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Esercenti, distributori, produttori e autori: quale distanziamento sul futuro del cinema in sala?

Dai risultati della survey su IL FUTURO DEL CINEMA IN SALA NELLA PROSPETTIVA DEGLI ADDETTI AI LAVORI, una prima analisi del “distanziamento” fra le diverse categorie coinvolte.

Per continuare a dare il nostro contributo al dibattito sulla ripartenza del cinema in sala abbiamo organizzato un Webinar per il prossimo lunedì 27 aprile alle ore 16:59. Durante l’incontro, che abbiamo chiamato “Cinema Reloaded: incontro virtuale tra addetti ai lavori per il futuro del cinema in sala”, Michele Casula di Ergo Research, interrotto da Davide Dellacasa, presenterà ulteriori analisi sui dati raccolti, e si discuterà sui possibili scenari per la riapertura delle sale. E’ possibile registrarsi al webinar seguendo questo link.

Avevo cominciato a scrivere una premessa a questo articolo che mi è sfuggita di mano diventando addirittura più lunga del commento di Michele a questi nuovi dati che abbiamo estratto e pubblichiamo qui di seguito. A questo punto tengo la mia premessa per un altro post, e lascio la parola a Michele.

Davide Dellacasa

Di Michele Casula (partner Ergo research e Clapbox Consulting)

Lo scorso 16 aprile abbiamo condiviso i primi risultati della survey, descrivendo le evidenze emerse dalle 470 interviste raccolte al momento sull’insieme delle categorie coinvolte. Nelle 24 ore successive siamo arrivati a 510+1 (c’è chi ci ha chiesto di riaprire il questionario pur di dare il suo contributo, noi ci siamo commossi e lo abbiamo fatto), con la seguente suddivisione: esercenti (170), registi/autori (111), distributori (67), produttori (59), industrie tecniche (37), agenzie/uffici stampa (29), giornalisti specializzati (27) ed un residuo di una decina di altre professionalità riconducibili alla filiera. Non torneremo sul dato a totale, soffermandoci su una lettura disaggregata di quanto rilevato in particolare su esercenti, distributori, produttori e registi/autori, citati in un ordine che evoca le contiguità dei rispettivi interessi nella filiera.

E’ peraltro indubbio che la categoria maggiormente coinvolta sia quella degli esercenti, dato che “IL FUTURO DEL CINEMA IN SALA” rappresenta il cuore del loro business (salvo future estensioni dello stesso), mentre già per i distributori i ricavi si legano anche alle altre finestre di sfruttamento, così come per i produttori, i registi e gli autori in genere il mercato theatrical rappresenta solo uno dei tanti possibili sbocchi per le rispettive opere.

Come si traducono queste diverse prospettive nelle risposte date?

Il primo dei temi affrontati è stato: “Quando ritiene probabile la riapertura dei cinema?”. Come già evidenziato, le risposte sono a cavallo fra la previsione e l’auspicio, ed in questo caso sono sostanzialmente convergenti. La possibile riapertura è collocata fra settembre ed ottobre da più della metà degli intervistati di tutte le categorie. Un esercente su tre spera in una riapertura “entro agosto”, auspicio che accomuna il 39% dei distributori. I numeri relativamente più elevati su una possibile riapertura “non prima di novembre” provengono dai produttori e (a poca distanza) dagli autori, ma l’intorno è quello del 15%.

Le prime differenze emergono in merito alla domanda “Per quanto tempo (a partire dalla riapertura) ritiene si debbano rispettare specifiche misure di distanziamento nelle sale?”. Chiaramente l’assunzione è che la riapertura possa avvenire prima della diffusione di un vaccino, in una situazione di contagio “sotto controllo” ma non scongiurato/scongiurabile al 100%. E’ questo che porta a dire anche agli esercenti che potranno esserci circa 3 mesi (dalla riapertura) di gestione del distanziamento. Solo leggermente più cauti distributori e produttori, mentre registi ed autori in genere sono più cauti e si avvicinano ai 5 mesi. Direte: “ma sono i meno coinvolti!”. Vero, pur con l’aggiunta di un “relativamente”, ma questo li renderebbe per certi versi più vicini agli spettatori, la cui prospettiva sull’opportunità del distanziamento potrebbe raggiungere (in assenza di un sostanziale disinnesco terapeutico) i 6 mesi.

E l’offerta? “Quanti mesi dovranno passare (dalla riapertura) prima che l’OFFERTA di titoli disponibili nelle sale possa essere considerata equivalente (per varietà e livello) a quella dello stesso mese di anni precedenti?” Qui anche per gli esercenti ed i distributori l’orizzonte temporale si allunga, collocandosi fra i 3,6 ed i 3,8 mesi, mentre produttori ed autori temono evidentemente inerzie maggiori nella risposta del pubblico.

A fare da contraltare a quanto dichiarato in merito al tempo necessario perché la varietà ed il livello dell’offerta si riallineino con gli standard del periodo, troviamo le risposte alla domanda: “Sarebbe favorevole a un riavvicinamento del pubblico alle sale con la programmazione di library e non nuove uscite come tentato in Cina?”. E’ verosimile che dietro il 69% di apertura di registi ed autori alla programmazione di “vecchi” titoli (e NON di novità) nel periodo immediatamente successivo alla riapertura, ci sia il timore (reale o “proiettato”) di vedere “bruciato” un proprio film. Di orientamento opposto gli esercenti, che temendo già gli altri elementi di freno associati ai vincoli della riapertura, auspicano che il traino di un’offerta forte arrivi il prima possibile.

E i tempi di normalizzazione degli incassi? Il percorso del questionario ha sollecitato questa riflessione in 4 step, chiedendo inizialmente per il mese della riapertura una stima del box office in percentuale rispetto ad un analogo mese di un anno “normale”. Per le diverse categorie l’intorno (per il primo mese) è quello del 33%, superando il 40% per il secondo ed avvicinandosi al 50% per il terzo.

I più ottimisti rispetto alla “normalizzazione del box office” sono i distributori, che stimano 9 mesi, che salgono ad 11 per gli esercenti, mentre sono ancora produttori ed autori ad esprimere la maggiore cautela superando l’anno.

Di fronte ad un mercato theatrical che stenterà a generare i ricavi abituali (che, diciamolo, non inducevano a stappare troppe bottiglie), che direzione prenderà la gestione delle windows?

Partiamo anche qui dal dato che accomuna le diverse categorie. Circa un intervistato su 3 nelle categorie di esercenti, distributori e produttori, evidenzia che “ci sarà un periodo intermedio (qualche mese) con finestre di durata inferiore”. Di fatto è quello che sta accadendo, pur in attesa di un decreto che ne sancisca presupposti e condizioni. E’ sul “dopo” che emergono le differenze, con il 29% degli esercenti che vuole credere al ritorno alle windows applicate fino alla chiusura delle sale. Questa voce andrebbe peraltro sommata alla precedente che, parlando di temporaneità per le windows ristrette/azzerate, evoca anch’essa un successivo ritorno al quadro precedente una volta superata l’eccezionalità del momento.
Di diverso avviso una componente importante (maggioritaria) dei produttori ed una quota ancora più elevata di registi ed autori, che si suddividono fra la voce “si passerà definitivamente a windows di durata inferiore” (voce che in realtà vede i distributori esprimere la percentuale più alta, con il 28%), e la convinzione che “NON si tornerà più alla situazione precedente ed il cinema non avrà più l’esclusiva per il primo sfruttamento dei film”: lo “prevede” il 29% dei produttori ed il 34% fra autori e registi.

Come abbiamo più volte evidenziato, “l’obiettivo era quello di dare voce agli addetti ai lavori, prendendosi la libertà di muoversi a cavallo fra la percezione e l’auspicio, in una dimensione consapevolmente soggettiva”, dunque non siamo autorizzati, anche per chi ha detto di aspettarsi contrazioni definitive o azzeramenti delle windows, a far coincidere questo con ciò che si augurano, ma se, per dirla con Cenerentola “I sogni son desideri, chiusi in fondo al cuor”, i “pensieri” sulle windows somigliano almeno un po’ a quello che le categorie si augurano, marcando una forma di “distanziamento” fra le categorie interpellate (che pur coabita con molte “vicinanze”)?

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