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Pirateria: ecco come l’industria dell’entertainment risponde all’emergenza negli USA

Dalle unità dedicate a scandagliare il web e mandare avvisi ai siti con contenuti non autorizzati, a società specializzate nel rintracciare il materiale piratato in Rete. Ecco uno spaccato di come i detentori del copyright tentano di difendersi dall’offerta illegale online.

La pirateria è ovviamente in cima all’agenda dell’industria dell’intrattenimento a livello globale. La settimana scorsa negli USA ha esordito un nuovo sistema di notifiche contro i contenuti illegali, messo a punto non dalle autorità governative, bensì tramite un accordo tra i detentori del copyright e i principali internet provider americani. Ma qual è il percorso di un film o di una serie tv che finisce in modo fraudolento in Rete? Il Wall Street Journal ha provato a fare luce sul processo partendo dal caso esemplare di alcuni grandi broadcaster statunitensi, così come di distributori indipendenti che sembrano in realtà quelli a soffrire maggiormente della contrazione del mercato indotta dalla pirateria.

Il primo  esempio è quello dello studio televisivo NBCUniversal e della sua serie Suits, che a quanto pare solo la settimana scorsa ha generato 444 link pirata in appena un’ora dalla messa in onda, pronti per raggiungere non solo le platee nazionali ma anche quelle globali, con tanto di sottotitoli in cinese e bulgaro generati appositamente per le versioni lesive del diritto d’autore. Tutto ciò si traduce in milioni di spettatori non autorizzati che in poche ore possono fruire del programma direttamente dal web, spesso evitando i costosi abbonamenti richiesti dalle emittenti via cavo. Né sembra che a fermare il processo bastino le società specializzate nel rintracciare le violazioni e notificarle ai siti in cui compaiono link e file lesivi del copyright. Nonostante sia attualmente possibile trovare molti film e serie tv piratate anche su canali assolutamente pubblici come YouTube (il nostro articolo QUI), in realtà i dati riportati dal WSJ mostrano come l’impegno delle industrie dell’intrattenimento nello scandaglio della Rete stia aumentando a vista d’occhio: la società specializzata nell’antipirateria Irdeto, per citarne una, nel 2009 ha rintracciato  5,4 miliardi di contenuti illegali sul web, ma l’anno scorso questa cifra è quasi triplicata, arrivando a 14 miliardi.

La guerra, nella maggior parte dei casi, si combatte tra gli spider utilizzati dalle unità antipirateria per scovare il materiale illecito e i CAPTCHA (cioè i messaggi che richiedono di copiare parti di testo o rispondere a quesiti matematici) opposti dai siti per bloccare l’accesso ai contenuti da parte dei suddetti sistemi automatizzati. Ma sul campo di battaglia, a subire le maggiori perdite, sono soprattutto i player più piccoli. La considerazione nasce dal confronto tra un gigante come HBO e un distributore cinematografico indipendente. Il primo costituisce praticamente un caso di scuola, dato che la sua serie Game of Thrones, la cui seconda stagione è stata vista da 11milioni di abbonati negli USA nel 2012, ha realizzato nello stesso periodo di tempo tra i 3,7 e i 4,2 milioni di visualizzazioni nelle sole piattaforme online per il P2P. Si tratta del 38% in più di views non autorizzate rispetto alla prima serie, ma HBO si dichiara ugualmente soddisfatta dei risultati dei suoi sistemi di sicurezza, la cui efficacia sarebbe dimostrata dalla persistente solidità del proprio business. All’estremo opposto si trova invece la Wolfe Video, piccolo distributore statunitense che offre in download a livello internazionale film al prezzo di circa 4 dollari l’uno. Nonostante il costo non elevato dei titoli in catalogo, la società ha rilevato oltre 900mila link a versioni illegali dei suoi film, e stima una perdita di circa tre milioni di dollari derivante dalla circolazione non autorizzata dei suoi 15 titoli principali. Senza contare i 30 mila dollari l’anno spesi solo per mandare avvisi ai siti recanti i contenuti malevoli, attività su cui è stata dirottata parte del budget in teoria spettante a  marketing e risorse umane. Una realtà in netto contrasto anche con quella della succitata NBCUniversal, che nonostante abbia aperto da tempo una divisone con una ventina di dipendenti, dedicata al contrasto alla pirateria, non ha visto affatto calare i propri profitti, arrivati a toccare nel 2012 i 4,1 miliardi di dollari. A risentire del fenomeno, al limite, sono stati alcuni rami internazionali del conglomerato, come l’unità spagnola dell’home entertainment, chiusa a causa di un declino di ben il 62% registrato tra il 2009 e il 2011.

Il broadcaster, in ogni caso, ha visto aumentare gli avvisi spediti agli operatori online dai 427mila del 2009 agli oltre 3,9 milioni dell’anno appena trascorso. La sfida continua perciò a rimanere di grande rilevanza anche per i maggiori player del settore dell’entertainment mondiale, soprattutto in considerazione di una fruizione dei contenuti audiovisivi sempre più orientata al digitale.

 

Fonte: WSJ

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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