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YouTube Red: gli originals al debutto con tanti punti interrogativi

YouTube Red parte con i contenuti originali, tra cui la serie dello YouTuber campione di views PewDiePie: una prova del fuoco per un modello di business inedito che unisce UGC e on demand.

E alla fine è arrivato anche il portale video di Google. Dove? Nell’arena per contendersi quella fetta di pubblico disposta a pagare per fruire di video online, a patto però che gli venga offerto un catalogo non solo ben assortito ma anche originale. Ecco così che, dopo aver affiancato lo streaming ad abbonamento alla sua tradizionale funzione di portale UGC (user generated content), YouTube ha fatto debuttare la settimana scorsa anche i suoi primi film autoprodotti, con l’aiuto degli stessi creatori che grazie al sito sono assurti a livello di star nella platea del web.

scare pewdiepie

A fare il proprio debutto su YouTube Red sono stati tre lungometraggi più un serial: tra i primi troviamo A Trip to Unicorn Island, backstage del tour della YouTube Star Lily Singh, la produzione targata Awesomeness Films Dance Camp, che si comporrà di più episodi, e la commedia sci-fi Lazer Team. Per il lato seriale, invece, YouTube ha preferito puntare su PewDiePie, primo YouTuber della storia a raggiungere i 10 miliardi di visualizzazioni (lo  scorso settembre), con 42 milioni di iscritti al suo canale sull’hub video.

Di questi titoli, Lazer Team è già un micro-fenomeno, essendo stato uno dei lungometraggi di maggior successo finanziati con crowdfunding grazie ai 2,4 milioni raccolti su Indiegogo dalla sua compagnia di produzione Rooster Teeth (l’unica tra quelle coinvolte preesistente all’universo YouTube), ed avendo già avuto anteprime in sala sparse in tutto il mondo. Per il resto, in questi giorni si stanno scatenando negli USA le reazioni e le critiche a questo primo listino on demand. Su Forbes, ad esempio, è stata riportata l’opinione di una giovane studentessa, secondo cui il tentativo di trasferire gli YouTubers in un contesto produttivo da film o da show televisivo fa solo perdere loro autenticità, senza però raggiungere i livelli qualitativi dei Netflix Orignals. I contenuti sarebbero in pratica realizzati troppo bene per mantenere le star a un livello di “primus inter pares” con gli spettatori del portale, e troppo male rispetto ai prodotti tradizionali di tv e grandi piattaforme di streaming, snaturando così l’essenza vincente di YouTube come format.

Variety affronta la questione da un altro punto di vista, che però converge verso posizioni del tutto simili. Le domande da farsi, secondo il magazine, sono:

“Come si rapporta questo nuovo tipo di contenuto a quelli free supportati dall’advertising? Quali sono le vie migliori per promuoverlo? Come fa il pubblico a trovarlo in rete? Come si rapporta con social quali Facebook e Twitter, fondamentali nell’apporto di nuovi fan e di percorsi di scoperta di nuovi contenuti? I creatori dovrebbero preoccuparsi di postare anche sulle altre piattaforme social contenuti promozionali nativi per film e serial on demand, come fanno già per i contenuti free? Quando si registrano le maggiori interazioni con i contenuti? Che parte della fanbase originale riescono a convogliare neullo SVOD? Quali sono i dispositivi più utilizzati per la visione? Abbiamo il giusto ritmo e la giusta storia per rivolgerci a quella parte di fan cui stiamo puntando? Come si rapporta la community ai nuovi contenuti? Sono condivisi tanto quanto quelli gratuiti?”

Se a prima vista tali questioni – tutte fondamentali – sembrano riguardare più la sfera del marketing, tutte le domande in realtà sembrano riassumersi in una soltanto:  dal punto di vista del modello di business, ancor prima che della qualità formale, cosa distingue un prodotto UGC finanziato con la pubblicità da uno a pagamento se, sostanzialmente, le star e i contenuti sono simili a quelli free? E cosa giustifica invece il prezzo di un abbonamento se, come nel caso del backstage del tour di Lily Singh,  l’impostazione è completamente diversa da quella cui sono abituati i fan?

Sostanzialmente, ci si trova di fronte a un esperimento del tutto nuovo, di cui YouTube è l’assoluta protagonista, per verificare la possibilità di usare i fenomeni nati dalla rete non solo come veicolo di monetizzazione ma  come traino per lo SVOD. Le risposte non potranno che arrivare per tentativi ed errori. In Italia abbiamo avuto il recente caso del film di The Pills, che dimostra come il successo come web series non sia automaticamente trasferibile sul grande schermo. Staremo a vedere se lo stesso varrà per i contenuti a pagamento degli YouTubers.

Ricordiamo che ovviamente si parla per ora dei soli Stati Uniti, essendo attualmente il portale di SVOD di Google limitato al solo mercato americano.

 

 

 

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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