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Musica on demand: Thom Yorke contro le royalties troppo basse di Spotify

Lo streaming si è di sicuro affermato quale canale imprescindibile per il consumo di tutti i prodotti audiovisivi e di intrattenimento. La possibilità di fruire direttamente online di film e serie tv è stato uno dei motori dello sviluppo del video on demand, soprattutto ad abbonamento, mentre YouTube, prima, e la diffusione di servizi come…

Lo streaming si è di sicuro affermato quale canale imprescindibile per il consumo di tutti i prodotti audiovisivi e di intrattenimento. La possibilità di fruire direttamente online di film e serie tv è stato uno dei motori dello sviluppo del video on demand, soprattutto ad abbonamento, mentre YouTube, prima, e la diffusione di servizi come Spotify, dopo,  ha reso lo streaming imprescindibile anche per il mercato musicale. Il vantaggio per l’utente è quello di avere a disposizione un’offerta  legale a prezzi accessibili, che si muovono intorno ai 5 euro al mese per l’ascolto illimitato da pc e 10 euro per quello sui dispositivi mobili. Senza contare la possibilità offerta da molti servizi di ascoltare musica gratuitamente grazie al sostegno delle pubblicità. Un metodo che in teoria dovrebbe giocare anche a favore di distributori e artisti, garantendo loro quel ritorno eroso invece dalla pirateria. Il digitale, tuttavia, come noto, non garantisce gli stessi guadagni dei più lucrativi supporti fisici, CD, DVD e Blu-ray, e chi è a farne le spese nello sfaccettato panorama dell’on demand?

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Una risposta è arrivata in questi giorni da un noto musicista quale Thom Yorke, che ha deciso di ritirare da Spotify tutti i suoi brani a esclusione di quelli incisi con i Radiohead, in segno di solidarietà con gli artisti emergenti. Il motivo sarebbero le royalties troppo basse, adatte forse a ricompensare le grandi band e le pop star che realizzano sulla piattaforma milioni di ascolti, ma non i musicisti indipendenti o i nuovi gruppi che si affacciano al panorama musicale. Poco importa che sempre più nomi di peso, come Metallica e Pink Floyd, stiano entrando a far parte del catalogo della piattaforma musicale svedese, sbarcata da poco anche in Italia. “Se le persone avessero ascoltato Spotify invece che comprare dischi nel 1973, dubito che avremmo avuto Dark Side of the Moon”, ha detto a proposito Nigel Godrich della band Atoms for Peace, di cui fa appunto parte Yorke e di cui non sarà più possibile trovare canzoni su Spotify.

Il servizio di streaming, dal proprio canto si difende dichiarando di aver già pagato 500 milioni di dollari di royalties agli artisti, e di aver in programma di corrisponderne un altro miliardo. Anche se non è dato conoscere l’entità di tali somme, che dipendono ovviamente da accordi con etichette musicali e altri detentori di diritti, si tratta ovviamente di un problema non secondario dal punto di vista industriale. Un’infografica del 2010, ad esempio, spiegava come per ogni brano ascoltato su Spotify alle case discografiche venissero  riconosciuti 0,0016 dollari, mentre agli artisti 0,00029, con la conseguente necessità di realizzare oltre 4milioni di ascolti al mese per assicurarsi l’equivalente di un salario minimo.

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Si potrebbe obiettare che con un servizio presente su scala internazionale, anche per una band emergente potrebbe risultare più facile realizzare una quantità molto elevata di ascolti in streaming piuttosto che arrivare a vendere diverse migliaia di CD. In ogni caso è indubbio come il basso livello dei ricavi sia uno dei freni maggiori per il pieno sviluppo del mercato dell’on demand, non solo a livello musicale. Ricordiamo a proposito un utile schema elaborato dall’Economist, che già nel 2011 illustrava come la contrazione delle cifre guadagnate dalle major nel passaggio dall’home video al VOD fosse uno dei principali motivi per la strenua opposizione mantenuta, in fase iniziale, al nuovo modello di consumo audiovisivo. Questo, almeno, prima che il business delle copie fisiche continuasse a perdere terreno, rendendo sempre più indispensabile l’espansione dell’offerta legale online.

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Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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