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Perché pensiamo che i giovani non vadano al cinema?

In un momento di difficoltà per la frequentazione in sala, i giovani rappresentano la maggioranza del pubblico. E allora, perché pensiamo il contrario?

Tra tutte le leggende metropolitane collegate alla nostra industria, quella che forse è la più pervasiva e citata (in varie forme) è il fatto che i giovani non andrebbero al cinema. Ultimo a fare questo discorso, è Aldo Cazzullo sul Corriere, che in un articolo in cui si dovrebbe parlare d’altro (“Salvare il diritto d’autore per avere ancora film e giornali”), sostiene:

I ragazzi, tranne rare eccezioni, non vanno al cinema o a teatro, perché le due ore di un film o di una rappresentazione sono per loro un tempo infinito; in quelle stesse due ore hanno visto cento filmati di YouTube o mandato duecento messaggi su WhatsApp”.

Qui si potrebbe anche discutere sul fatto che su Youtube ci trovi roba di qualità migliore di quella che vedevamo noi da ragazzi in televisione (non solo perché la tecnologia permette a tutti di produrre cose qualitativamente molto più efficaci) e che quindi non andrebbe demonizzato. Ma torniamo al punto principale.

Qui abbiamo spiegato più volte (come in questo articolo) che i giovani per fortuna ci vanno al cinema, molto più dei ‘vecchi’. Per noi questa è una verità ovvia e d’altronde vi pare che al botteghino fatichino i film per i ‘giovani’ come Avengers o Hotel Transylvania? O invece abbiano grossi problemi i titoli per ‘vecchi’ che escono dai grandi Festival? Ma allora, da cosa nasce questo equivoco?

Partiamo (almeno noi) dai numeri, presentandovi in anteprima alcuni dati dell’edizione 2018 di “Sala e salotto”. I dati 2018, derivanti da interviste fatte a giugno/luglio, si basano sulla consuntivazione della prima parte dell’anno e sulle intenzioni relative alla seconda metà del 2018 (l’intero anno verrà consuntivato con l’edizione 2019 e l’andamento effettivo per singole classi di età potrebbe essere differente). Partiamo da questa grafica che mostra la penetrazione per classi d’età:

Qui sotto invece il trend, sempre per fasce d’età:

Cosa possiamo dire? Intanto, che bisogna fare attenzione a ‘capire’ certi cambiamenti. Il 2017 e il 2018 sono stati anni brutti ed è ovvio che se c’è una flessione notevole, questa colpisce gli spettatori delle fasce d’età che vanno più al cinema. Detto questo, anche in una situazione in flessione, rimane il fatto che, per usare un formula semplice e che si ricorda facilmente, più di 4 su 5 ragazzi tra i 15 e i 24 anni vanno al cinema, mentre 4 su 5 adulti over 65 NON ci vanno. In mezzo, varie sfumature, ma che confermano una realtà semplice e che conosciamo da anni: in generale, più una persona invecchia, meno va al cinema. Detto questo, va sicuramente posta una certa attenzione alla diminuzione di spettatori nella fascia 15-24 anni, ma ovviamente vedendo se, una volta che il Mercato tornerà a crescere, questa tendenza si attenuerà o meno. E’ interessante comunque che, nonostante la percentuale degli over 65 che vanno al cinema sia in calo, aumenta il numero di biglietti che vengono comprati da questi fedelissimi. Tuttavia, non si può certo pensare che chi compra dieci milioni di biglietti e le loro scelte future incideranno sul Mercato allo stesso livello di quelli che ne comprano 40 milioni (ossia, la fascia di età 25-44 anni).

Insomma, il disinteresse per i dati precisi e che non siano dettati solo da esperienze personali (il classico “mio figlio vede i film sul tablet, quindi il cinema in sala è morto”) la fa da padrone. Ma in questa superficialità, ci sono alcuni punti fermi.

Uno è generale. Lo stesso Cazzullo aveva scritto qualche mese fa “il mondo autoriferito e terribilmente superficiale in cui i nostri ragazzi sono immersi è troppo distante da quello in cui i nonni sono cresciuti. Come puoi raccontare il bombardamento di Milano o le Fosse Ardeatine a un adolescente che passa le sue giornate cliccando foto di gattini e news su Chiara Ferragni e Fabrizio Corona?”.

Messa così, siamo sempre sull’eterno discorso che “i giovani non hanno più valori”, che si fa dall’alba dei tempi, dando per scontato che qualsiasi sedicenne sia interessato solo alla Ferragni e a Corona. Ma entriamo più nello specifico. Intanto, sono cambiati sicuramente alcuni parametri e ci si affida troppo all’esperienza personale. Basta leggere una recentissima intervista a Walter Veltroni di Pierluigi Battista sul Corriere. Veltroni, peraltro tutt’altro che catastrofista (come dice lui stesso al giornalista, molto più pessimista), racconta che “andavo al cinema quasi tutti i giorni, a volte tutti i giorni. Per la nostra generazione andare al cinema è un rito laico. […] Per divorare film ti dovevi muovere, dovevi andare tu, dovevi cercare, non ti arrivava tutto a casa”.

Sicuramente, ormai è diventato molto facile trovare un film, anche non commerciale, in maniera legale o meno. E questo ovviamente fa una grande differenza. Ma è anche vero che il rischio è quello di confondere la propria esperienza con quella ‘generale’. Anche negli anni settanta, è difficile pensare che la stragrande maggioranza dei giovani andassero al cinema tutti i giorni. Sicuramente si andava di più, ma questo vale anche per gli adulti di quel periodo. Inoltre, è molto probabile che i giornalisti e critici che sostengono di vedere solo persone anziane al cinema abbiano ‘ragione’. O meglio, dicono la (loro) verità, ossia che nelle sale d’essai in cui vanno, ci sono solo anziani. Andassero ogni tanto anche nelle multisale di Porta di Roma o a Bicocca (quelle che poi influiscono maggiormente sugli incassi) e si renderebbero conto che la loro esperienza è fuorviante.

Questo discorso è collegato a un ulteriore equivoco, frutto di un errore di logica. In effetti, i giovani hanno molto più tempo libero degli adulti, quindi chi il fatto di passare tanto tempo su Whatsapp e Youtube (ma in realtà, molto lo passano su Fortnite) non inficia la possibilità di andare al cinema una, due o tre volte al mese.

Queste cose sono collegate: da una parte miriamo a degli standard altissimi, prendendo a esempio un grande appassionato come Veltroni, per cui se non si va al cinema con la sua frequenza, allora non si sta andando al cinema tout court. Poi, si decide che, se il cinema non è l’occupazione maggiore dei giovani (che sicuramente passano più tempo su Fortnite), allora ai giovani non frega nulla del cinema.

Questo è chiarissimo leggendo una recente ricerca cinematografica in cui si prendeva come riferimento non i valori assoluti di quanto si andasse al cinema, ma il calo della frequentazione giovanile, che sarebbe stato superiore a quello degli anziani (questo non contando ovviamente che, se i numeri sono molto bassi per la frequentazione degli anziani, a un certo punto diventa ‘facile’ non perdere troppo). Si arrivava a lamentarsi che molti giovani (l’84,1%) andassero al cinema “solo una volta al mese”, non considerando ovviamente che se tutti gli italiani seguissero questa media (giudicata ‘bassa’), avremmo 720 milioni di biglietti venduti all’anno (mentre la realtà attuale parla di meno di 100 milioni).

Insomma, è un problema di percezione. Che può essere risolto in una maniera soltanto: con i numeri veri e non con le esperienze soggettive…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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