagine di un documento informativo per gli azionisti, uscito in occasione dell’ultima trimestrale, non si trova nessuna menzione dei risultati di Apple TV+. Sappiamo che questo servizio in abbonamento rientra nel comparto “Services”, che ha visto un aumento di ricavi, ma come ci viene detto, la ragione è “principalmente dovuta a maggiori vendite che arrivano dalla pubblicità, i servizi cloud e l’App Store”. Insomma, impossibile dire esattamente quali sono i risultati di Apple Tv+ (che è considerato tra i servizi, come ‘digital content’), ma di sicuro non viene menzionata come una fonte di guadagno.

In entrambi i casi (e questo il motivo per cui li ho abbinati nell’analisi), troppo spesso si sono sentite giustificazioni poco sensate, che vorrebbero le due piattaforme come dei loss leader che sostengono le rispettive aziende, in un caso aumentando il numero di abbonati Prime (che spendono molto di più su Amazon dei non abbonati, questo è vero), nell’altro incentivando l’acquisto dei device Apple. Ma quali prove ci vengono fornite in merito? Jeff Bezos aveva sostenuto in passato che “quando vinciamo un Golden Globe, questo ci aiuta a vendere più scarpe e lo fa in maniera molto evidente”. Ma quante scarpe in più si vendono e, in generale, rispetto agli investimenti fatti su Prime Video, quanto si vende di più (e magari perché si dà per scontato che se uno ha finito di vedere una serie Amazon, la prima cosa che farà è comprarsi qualcosa, scarpe o altro?)? Analogamente, perché se un consumatore di prodotti Apple non fa neanche la fatica di iscriversi ad Apple TV+ nonostante i tre mesi gratuiti, dovrei pensare che ha acquistato quel device grazie ad Apple TV+ (per risparmiare… 15-20 euro?)? Non ha senso, sono solo scuse che permettono a chi vuole ascoltarle, di giustificare un esborso di soldi inaudito, nel caso di Apple per prodotti spesso di ultranicchia e che piacciono tantissimo alla critica, ma che non hanno reale riscontro di pubblico…

Può continuare così? Assolutamente no e in effetti i primi cambiamenti sembrano già in corso. Intanto, ieri è uscita la la notizia che dal 2023 dovrebbe investire su film con un’uscita theatrical (ma per ora non ci sono conferme ufficiali). Invece, Lucas Shaw di Bloomberg sostiene che “la società ha detto ai suoi dirigenti e partner creativi che sta cercando dei modi per tagliare i costi, come ridurre gli ordini per le nuove stagioni. I dirigenti di Amazon stanno diminuendo il numero di episodi nelle stagioni delle future serie e hanno anche discusso di tagliare i budget per quelle che sono già avviate. Una di queste è A League of Their Own. Sebbene Amazon non abbia formalmente confermato una seconda stagione, qualora decidesse di farlo, ordinerà sei episodi (anziché otto)”. E, tra le tante voci che circolano, la newsletter Ankler parla di un possibile blocco delle assunzioni per Apple Tv+.

In tutto questo, mi sarebbe piaciuto fornire maggiori dati e più precisi su costi e ricavi di queste due aziende per quanto riguarda lo streaming, ma come detto più volte, non sono disponibili. E quindi, magari faccio peccato a pensar male, ma probabilmente ci azzecco anche…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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