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Il Cinema, la Sala e il Video On Demand

L’unica via possibile che ha il cinema per affrontare questa crisi è riprendere la sua ritualità. La routine settimanale, il puntuale arrivo delle nuove uscite. Ricominciare a lanciare i film, dare di nuovo un regolare appuntamento al pubblico per l’uscita di titoli di cui si è costruita l’aspettativa. Le sale devono riaprire, in sicurezza e il prima possibile, accettando che i film escano in contemporanea sulle piattaforme, per dare al pubblico la possibilità di scegliere tra tutte le alternative legali possibili e garantire ai distributori che qualsiasi sia la situazione delle sale quando arriverà la data pianificata ci sia la massima possibilità di ritorno sull’investimento. Poi ognuno dovrà fare del suo meglio per ridisegnare il futuro della filiera, produrre grandi film e promuovere la magia e l’unicità del cinema e dell’arte di raccontare grandi storie, rispetto al contenuto rumore di fondo che si limita a distrarci nelle timeline della nostra vita.

Il futuro è già arrivato. Solamente non è ancora stato uniformemente distribuito.

(William Gibson)

Il Buono, il Brutto e il Cattivo

Il cinema, la sala e il video on demand. Non me ne vogliano gli esercenti più suscettibili se, dopo aver scritto il titolo di questo post, mi è venuto in mente Il Buono, il Brutto e il Cattivo. Soprattutto la mia attenzione era concentrata sul Buono, il cinema che tutti amiamo e sul ruolo del cattivo che tocca in sorte al Video On Demand, soprattutto a quel PremiumVOD che in questi ultimi giorni ha visto scontrarsi NBCUniversal con AMC e qualche altro circuito internazionale.

Un altro titolo avrebbe potuto essere Il Cinema, la Sala e il Salotto ma poi Michele mi avrebbe chiesto, ragionevolmente, i diritti su una suggestione che deriva dal titolo più che azzeccato della ricerca che compie 10 anni e che dalle origini si interroga, o meglio interroga il pubblico, non solo sulle dinamiche dei diversi settori cui fa riferimento, ma esprime il suo meglio proprio nel momento in cui analizza il consumo di contenuti audiovisivi tra “canali” che sono oggi più contigui che mai.

Scrivo questo articolo con l’obiettivo di tirare le somme di quello che sta succedendo e provare a fare delle congetture sul futuro. Proprio quelle che qualche giorno fa sui social Robert, che a lungo firmato le analisi del Box Office qui su Cineguru, invitava a non fare.

Eppure io penso che delle congetture vadano fatte. Perché alla vigilia di indicazioni sulle regole per la riapertura delle sale che dalle parole di Francesco Rutelli dovrebbero arrivare in contemporanea con la cerimonia dei David di Donatello, e in coincidenza con l’inizio della cosiddetta Fase 2 nel nostro paese, i Cinema non vengono nemmeno menzionati nella anticipazioni sulle fasi successive. E mentre i parrucchieri, i bar e i ristoranti chiedono a gran voce di riaprire, il cinema sembra attendere.

La filiera produzione-distribuzione-esercizio è ferma ormai da due mesi e se è vero che è fortemente integrata e dipendente dalla sua naturale valvola di sfogo, i cinema appunto, è anche vero che fa parte di una filiera globale ben più ampia, che non potrà restare congelata ancora per molto e che ha già trovato e sperimentato la valvola di sfogo del PremiumVOD (o TransactionalVOD), con gli esiti che tutti conosciamo e facciamo finta di non saper mettere in prospettiva.

Nel confrontare il risultato di tre settimane di uscita in PVOD di Trolls 2 sul mercato domestico USA con l’incasso del precedente capitolo della franchise sappiamo bene di analizzare dati tra loro non omogenei. E nel valutare tali risultati non ci dimentichiamo certo che uscendo in quel formato il film ha, anche se solo in parte perché comunque EST e VOD resteranno e così gli sfruttamenti successivi televisivi e in S/AVOD, “bruciato” anche alcuni degli sfruttamenti successivi.

Penso, però, che chi mette in evidenza quanto il risultato di una uscita in PremiumVOD non sia non confrontabile con l’uscita al cinema si stia dimenticando troppo in fretta che da una parte abbiamo 100 anni di abitudine e mercato consolidato e dall’altra il primo, anche timido, lancio globale di un contenuto con un prezzo premium in una nuova modalità e su una tecnologia la cui penetrazione non è certo confrontabile con quella delle sale tradizionali.

Una tecnologia che, però, sta vivendo una accelerazione forzata incredibile perché in questi mesi e nei prossimi sarà sempre di più necessaria e non facoltativa per lavorare, studiare, fare le spesa, e soddisfare  molti dei nostri bisogni.

I dati non sono confrontabili, ma segnano un punto di partenza e non sarei così sicuro che tra qualche mese  e dopo qualche decina di milioni di dollari in promozione spesi a livello globale i numeri non siano cambiati, anche perché non dobbiamo dimenticarci che dai cinema le distribuzioni prendono il 50% (tra l’altro di un prezzo su cui stavano litigando da tempo) e dal digitale l’80% e i conti, alla fine, si fanno sulla redditività netta e non sull’incasso lordo.

Allora all’inizio di questa crisi ho scritto che niente sarà più come prima. Che proprio l’uscita di Trolls 2 era la singolarità del mondo del cinema. Che ci trovavamo di fronte ad un’accelerazione di una evoluzione in atto che avrebbe prodotto in pochi mesi quanto prima mi aspettavo in 10 anni, purtroppo senza che la lentezza del cambiamento rendesse possibile adeguarsi senza troppi traumi per chi in questo settore lavora e vive.

Passare dal punto di partenza al punto di arrivo di questa trasformazione in modo così traumatico sta costando e costerà moltissimo a tutte le realtà che lavorano in questo settore, ma è inevitabile e fingere di non vederlo non migliorerà le cose.

Lo ho già scritto, ma come quando vedevamo il virus diffondersi in Cina e ci sentivamo stupidamente al sicuro, non lo ho metabolizzato, non ne ho razionalizzato i possibili effetti. Ho solo detto, citazione che in molti hanno anche ripreso:

La scontata considerazione che più dura questo periodo più potrebbe essere difficile tornare alla normalità, dovrebbe spingerci ad usare il tempo che abbiamo a disposizione per pensare a quello che si può fare per essere già sulla traiettoria del nuovo equilibrio. Le grandi crisi hanno un unico pregio che è costringerci a concentrarci sull’essenziale, preservare le scintille che possono riavviare il sistema e metterle in grado di far ripartire motori che un po’ ovunque si stanno fermando.

Poi però mi sono fermato lì. Non ho portato questa considerazione alle sue estreme conseguenze facendo quelle congetture che penso sia arrivato il momento di fare perché bisogna scontrarsi con la realtà per fare un piano di azione.

Cominciamo con il dire che è una simulazione in cui tutti perdiamo. Tutti quelli che lavorano in questo settore, come in altri, perdono. Molto probabilmente più di quel 10% che l’ultimo numero dell’Economist considera già catastrofico. Lo ribadisco perché in questi giorni ho sentito molti ragionare ancora nell’ottica del dobbiamo “massimizzare il risultato” senza rendersi conto che questo massimo è associato a scenari altamente improbabili.

Dobbiamo in realtà rassegnarci a partire dallo scenario più probabile e ragionare sul minimizzare le perdite, sia come intero settore (inserito all’interno di una collettività più ampia e purtroppo con problemi ben più gravi) che poi all’interno del settore come singole aziende e individui.

Lo scenario più probabile

Tutte le analisi e i ragionamenti fatti fino ad ora si basano sul dialogo e il confronto con molti addetti ai lavori e sulla lettura di decine di articoli, soprattutto internazionali. Tra questi ho trovato estremamente significativi quelli pubblicati su Medium da Tomas Pueyo. Si tratta di un ingegnere/imprenditore della Silicon Valley, con all’attivo varie applicazioni, iniziative e una piattaforma di e-learning che sembra andargli molto bene, che non ha certo una formazione specifica, ma a quanto pare sa mettere in ordine molto bene i dati, traendone raccomandazioni di buon senso che Galimberti chiamerebbe saggezza.

I suoi articoli hanno avuto milioni di visualizzazioni, traduzioni in tutte le lingue (metto i link alle versioni in inglese, ma seguendoli trovate anche quelle in italiano), ed è stato tra i primi a sostenere che tutti i paesi avrebbero dovuto attuare il lockdown per evitare una insostenibile esplosione esponenziale dei contagi.

Il suo secondo articolo è ancora più importante del primo perché anticipa la situazione in cui l’Italia, l’Europa e il mondo occidentale comincia a trovarsi adesso: l’allentamento del lockdown e il passaggio a una situazione di diversa emergenza.  Da questo articolo, intitolato “Il Martello e il Balletto” ho preso l’immagine sotto che ho già pubblicato altre volte che dovrebbe far intuire quanto la fase due sarà un lungo susseguirsi di “apri e chiudi”, in qui alterneremo -paese per paese, regione per regione, comune per comune- fasi di allentamento delle restrizioni ad altre fasi di chiusura necessarie a contenere il contagio (tutto sempre con 15 giorni di ritardo).

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Il problema di questo grafico, almeno per chi non lo legge con attenzione, è che c’è il rischio che venga sottovalutata la “durata” della fase del balletto. Potrebbe essere considerata uguale ai circa due mesi di quarantena, mentre la fase del balletto durerà molto più a lungo, probabilmente fino alla soluzione vaccino/immunità di massa. Inoltre potrebbe anche essere necessario tornare al lockdown, in caso di nuova esplosione esponenziale dei contagi.

La Fase 2, quella del balletto appunto, in base a quanto ne sappiamo adesso e quanto possiamo prudentemente sperare durerà non meno di 12-18 mesi, più probabilmente 24. E’ vero che potremmo avere un vaccino anche prima, secondo alcuni potrebbe essere pronto addirittura a settembre e quindi circolare questo autunno, ma forse conviene essere un po’ più pessimisti, preparati sullo scenario più probabile e non su quello che speriamo. E quello più probabile è che sia lunga.

Come dicevo in un altro articolo la Fase 2 non è quella della nuova normalità, ma quella di una costante, perenne e stabile diversa emergenza.

Se guardiamo a quello che sta accadendo in giro per il mondo, dove ci sono paesi più avanti rispetto a noi nella gestione del balletto (e questo altro articolo di Tomas racconta molto bene le differenze tra i diversi paesi e nel grafico qui sotto si vede la nostra posizione una quindicina di giorni fa) vediamo che sta accadendo esattamente quanto previsto.

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Agli allentamenti del lockdown, con misure di cautela più o meno analoghe ma con diversa capacità di realizzare tamponi/analisi e modalità di tracciamento nei diversi paesi, fanno seguito nuove e necessarie misure di nuovo contenimento.

Abbiamo letto tutti della Cina che riapre e poi richiude i cinema, ma anche le palestre e le piscine. Proprio nei giorni in cui la Francia e la Germania (in cui l’associazione degli esercenti ha anche annunciato dei protocolli per la riapertura delle sale) annunciano che devono fare nuovamente dei passi indietro rispetto a parziali riaperture, la Spagna annuncia in quali fasi riaprirà i cinema (almeno ne parlano) con contingentamenti decrescenti ma sempre sottoposti al vaglio della evoluzione di una situazione, che nel frattempo è, tra l’altro, di nuovo peggiorata.

Questo balletto, che sarà quanto più stringente in quei paesi come l’Italia in cui potremmo avere dei problemi sia a fare un numero sufficiente di test sia ad applicare efficacemente il tracciamento viste le polemiche suscitate dalla relativa applicazione, è lo scenario in cui dovrà svolgersi la riapertura scaglionata di tutte le attività produttive, compresi i cinema.

I cinema però, anche una volta che venga consentito loro di riaprire, si troveranno di fronte all’ulteriore problema di non essere certo un genere di prima necessità. Il pubblico sarà inevitabilmente molto più attento nel valutare le alternative costi/benefici di qualsiasi attività e in questo, inutile illudersi, il cinema parte svantaggiato e potrebbe finire per scontare un prezzo ancora maggiore rispetto ad altre modalità di trascorrere il tempo libero altrettanto rischiose.

Tristemente per questo settore è più probabile che le persone si ritrovino con serenità ed incoscienza a correre il rischio di una attività con altre persone, anche sconosciute, per prendere un aperitivo o ad andare a cena fuori, piuttosto che pianificare una serata al cinema. Nonostante il maggior controllo che il cinema può esercitare sull’afflusso in sala e sulla gestione del distanziamento.

I dati sui paesi in cui i cinema sono aperti ci dicono proprio questo. In Corea del Sud, paese che si è dimostrato tra i più efficaci nel contenimento del contagio grazie a test e tracciamento ed arrivato nuovamente all’azzeramento dei casi, i cinema fanno pochissime presenze, quasi irrilevanti. In Svezia, dove si è deciso di non imporre il blocco, il consumo in viaggi e intrattenimento è comunque calato quasi quanto in Danimarca, che ha imposto vincoli più stringenti, ossia dell’80%.

Come nota positiva con cui chiudere questo paragrafo possiamo però non solo appellarci ai messaggi positivi di entusiasmo che condividiamo con Christopher Nolan per l’esperienza cinematografica, ma anche a una ricerca i cui dati sono appena stati resi noti negli Stati Uniti secondo cui il 50% degli americani tornerebbe al cinema dopo un mese dalla riapertura dei cinema nel loro Stato e con il rispetto delle norme imposte dal governo.

Così come c’è chi non può fare a meno del parrucchiere, chi dell’aperitivo, chi del ristorante, c’è anche chi ama l’esperienza cinematografica, il film al cinema, che non vede l’ora di rientrare in sala e che, sufficientemente rassicurato, ci tornerà. E qui arriviamo al punto finale dell’articolo.

Al tema della riapertura non solo delle sale, ma alla riapertura del Cinema.

Io ballo da sola

Sia che siate arrivati fino a qui leggendo tutto o saltando direttamente all’ultimo paragrafo credo che sia comunque utile fare una breve sintesi di quanto detto sopra.

Il primo punto è che indipendentemente dai risultati ottenuti da questi primi titoli usciti il PremiumVOD esiste e ha dimostrato di poter essere, alle giuste condizioni, una alternativa percorribile all’uscita in sala.

Il secondo punto è che i prossimi mesi, forse anche fino a 24, saranno mesi di balletto e lo saranno su scala globale, nazionale e locale. Le attività potranno essere suscettibili di aperture e chiusure e le misure di contenimento allentate o rinforzate da un giorno all’altro, in zone più o meno ampie.

Quanto questo balletto sarà efficace dipende sia da come ci comporteremo individualmente sia da come le autorità riusciranno a realizzare test e tracciamento, ma si tratta di qualcosa che l’industria cinematografica, sia globale che locale, può solo subire. Non abbiamo certezza se in un dato momento dei mesi a venire i cinema potranno essere aperti, anche solo parzialmente, o chiusi.

Quello su cui invece l’industria può e dovrebbe agire è il suo funzionamento e questo punto diventa importante, al di là degli interessi di questa o quella categoria ma nella ricerca del miglior risultato possibile per il settore tutto, ricordare a tutti noi che l’uscita di un film al cinema è il passaggio finale di un lungo processo di lancio che dura mesi e attraverso il quale la comunicazione valorizza il prodotto sottostante.

Dal punto di vista della quotidianità di tutti quelli che lavorano al loro lancio e sfruttamento, ma anche della creazione del valore la vita di un film (e negli ultimi anni anche delle serie) attraversa quattro momenti ben distinti e importanti: quello precedente l’uscita, in cui si carica la molla che genererà il ritorno dell’opera. Quello immediatamente successivo in cui questa molla si scarica e si monetizza con il primo importante sfruttamento dell’opera in quella che è la sua finestra principale. Il terzo momento è quello degli sfruttamenti successivi, in cui l’appeal del contenuto e quindi il suo valore dipende dai risultati ottenuti nel primo sfruttamento e infine il passaggio allo sfruttamento della coda lunga, la library.

Indipendentemente dal cinema, dato che in televisione è stata per decenni la stessa cosa, il valore di un opera audiovisiva ritorna a chi la ha prodotta dalla prima visione, o dal primo passaggio, cui normalmente è associato un riconoscimento di valore  maggiorato e dai successivi sfruttamenti.

Salvo importanti eccezioni il primo passaggio è determinante e comunque influenza quasi tutte le valorizzazioni successive.

Da questo punto di vista il cinema, ma anche la nuova televisione rappresentata dalle piattaforme SVOD, vive di un calendario, quello che come in altri settori tra addetti ai lavori si chiama competitive, che scagliona nel tempo le date di uscita in cui il prodotto arriverà sul mercato per la prima volta e poi sugli sfruttamenti successivi.

In base a questo calendario vengono pianificate le attività di comunicazione, le attività promozionali, gli eventi, la campagna media: tutte quelle attività complementari che caricano la molla di cui sopra e che creano l’aspettativa, l’evento, l’hype, la massa critica di attenzione necessaria a catturare un pubblico perennemente distratto, che mai come in questa epoca è distratto dalla più ampia offerta di contenuti di library e nuovi che mai l’umanità abbia avuto di fronte.

Sono le regole della famosa economia dell’attenzione – ancora più vere per le generazioni abituate a spolliciare sulle timeline di social network, dove poche cose si consolidano abbastanza per diventare “tendenza”-  che rende tutto vecchio e obsoleto in poche ore e che ha reso un boomerang anche il cavallo di battaglia del binge watching di Netflix.

Gli ultimi anni ci hanno insegnato che anche le piattaforme di streaming o le televisioni tradizionali, che hanno lavorato per decenni solo promuovendosi su se stesse, hanno bisogno di “uscire dal proprio schermo” per conservare il proprio pubblico e per raggiungerne di nuovo.

Prima Netflix e ultimamente anche Amazon hanno cominciato a lanciare le loro produzioni con campagne di lancio confrontabili, e spesso con budget superiori, a quelle dei principali titoli cinematografici.

Alcuni film, come Roma e The Irishman, sono palesemente più operazioni di comunicazione per dimostrare che si gioca allo stesso gioco del cinema, che “blockbuster” in termini di numero di visioni sulle piattaforme, o comunque vengano definiti i successi nel linguaggio di una piattaforma.

Il recente lancio di Trolls 2, unico titolo sul cui risultato in PremiumVOD si sia non a caso aperto un acceso confronto con l’esercizio, è stato portato a termine come un vero e proprio lancio cinematografico (la campagna era non a caso un treno in corsa nel momento in cui è cambiata la fermata di destinazione, dai cinema alle piattaforme) a differenza dei molti film che sono finiti sulle piattaforme senza la necessaria attenzione.

I film vanno lanciati e bisogna fare molta attenzione alle fasi attraverso cui si costruisce il loro valore. Perché prima che a questa o quella finestra di sfruttamento, bisogna prestare grande attenzione a preservare il valore che in tali finestre viene monetizzato.

Dovrebbe essere chiaro a tutti che esiste una differenza enorme tra il valore di un opera che viene comprata perché la si desidera e si investe nel suo acquisto e il valore che un’opera ha quando uno la ha a disposizione gratis o poco più come su una piattaforma SVOD o del tutto gratuitamente come è con le piattaforme AVOD o in TV.

E’ la stessa differenza che c’è tra una cena in un ristorante stellato e un “all you can eat”. Non solo è più basso il valore dell’esperienza, ma quanto viene retrocesso ai “fornitori” è imparagonabile.

Quello che l’industria non può perdere è la valorizzazione di quella prima visione, almeno per i titoli che se la meritano e che, opportunamente lanciati, sanno attirare sufficiente interesse del pubblico, tanto da farlo scommettere il prezzo di un biglietto su una visione basata sulle aspettative, sul desiderio, sul sogno.

Non è fondamentale l’esistenza di una finestra, riservata al cinema o a una piattaforma, quanto l’evento, la scommessa, il valore dell’aspettativa che si moltiplica (o precipita) una volta che il pubblico comincia a godere di quello spettacolo.

Nell’economia dell’attenzione e della sovrabbondanza di contenuti audiovisivi i film e le serie TV vanno lanciati con grande dispendio di energia e investimenti, pena finire nel dimenticatoio non appena usciti, tanto al cinema quanto sulle piattaforme.

Perché, così come i cinema sono pochi rispetto ai titoli in uscita, anche le posizioni di rilievo sulle piattaforme sono meno di quante ne servirebbero per valorizzare tutto il prodotto in uscita. 

Peggio ancora per le piattaforme dove, come su YouTube, è la dittatura dell’algoritmo a definire cosa avrà evidenza e cosa sarà dimenticato prima ancora di essere uscito. 

Pensando alla ripartenza del cinema è importante che prima di tutto le distribuzioni inizino a definire le loro date di uscita. Che tutto questo riparta e che anche se nei prossimi mesi avremmo meno prodotto, perché le produzioni si sono anche fermate, i film continuino ad uscire, sia perché gli investimenti di chi ha prodotto inizino a tornare, sia perché non si può aspettare mesi o forse anni per far uscire storie che potrebbero rivelarsi non più interessanti/obsolete/stonate per il tempo in cui si troveranno ad arrivare sul mercato.

Stabilire le date di uscita vuol dire anche mettere in conto che, quando arriveremo a quella data i film dovranno uscire e saranno stati lanciati, i cinema potrebbero essere ancora chiusi in alcuni territori del mondo, oppure in alcune regioni di alcuni paesi, ed è per questo che trovo la discussione sulla complementarietà o meno dell’uscita in sala con l’uscita in PremiumVOD e le minacce di alcune catene di cinema, sterili e funzionali solo a prese di posizione per future contrattazioni.

Durante questa fase del balletto la complementarietà tra Sale Cinematografiche e PremiumVOD è necessaria e il rifiutarla o il farsi trovare con i cinema chiusi o non preparati al ritorno del pubblico (che inizialmente sarà sicuramente poco) è un modo per lasciare ai distributori l’unica opzione di ballare da soli (per chi ha già o sta per avere la sua piattaforma) o con le piattaforme che al momento sono di ben più “facili costumi”.

Il rischio, come è già successo e come è naturale che succeda, è che sempre più film vadano direttamente in piattaforma senza porsi nemmeno il problema di una opportunità, seppur marginale, di uscita al cinema e senza nemmeno essere stati lanciati, semplicemente perché trattenerli oltre è già costato troppo.

C’è una differenza abissale tra il lasciare che i film escano, senza cura ed attenzione, affidandone la valorizzazione alle procedure ed agli standard di piattaforme più o meno distratte e il riprendere a lanciarli per massimizzarne il risultato, su qualsiasi sia “il luogo” a disposizione in quel momento. Bisogna dare al cinema un calendario di uscite certo e sicuro, sul quale i distributori possano pianificare e investire. Senza certezza dell’uscita potrebbe non esserci più ripresa e il settore potrebbe entrare in un circolo vizioso senza vie di uscita.

Inoltre in questo modo anche i distributori e tutta la filiera che contribuisce al lancio dei film avranno la possibilità di sviluppare le competenze di marketing e commerciali necessarie alla gestione non solo dell’uscita al cinema, ma anche dell’ottimizzazione dello sfruttamento sulle piattaforme che, come dice sopra, sono tutt’altro che automatiche, così come non è automatico ottenere il successo di una applicazione su uno store digitale.

Io non voglio entrare qui nel merito del conto economico di ciascun operatore e può essere che anche qui la differente struttura dei costi della parte alta della filiera, che comunque trova ricavi marginali anche da un solo “biglietto venduto” mentre l’esercente che riapre ha dei costi fissi e deve vendere un numero sufficiente di biglietti a ripagarsi quelli, renda impossibile questo discorso, ma che tutti avremmo avuto un danno in questi mesi lo ho detto in premessa. Se scompare la ritualità dell’uscita cinematografica, non ritornerà più.

Il problema è che senza darsi degli obiettivi di ripartenza, allora davvero la situazione sarà irrecuperabile per tutti e sempre più film saranno semplicemente andati, senza averli neppure sfruttati come opportunità per sperimentare e trarne Know How  per le nuove modalità di uscita di un film.

Proprio mentre scrivo arrivano notizie sulla riapertura dei set e penso che a seguire queste notizie debba venire un progetto per la riapertura non solo di bar, ristoranti e parrucchieri, ma anche delle sale cinematografiche.

Iniziative come arene e drive-in possono avere la funzione di riavvicinare il pubblico e rappresentare un valido supporto per il conto economico degli esercenti che potranno aprirne, ma non realizzano da sole l‘obiettivo di rimettere in moto l’intera filiera distributiva.

Penso che anche gli esercenti dovrebbero chiedere a gran voce la possibilità di riaprire i cinema, con i vincoli di sicurezza che saranno decisi dalle autorità e restando liberi di aprire quando lo riterranno opportuno, ma di avere chiaro un calendario di lancio di film rispetto alle quali le distribuzioni prendano l’impegno di uscire, avendo l’opportunità di andare in contemporanea sulle piattaforme.

Perché anche con quella opportunità, al di là delle performance di un singolo titolo, non è detto che stiano massimizzando il risultato, ma la cosa diventa insostenibile di fronte al rischio di aver lanciato un film e non poter uscire.

Tutto questo dovrebbe essere possibile in tutto il periodo del balletto, durante il quale il settore dovrà tra le altre cose fare i conti con meno prodotto (i titoli “pensanti” di questo 2020 sono già usciti o sono al momento distribuiti tra 2020 e 2021) che a questo punto potrebbe trovare comunque lo spazio che gli servirà in sale che per molti mesi saranno sicuramente costrette a ridurre la capienza massima di ogni spettacolo, ma non necessariamente veder crollare in modo così significativo l’occupazione media.

La riapertura del cinema dovrebbe partire dal rispetto e dalla comunicazione al pubblico di tutte le regole previste per rassicurare il pubblico (qui un elenco dell’AGIS e qui quanto proposto ad esempio dall’associazione tedesca degli degli esercenti) ma soprattutto dovrebbe prevedere un periodo di rodaggio -meglio con film di library gratis oggi che con il discount sulle nuove uscite domani in linea di principio, perché al cinema tornerà chi gli attribuisce un valore- in cui mettere a punto forme di gestione adeguate al reale ritorno in sala del pubblico.

In questo periodo potrebbe anche trovare un suo senso e quindi gettare le basi per durare in futuro, l’apertura di sale virtuali destinate a gestire l’uscita in contemporanea al cinema e su piattaforma dei titoli. Rispetto a questa opportunità non credo però in alcuni modelli che ho visto proporre in quesi giorni, che sembrano non rendersi conto che quando si affronta un canale di vendita si devono assecondare le modalità di funzionamento proprie di quel mezzo, non imporgliene altre. Su questo argomento però tornerò in altra sede, dato che non penso sia un segreto che sto lavorando a un progetto che va in questa direzione.

La complementarietà sala e distribuzione digitale è un qualcosa di cui si discute ormai da un decennio e chiaramente il settore dell’esercizio la vede come una minaccia alla sua propria esistenza e il resto della filiera come una spada di Damocle su una redditività che fino ad oggi sembrava garantita solo da un primo passaggio al cinema.

Oggi però non è più questione di preferire la vecchia via alla nuova, insicuri sull’effetto netto di un nuovo percorso sulla redditività, ma di rendersi conto che la nuova strada, al momento, potrebbe essere l’unica in grado di garantire linfa vitale anche agli sbocchi tradizionali del prodotto.

Penso che a tendere avremo due momenti soltanto di sfruttamento del prodotto audiovisivo e che la funzione di valorizzazione garantita dalle attuali window sarà ottenuta da prezzi diversi applicati a diversi tagli di servizio disponibili nello stesso momento.

Ad esempio durante il lancio di Trolls 2 molti utenti commentavano che il prezzo era troppo alto per averlo a disposizione solo 48 ore, ma non lo sarebbe stato per acquistarlo e averlo a disposizione per sempre.

Ecco quindi che quelli che oggi sono due sfruttamenti successivi del film, la window “cinematografica/premiumVOD” e il successivo “EST/Fisico”, potrebbero essere riassunti nello stesso momento semplicemente prevedendo un prezzo diverso per i due tipi di diritto, PremiumVOD e PremiumEST.

Successivamente si potrebbero avere delle formule VOD/EST come le attuali (dove anche il prodotto fisico con un grande valore da collezionista potrebbe trovare il suo mercato), anche se credo che si andrebbe più facilmente verso uno sfruttamento library in modalità SVOD/AVOD.

Credo tanto in questa evoluzione che già tempo fa ho scritto che le piattaforme SVOD potrebbero prevedere in futuro delle formule di sfruttamento con un “Premium price”, l’unico in grado di garantire il ritorno sull’investimento necessario a realizzare grandi produzioni, ad esempio per il rilascio di titoli particolarmente attesi. Le sale cinematografiche potrebbero ad esempio fare parte proprio di questo tipo di esperienza premium, tanto è vero che credo che prima o poi le piattaforme come Netflix punteranno ad avere dei loro cinema “flagship”, così come Amazon apre librerie e negozi.

In questo scenario le sale che avranno saputo andare incontro alle esigenze del pubblico e trovato le risorse per gestire questa trasformazione (area in cui un contributo dello Stato potrebbe avere un senso) avranno trovato la via per la futura redditività.

La sala è un altro schermo connesso in rete. Deve essere il più bello, il più comodo, il più grande e il più rumoroso ed offrire una avvincente alternativa al passare una serata fuori. Il suo futuro si basa sulla sua capacità di creare una esperienza unica, irripetibile a casa e anche collettiva, di visione di un’opera audiovisiva che potrebbe essere non solo un film, ma anche un episodio di una serie tv o un evento “dal vivo”. I cinema che pensavano che a difenderli fossero sufficienti le window, avevano perso in partenza la loro guerra, non solo la lunga campagna contro il covid-19. Era una inarrestabile tendenza in atto ora è solo diventata tanto urgente quanto necessaria.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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