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Pirateria: uno studio UE ne mostra la complementarità rispetto all’offerta legale

Dall’IPTS, una ricerca rivolta alla Commissione europea evidenzia una correlazione positiva tra la frequentazione di siti per il downlad illegale o di streaming, e il traffico verso i portali per il regolare acquisto di musica online.

Una delle tesi strenuamente sostenute dall’industria dell’intrattenimento è che la violazione del copyright danneggi in maniera grave il mercato dell’audiovisivo.  Le stime di queste perdite indotte dalla pirateria sono piuttosto varie e si concentrano per lo più sugli effetti negativi subiti dal comparto delle copie fisiche. Più raro è che si ponga la domanda inversa, cioè se esista invece un rapporto diretto tra il consumo legale e illegale di contenuti prettamente digitali. Un tentativo di rispondere a questa domanda si trova nello studio condotto sul solo mercato musicale dall’Institute for Prospective Technological Studies (IPTS) per la Commissione Europea. Realizzato monitorando il clickstream generato da un campione di circa 16 mila internauti provenienti dai cinque principali  Stati membri (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito), lo studio  aiuta a fotografare le abitudini di consumo degli utenti europei, evidenziando quella che viene definita come una sostanziale complementarietà tra l’utilizzo di fonti legali e illegali per la fruizione di musica sul web, seppur con differenze rilevanti tra i diversi Paesi analizzati.

La ricerca nasce da una semplice considerazione: se nell’ultimo decennio i ricavi complessivi del settore musicale si sono drasticamente ridotti, quelli riguardanti il ramo digitale sono aumentati più del 1000%, e solo tra il 2004 e il 2010. Nell’anno di analisi, il 2011, gli introiti provenienti dal consumo online di musica hanno visto un incremento dell’8% a livello globale, arrivando a toccare i 5,2 miliardi di dollari. Secondo IPTS, tuttavia, la correlazione tra questo mercato e il download illegale o lo streaming di musica, sarebbe addirittura positiva. Stando alle rilevazioni dell’istituto di ricerca, un incremento del 10% nella musica scaricata illegalmente avrebbe portato a un aumento dello 0,2% nei click diretti verso i siti legali per l’acquisto dei contenuti sul web, almeno nel campione considerato. Ancora maggiore l’effetto dello streaming legale, che con un +10% avrebbe portato i click “leciti” a crescere dello 0,7%.

Lo studio dipinge perciò un quadro in cui l’utente medio di Internet non si limita né a piratare né a procedere a regolari acquisti online, ma perviene invece a un mix dei due modelli di consumo, con risultati che, almeno in prima analisi, non sembrano andare a danno bensì a vantaggio dell’offerta legale. Dei circa 16 mila soggetti analizzati, in particolare, solo il 20% ha usufruito esclusivamente di musica pirata nell’anno di riferimento, mentre la maggior parte del campione si è servito contemporaneamente di almeno un servizio tra download e streaming legale. Altro dato rilevante, è che ben il 73% degli utenti ha comunque cliccato almeno una volta su siti che offrono illegalmente download di musica, dimostrando ancora una volta l’effettiva diffusione del fenomeno.  Rilevanti infine le differenza su base nazionale. La Spagna, nello specifico, sarebbe il Paese con più click verso siti illegali, ma solo il penultimo per la frequentazione di siti per l’acquisto regolare di musica. Fanalino di coda in tal senso, si classifica proprio l’Italia, con il minor numero di visite a piattaforme per comprare musica online.

Di seguito riportiamo l’intero testo della ricerca, con informazioni anche sulla composizione demografica del campione, le differenze di consumo basate sul genere, o quelle dettate dal livello di istruzione e di reddito.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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