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Dalla produzione alla distribuzione under 35: a Venezia, una tavola rotonda sul mercato visto dai giovani filmmaker

Dai film autoprodotti, alla vendita diretta all’estero fino al video on demand e al crowdfunding. Alla Mostra del Cinema si parla delle nuove vie che i giovani filmmaker possono percorrere per non rimaner invischiati nelle lungaggini ministeriali e nella latitanza delle distribuzioni.

Emanciparsi dai vecchi modelli produttivi, incastrati tra le procedure per reperire fondi ministeriali e il solito collo di bottiglia delle distribuzioni che raramente forniscono uno sbocco o un supporto ai filmmaker indipendenti, soprattutto se giovani. Queste le esigenze del cinema italiano emerse ieri nel corso della tavola rotonda Dalla produzione alla distribuzione cinematografica under 35, organizzata in occasione della 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia da Fabrique du Cinéma per discutere degli ostacoli e delle opportunità che gli attuali assetti di mercato pongono difronte alle nuove leve di cineasti.

et in terra pax

Tra le giovani case di produzione a parlare del proprio percorso è intervenuta la Kimerafilm, a cui si devono due apprezzati titoli come Et in terra Pax e La mia classe, entrambi presentati con successo al Lido, l’ultimo proprio nel corso di questa edizione ormai prossima all’epilogo. L’esperienza maturata con questi due film fa auspicare a Kimerafilm soprattutto una maggior attenzione da parte delle istituzioni, non solo nella forma degli incentivi fiscali. Altrettanto importante per la produzione, tuttavia, è che a un maggior contributo pubblico si accompagni sempre un a libertà simile a quella sperimentata con progetti quali Et in terra Pax, nato proprio per riunire le capacità di tanti giovani, e che ha consentito a tutti “non solo di fare errori ma anche di imparare tante cose nuove”.

A parlare del suo ultimo lavoro è stato poi il regista e sceneggiatore Roan Johnson, che in seguito a un documentario sulla vita accademica realizzato per l’ateneo di Pisa, ha deciso di girare Fin qui tutto bene, lungometraggio di finzione dedicato agli ultimi giorni insieme, nello stesso appartamento, di un gruppo di studenti fuori sede. La strada scelta è stata quella di autoprodursi: “Chiunque sentivamo – ha detto Johnson – pur riconoscendo che avevamo una buona sceneggiatura, ci consigliava di aspettare in modo da poter fare domanda per il contributo del Ministero e presentarsi poi dai Rai Cinema chiedendo una somma meno elevata”. La soluzione è stata riunire una troupe di giovanissimi, tutti appunto under 35, in cui ognuno ha contribuito a sostenere le spese per la realizzazione del film. Nonostante sia quasi pronto, si stenta tuttavia a vedere l’esito distributivo di tale progetto: “Penso che il 90% delle opere con budget seminormali non possa aspirare a trovare una distribuzione tradizionale – sostiene Johnson –  anche perché il potere contrattuale con questo tipo di titoli è molto basso”. A suscitare qualche scetticismo anche il sistema degli incentivi fiscali. Da una parte, ha spiegato il regista, il tax credit esterno ha convinto due aziende toscane a entrare nel film con un piccolo ma fondamentale apporto di 10 mila euro, dall’altra, secondo Johnson, il credito di imposta per le imprese cinematografiche tende a favorire quasi esclusivamente le grandissime produzioni, che così vedono azzerarsi solo il proprio rischio d’impresa.

Un film autoprodotto direttamente in lingua inglese e pronto per l’export, è stata la via scelta dal thriller Watch them fall, realizzato in soli 14 giorni tra Italia e Usa, che vede come protagonista l’attore Marco Bocci. “Non si può pensare che per i film a micro budget vadano bene gli stessi accordi di distribuzione pensati per film prodotti con un milione di euro. Il fatto è che il comparto produttivo si sta muovendo molto più velocemente di quello distributivo”, ha spiegato il regista del film, Kristoph Tassin, “il monopolio presente sul mercato del cinema non ha consentito la creazione di una generazione di producers in grado di farlo sviluppare attraverso prodotti di qualità”. L’unica possibilità, secondo Tassin, è che registi e produttori si attivino per conto proprio, anche guardando alle nuove prospettive di distribuzione destinate ad aprirsi grazie al video on demand: “Per ora non si sta sviluppando al pieno delle sue possibilità. Ma 10 anni fa anche i direttori della fotografia sostenevano che non avrebbero mai accettato il digitale e avrebbero continuato a girare sempre in pellicola”.

E a proposito di video on demand, a intervenire è stato anche Stefano Zuliani, responsabile dei progetti speciali di Cubovision: una delle principali piattaforme italiane per la fruizione di cinema online, quest’anno presente a Venezia anche in qualità di co-produttore del film Che strano chiamarsi Federico!, il documentario di Ettore Scola su Fellini. La partecipazione a quest’opera, per Zuliani, è la dimostrazione di quanto Cubovision tenga “al cinema italiano e a sostenere operazioni che abbiano un valore culturale, com’è stato anche per l’affiancamento di Cinecittà Luce nella digitalizzazione dell’archivio”. Tra le nuove iniziative a favore del cinema di qualità spicca poi la collaborazione con un’altra piattaforma di video on demand, Own Air, per l’individuazione dei film indipendenti e d’autore, tanto italiani quanto stranieri, da far confluire all’interno di un canale dedicato, chiamato Cameo.

“Puntiamo anche sulla promozione tramite web e social network, abbiamo investito in Cineama, che lavora per la costruzione di una community di cinema. Abbiamo un strategia multidevice che ci aiuta a vincere la resistenza all’interattività che viene da 50 anni di tv generalista. È un’offerta nella quale crediamo. Anche se i numeri non stanno crescendo rapidamente come speravamo, Internet massimizza le possibilità di incontro tra domanda e offerta – ha detto Zuliani – Per questo è importante lavorare per un’offerta on demand italiana, in cui anche il nostro cinema possa trovare in futuro la sua vetrina primaria”.

Né sembra esserci preoccupazione per l’eventuale arrivo sul mercato dei leader stranieri del video on demand come Netflix o Amazon:

“Non vediamo l’ora che arrivino gli americani, perché ci permetterà di avvalerci anche della loro comunicazione pubblicitaria sul VOD. Si può fare di un concorrente un ottimo alleato, come successo appunto con Own Air, e riteniamo di avere vantaggi competitivi che ci permetteranno di dire la nostra”.

A chiudere la tavola rotonda, un necessario accenno a uno dei principali trend del momento nella produzione cinematografica low budget, cioè il crowdfunding, ossia il reperimento in Rete delle risorse a fronte di piccoli benefit concessi ai vari investitori, quali gadget esclusivi, piccoli ruoli o simili (vi rimandiamo al nostro approfondimento). A dare la propria testimonianza in merito è stato Tommaso Muffato, che ha appena lanciato una campagna per il corto A vuoto – The void su Indiegogo, una delle principali piattaforme per il finanziamento dal basso insieme alla più nota Kickstarter, accessibile tuttavia solo da progetti statunitensi o inglesi. “Abbiamo cominciato da un mese a occuparci della raccolta fondi, vagliando le ipotesi del Mibac e delle Film Commission, ma abbiamo capito che ci serviva un metodo alternativo”, ha spiegato Muffato, che spera nel buon esito della campagna nonostante lo scarso sviluppo del crwodfunding nel contesto italiano.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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