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Il cinema fra libertà e (ir)rilevanza

Il nostro governo è l’equivalente del produttore di auto che, pur potendo installare i più sofisticati sistemi di sicurezza attiva, leva progressivamente tutto, compresi gli airbag ed i freni, per poi dirci “stronzi, state andando a sbattere!”.

Una persona che apprezzo ha annunciato qualche giorno fa di aver optato per una sorta di lockdown volontario, interrotto solo da qualche andata al cinema, qualificato come “uno dei luoghi più sicuri” (e forse lo è anche, ma non certo per la pseudo-ricerca che sancirebbe gli zero contagi in sala, semplicemente perché non ci si è messi nelle condizioni di tracciare il contesto dove maturano i contagi). L’istinto è stato quello di commentare “grazie al cavolo, ti occupi di cinema!”, ma non l’ho fatto, probabilmente perché in fondo in fondo mi rendevo conto che si trattava di una risposta stupida.

Il fatto è che ciascuno di noi, all’interno del perimetro della LIBERTÀ di cui gode(va), aveva progressivamente limitato i contesti cui associare la propria esposizione al rischio, concedendosi delle personali DEROGHE in base ad un criterio soggettivo di RILEVANZA (e non in base ad una discutibile gerarchia della “pericolosità”).

C’è chi ha smesso di fare quasi tutto, MA continua a seguire la messa in presenza. Chi non mette più piede in un ristorante, ma il giovedì va a giocare a burraco con 4 amiche. Quelli che “le lezioni di teatro non me le possono toccare”, quelli che “se smetto di andare in palestra va a finire che mi ammalo” e quelli che #NonChiudeteICinema.

Parliamoci chiaro: ciascuna di queste attività (e l’elenco potrebbe continuare quasi all’infinito) espone ad un coefficiente di rischio incrementale, di difficile quantificazione, ma superiore al fatto di rimanere a casa sempre. E badate che anche rispetto al come si interpreta lo stare in casa con famigliari e conviventi si potrebbero fare diverse considerazioni (su distanze, effusioni, gestione del cibo e degli acquisti, etc.).
Ma la vera questione è che ciascuno deve essere lasciato libero di scegliere la PROPRIA eccezione, in base a quello che è RILEVANTE per il proprio benessere psico-fisico o in base ad un legittimo interesse economico.

Continuando a parlar chiaro: anche nella (semi)libertà di poter andare al cinema, questa forma di intrattenimento stava faticando non poco nella sua battaglia per la “rilevanza”; arranca(va) nel far dire ad un numero significativo di italiani “fra le tante auto-limitazioni, lascio un po’ di spazio al cinema in sala”.

È per questo motivo che la Francia, nella settimana dal 14 al 20 ottobre, la top 10 del box office è associata ad oltre 1,5 milioni di biglietti, mentre in Italia il dato era inferiore a 300k, con un rapporto di 5:1 che allarga ulteriormente la forbice rispetto al già abnorme 2:1 che caratterizza il rapporto fra i due paesi nella normalità.

Vale la pena di evidenziare che in Francia questo è accaduto in un periodo caratterizzato da una media di quasi 25k contagi incrementali/giorno ed in vigenza del coprifuoco, mentre l’Italia viaggiava (in media) sotto i 10k positivi incrementali/giorno e ancora non era scattato il coprifuoco.

Ora, viene da chiedersi per quale bislacco motivo, in relazione ad un mercato che già combatteva la sua battaglia per la “rilevanza” con armi non sempre adeguate (ma qualche film “giusto” stava finalmente per arrivare), dove la media spettatori film per copia langue da tempo attorno ai 20-25 (in luoghi con volumetrie pazzesche), si debba arrivare a decretare la chiusura, se non per il fatto di essere sotto un governo “tribale” che ha deciso di ricorrere ai “sacrifici di settore” nel tentativo di ammansire il DIO COVID.

Ma la vera questione è che, in un regime democratico, con un governo che è al servizio dei cittadini, non sono accettabili limitazioni della libertà di questa portata, se non nella dimensione della moral suasion. Tantomeno ci si può permettere di farlo se, successivamente alla “sorpresa” della prima ondata (se tale la si può definire a fronte della conclamata esplosione cinese e dei report dell’OMS ancora precedenti), il governo in questione non ha fatto nulla di sostanziale né sul fronte del tracciamento, né sul potenziamento delle strutture sanitarie né su quello del potenziamento degli organici nel sistema sanitario (però, vi prego, discutiamo ancora un po’ del MES…).

La vera questione è che le auto-limitazioni dei cittadini erano già in essere e riguardavano drammaticamente tutti i settori “in odore di chiusura” (in base alla bozza del DPCM), e questo perché i cittadini, esercitando gli scampoli di libertà ancora concessi loro, si stavano giocando le carte delle proprie ECCEZIONI. Qualcuno dirà “erano troppe!”, e lo farà quasi sempre puntando il dito verso settori per lui irrilevanti (chi non ha figli in età scolare sbraita per chiudere le scuole, chi guarda solo film pirata vuole chiudere i cinema, chi si è scordato di essere stato giovane vuole murare gli adolescenti negli sgabuzzini).

Insomma, il nostro governo è l’equivalente del produttore di auto che, pur potendo installare i più sofisticati sistemi di sicurezza attiva, leva progressivamente tutto, compresi gli airbag ed i freni, per poi dirci “stronzi, state andando a sbattere!”. Alla fine ci leva anche la patente e l’auto, sotto gli scrocianti applausi di chi tanto l’auto non la usava o che, novelli Maria Antonietta, prescrivono l’uso del taxi.

E noi non andiamo da nessuna parte. Figuriamoci al cinema!

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