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Tv connesse e banda larga: l’Italia ancora in ritardo rispetto alla UE

La scarsa penetrazione della banda larga, come ormai sappiamo, è una delle principali motivazioni che continua a tenere lontani dal nostro Paese grandi operatori internazionale del video on demand come Netflix. La misura esatta di questa criticità strutturale è offerta dal Rapporto I-Com 2013 su Reti e Servizi di Nuova Generazione, presentato ieri a Roma…

La scarsa penetrazione della banda larga, come ormai sappiamo, è una delle principali motivazioni che continua a tenere lontani dal nostro Paese grandi operatori internazionale del video on demand come Netflix. La misura esatta di questa criticità strutturale è offerta dal Rapporto I-Com 2013 su Reti e Servizi di Nuova Generazione, presentato ieri a Roma e incentrato sia sui temi della connettività, sia sullo stato di un settore centrale nel processo della convergenza mediatica quali le tv connesse in rete.

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Per quanto riguarda internet, l’Italia continua a collocarsi in fondo alla classifica europea dell’IBI (I-Com Broadband Index), davanti solo a Grecia e Cipro, con una quota di abitazioni connesse alla banda larga pari al 68%. Il trend è comunque di crescita rispetto al 55% registrato a fine 2012, con un incremento maggiore a tutti gli altri paesi europei. Sul fronte mediatico la minore abitudine e cultura della rete si riflette a pioggia su diversi comparti, decisamente più sviluppati in altri mercati UE, come le tv connesse, il video on demand e più in generale i servizi video over the top. Come messo in luce da I-Com, a livello mondiale ormai quasi la metà delle tv vendute nel mondo è smart, cioè direttamente connessa alla rete. Le previsioni per l’anno in corso parlano di una quota del 44% rispetto al totale degli schermi acquistati a livello globale, destinata ad aumentare fino al 73% in breve tempo, entro il 2017. Non solo: nel mondo hanno già superato i 300 milioni le abitazioni dotate di tv connessa, in grado cioè di accedere al web non solo tramite collegamento integrato, ma anche via console per videogame, lettori smart di DVD e Blu-ray, appositi set-top box, decoder o smart key. Entro il 2020, questi dispositivi raggiungeranno la massa critica di un miliardo, grazie soprattutto a Cina (160 milioni), USA (92 milioni) e India (75 milioni). In Europa la maggior diffusione si registrerà nel Regno Unito, con un tasso di penetrazione tra i più elevati al mondo, pari al 50,6%, maggiore anche rispetto a quello di Giappone (48,6%) e Stati Uniti (47%).

In tale scenario, l’Italia si colloca in linea con altri Paesi europei riguardo alla presenza delle smart tv all’interno dei nuclei domestici: secondo le stime AGCOM citate nel Rapporto, ne sarebbe fornito il 17% degli spettatori, mentre altri  studi parlando di 1,2 milioni di esemplari venduti l’anno scorso e di un totale di 5,9 milioni di apparecchi connessi presenti sul territorio. Possedere un televisore di ultima generazione, una console per videogame o un lettore smart di DVD e Blu-ray non significa però usarli effettivamente per accedere online: il campo in cui il nostro Paese resta indietro nel confronto con l’estero è perciò il tasso di connessione degli apparecchi dotati di accesso online. Sempre stando a quanto indicato da AGCOM, solo l’8% degli spettatori nostrani usa le tv come piattaforme per accedere al web, accentuando un fenomeno comunque diffuso anche in mercati più avanzati. Negli USA, ad esempio, risultano effettivamente collegate solo il 37,8% delle tv dotate di tale funzionalità, a fronte di una penetrazione generale del 63%.

Ciò che  da noi appare meno sviluppata, insomma, è l’awareness rispetto alle potenzialità di un prodotto comunque ampiamente adottato, né sembra difficile intuirne le ragioni considerando il ritardo con cui si è sviluppato, in Italia, un comparto parallelo e fondamentale per lo sviluppo di tale mercato, cioè quello dei contenuti audiovisivi fruibili online. Il valore del transactional video on demand, cioè dell’acquisto o del noleggio tramite internet di singoli titoli cinematografici e televisivi, nel 2013 è stato di 18 milioni di euro (pari al 5% del fatturato complessivo dell’home entertainment). L’on demand ad abbonamento o SVOD, spinto dal recente debutto sul campo dei servizi legati a grandi broadcaster quali Mediaset e Sky (cioè Infinity e Sky Online) dovrebbe arrivare quest’anno a 31 milioni di euro, cifra lontana anni luce dalla pay-tv tradizionale i cui ricavi, nel 2013, hanno toccato i 3 miliardi di euro.

A pesare, sottolinea I-Com, non è perciò solo il problema della banda ma la forte concorrenza dei canali tradizionali di trasmissione audiovisiva, come digitale terrestre e satellite, nonché modelli di business come la tv free, più che in altri Paesi capaci di frenare lo sviluppo di una domanda per i nuovi servizi OTT (over the top), forniti cioè attraverso le reti di nuova generazione.  

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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